L’arte che unisce Roma all’Argentina lontana

Si rassegni chi dice, ipocritamente sapendo di dire il falso, che Roma sarebbe morta e nulla d’interessante culturalmente vi accada più. Si tacciano dunque gli invidiosi, i reietti, quelli del “vorrei ma non posso”, gli esclusi dalla vita artistica romana, e a prova della loro onta e del loro disdoro sia stata la mostra, ancora in corso, dal titolo Scene di vita quotidiana tra Roma e Buenos Aires, che ha avuto la propria vernice martedì scorso al bellissimo spazio della Casa Argentina dell’Ambasciata d’Argentina, in via Veneto. La personale del pittore Enzo Mauri resterà a disposizione del pubblico sino al 4 febbraio. Il vernissage, che ha raccolto la miglior società romana per un tardo pomeriggio invernale, è stato introdotto da uno dei decani della Storia dell’Arte Italiana, il Prof. Egidio Maria Eleuteri che è anche il curatore della mostra.

Enzo Mauri, nei suoi dipinti di grandi dimensioni, riproduce sulla tela la realtà quotidiana delle nostre metropoli. Le persone, ognuna unica nella propria essenza, anche nel proprio anonimato, sono da lui catturate in istantanee, in quei non-luoghi che sono i mezzi pubblici, le banchine della metropolitana, i bus, nella loro variegata umanità. È il suo un grido dell’esistenzialismo, un levarsi di voce colorata in quella luce bianca, abbacinante, che tanto riporta al fondo oro dei dipinti medievali, collocando la gente in un altrove di transizione, ove ognuno è solo con sé stesso. Lo guardo del pittore, in questo caso, è l’occhio algido di una camera oscura che registra il passare continuo della gente lungo il tempo creato dai binari di una metropolitana, trascorso in attesa con lo sguardo immerso nei cristalli liquidi di una realtà digitale divenuta sempre più straniante, quasi questi personaggi fossero pellegrini inconsapevoli di quel grande e misterioso viaggio che è la vita. La stesura del colore di Mauri è materica, priva di velature e virtuosismi tecnici, in un impatto che lascia molto ancora nel non-finito, come se ogni cosa intorno volesse svanire in un fulgore insostenibile allo sguardo.

La serata ha poi avuto un risvolto musicale e poetico che ha saputo coniugare felicemente la romanità popolana con la lirica argentina di Jorge Luis Borges, recitata da Piergiorgio Faina. Canzoni popolari romane, malinconiche e sognanti, allegre e ironiche sono state magnificamente interpretate da Maria Loana Gloriani, accompagnata alla chitarra trasteverina da Andrea D’Angelo e su quelle note, tra le “cento campane” di Roma, è scesa dolce la sera sull’Eterna Città che non ha pari.

Aggiornato il 17 gennaio 2020 alle ore 13:07