Gli archistar di madama Virginia

Sui gradini della scalinata di Piazza di Spagna non ci si può più sedere, dopo generazioni di viandanti e d’innamorati a guardare il tramonto che indora le case, perché l’azione sarebbe contraria al decoro pubblico secondo il sindaco di Roma, Virginia Raggi.

Ora, davanti all’universalmente nota Fontana di Trevi, saranno erette apposite “barriere anti intrusione”, con buona pace di un luogo tra i più belli e visti del mondo, un vero e proprio insulto alla bellezza che fa seguito a quelle strutture simili che hanno deturpato la Fontana delle Tartarughe della misterica Piazza Mattei e la barocca Fontana dei Quattro Fiumi di Piazza Navona.

Dice il sindaco a tal proposito: “Mi sembra una proposta di buon senso per tutelare uno dei monumenti più importanti e visitati di Roma. Si tratta di una soluzione che non oscurerebbe la visuale della Fontana di Trevi e consentirebbe il tradizionale lancio di monetine, rito per chiunque visiti la nostra città”. E ancora: “In questo modo i nostri vigili potrebbero maggiormente dedicarsi al presidio dell’intera piazza, che abbiamo liberato dalle bancarelle che ostruivano la vista, per contrastare la presenza di venditori abusivi. Mi auguro che le soprintendenze ai beni culturali valutino positivamente e rapidamente questo progetto, così da poter vedere presto la piazza di Fontana di Trevi completamente riqualificata”.

Forse l’amabile primo cittadino dell’Urbe ignora però che, storicamente, sin dai tempi di papa Sisto V che riportò a Roma, dopo secoli d’abbandono l’uso dell’acqua pubblica nelle fontane, queste fossero appunto utilizzate dal popolo non soltanto per abbeverare i cavalli, lavare i panni e ritrovare una gratificante frescura nelle accaldate e sensuali notti cittadine, ma anche per farcisi il bagno. Certo, erano altri tempi, molto migliori di questi e non vedevano “risorse” ad utilizzare tali lavacri come latrine all’aperto, ma questo erano le meravigliose fontane di Roma, vere e proprie opere d’arte donate a tutti.

Non paga però di tanto, la deliziosa Virginia, tanto attenta al culto della contemporaneità cittadina, si è imbarcata in un’impresa che getta un’ombra sulla sua competenza nel campo dell’estetica, dell’arredo urbano e dell’architettura. Infatti, tra piazza San Silvestro e via del Corso, aprirà in primavera un nuovo Apple store così commentato da lei stessa: “Le archistar tornano a scegliere Roma. Norman Foster ha disegnato la nuova sede della Apple in un edificio storico della città. Un palazzo nel cuore della città da tempo inutilizzato tornerà a vivere, grazie a investimenti privati e a un progetto di ristrutturazione che rispetta elevati standard di qualità”.

La ristrutturazione è quindi dello studio dell’architetto Foster, che sembrerebbe aver riservato una particolare attenzione agli interventi di conservazione e riqualificazione dell’edificio e questo senza considerare che tale progetto in realtà risalga alla giunta di Ignazio Marino, il che dovrebbe comunque gettare una luce singolare sul tutto, dal momento che ancora una volta nella Città Eterna si applaude ad un’operazione “aliena” da parte di un archistar. Architetti di grido (nel senso che spesso le loro creazioni dovrebbero far gridare allo scempio) che più volte, forse troppe, sono intervenuti modificando in maniera poco consona l’urbanistica romana, palazzi e ambienti proprio in pieno centro con strutture e “contaminazioni” che non soltanto non dialogano con tutto ciò che essi hanno intorno, ma appaiono come le avanguardie d’una invasione di “ultracorpi” nello stesso tessuto urbano e tutto ciò accade nel più assoluto e assordante silenzio.

Nessun politico, nessun uomo di cultura, né “storico dell’arte”, né “critico”, né “esteta” né “urbanista” ha ancora fatto sentire la propria voce in segno di disaccordo. Il fatto che le archistar tornino a scegliere Roma, non è un pregio né un vanto e neppure un beneficio, au contraire è un ulteriore sfregio allo splendore assoluto di una città che ha conosciuto le meraviglie dei secoli trascorsi, facendo rivoltare nelle loro auguste tombe non soltanto Borromini e Bernini, ma anche i più recenti Coppedè, Piacentini e Brasini.

Un corso di educazione all’architettura e all’urbanistica, appositamente creato proprio per Virginia Raggi, ma non sarebbe l’unica a doverne beneficiare, sembrerebbe a questo punto necessario. Anche serale magari, così non ci sarebbero scuse.

Aggiornato il 27 gennaio 2020 alle ore 12:18