Morti per la cultura

Purtroppo coloro che resteranno vittime della pandemia saranno molto più di quelle che vogliono farci credere, ma forse non tutti si sono ancora resi conto che il maggior numero di “decessi” – non fisici ma psicologici prima ed economici tra poco – avverrà invece nel cosiddetto settore della Cultura, delle Arti e dello Spettacolo.

Necessaria e mai troppo intempestiva, la chiusura di ogni attività pubblica si rivelerà, se protratta troppo a lungo, una “cura” molto più esiziale del morbo, perché potrebbe portare al collasso tutto ciò – e soprattutto chi – di cultura, arte e spettacolo vive. Azzerando drasticamente le entrate economiche – già scarse in precedenza – degli operatori culturali, si rischia di generare una nuova forma di povertà, esodati senza esserlo, drop out perché ritenuti superflui, composta di uomini e donne dediti al sapere, con il triste e non vacuo rischio che tale fatto diventi irreversibile. Non sarebbe certo la prima volta che nella penisola italica qualcosa di provvisorio divenga poi definitivo.

Ancora una volta aveva ragione Oscar Wilde a dire “Datemi il superfluo e farò a meno del necessario”.

Sarà dunque una strage, un vero e proprio genocidio economico se chi di dovere non vi porrà rapidamente riparo. Attualmente e chissà sino a quando, l’intero settore culturale e dello spettacolo è fermo, il che vuol dire anche fermo “economicamente”, perché per chi opera in tale campo non è previsto alcun sostegno, non esistono ammortizzatori sociali né nessuna forma di assistenzialismo come invece la si è prevista per altre fasce. Prima vengano i migranti, dopo tutto il resto.

Il Governo, soprattutto uno sciagurato come quello attuale, composto da improvvisati approssimativi, da dilettanti dell’amministrazione pubblica molti dei quali con un bassissimo livello culturale e un orizzonte di idee pari a zero, deve intervenire prontamente ricordando che l’Italia è appunto il Paese dell’Arte e della Bellezza, non soltanto a parole ma con i fatti, prima che per tutti coloro che vivono facendo arte e cultura, con mostre, spettacoli, conferenze, libri, consulenze, concerti e quanto altro, si spalanchino in maniera definitiva i cancelli di un abisso d’indigenza economica senza fondo e senza ritorno. E se qualcuno che legge pensa che stia drammatizzando, lo faccia pure, evidentemente in vita sua non è mai stato a teatro, né a un concerto di musica classica, né a una conferenza e ad altro ma ha sempre soltanto frequentato discoteche e locali per scambisti.

Come sempre in questo strano, assurdo Paese, quello che ha nella Cultura e nell’Arte il proprio petrolio, invece, in maniera suicida, proprio il primo campo che è stato chiuso, dichiarandolo anche se non in maniera plateale, superfluo appunto, è stato quello delle attività artistiche e culturali. Altre sono state mantenute, queste no. Del resto qualcuno, qualche anno fa, sostenne che “con la Cultura non si mangia”. Ora, tra non molto saremo costretti a dargli ragione perché tra qualche mese, molti che – anche se con difficoltà con la Cultura ci vivevano – non mangeranno proprio più. Si morirà d’inedia, non di Coronavirus.

Gli operatori culturali, gli artisti, gli scrittori, i musicisti, gli attori, i pittori, gli storici dell’arte, i critici, i consulenti, saranno loro i nuovi “invisibili” del sistema, perché ridotti sul lastrico in un tempo brevissimo. Avremo così un mondo più triste e più povero non soltanto economicamente, ma soprattutto spiritualmente, perché questa società verrà così privata del suo cardine fondamentale: quello dell’Arte e del Sapere, quello della gioia che viene dai divertimenti sani… sarà un mondo senza più musica, senza più Bellezza… soltanto con i supermercati aperti, ma ancora una domanda si impone:

Chiedetevi, domandatevelo seriamente, a chi giova tutto questo? Chi ha voluto che da questo mondo, a cominciare ovviamente dall’Italia che ne è il Cuore antico, scompaia ogni forma di Sapienza, di Cultura e di Arte? Chiedetevelo…

Aggiornato il 17 marzo 2020 alle ore 13:54