La cosa dovrebbe destare preoccupazione, non soltanto ai sempre più rari eterosessuali convinti quali il sottoscritto, ma anche almeno alle devote di Saffo.
Il perché è sottile ma indubitabile ed è legato al fatto che in genere si crea un museo per salvaguardare qualcosa che altrimenti potrebbe andare perduto, pertanto mi son detto: vuoi vedere che qualcuno, lungimirante e attento, forse anche un po’ preoccupato del triste andazzo di questi tempi dove troppi si dichiarano amanti dell’omosessualità (un tempo nota come sodomia), ha ben pensato di porvi rimedio prima che sia troppo tardi e che “L’origine del mondo”, tanto mirabilmente descritta dal dipinto di Gustave Courbet, scompaia dalla faccia della Terra?
Ma un’ala simile dovrebbe essere realizzata in tutti i più grandi musei dell’orbe, persino in quelli Vaticani, in memoria di tutti i grandi estimatori dell’opera d’arte in questione, che annovera anche papi e a perenne vituperio di coloro che, sebbene unti dal sacro crisma, invece prediligono le oscure vie della pederastia.
Insomma, salviamola questa piccola, grande meraviglia che dà gioie e dolori, favorisce la prosecuzione dell’umanità e genera eroi, santi e comuni mortali. Fanno bene a porla in un museo, aggredita com’è in continuazione non soltanto da loschi figuri, da malintenzionati, ma anche da coloro che vorrebbero porla su un qualsivoglia piano come una qualsiasi altra parte anatomica. Del resto già a suo tempo, in molte parti del mondo sono stati eretti – è il caso di dirlo – alcuni musei che hanno come oggetto il pene, come quello in Islanda che è forse il più noto, quindi finalmente si è ritenuto fosse il giusto caso di omaggiare anche la sua controparte femminile visto che così è la natura del cosmo.
Questa volta dunque plaudirei a Florence Schechter (nella foto), comunicatrice della scienza e oggi direttrice del centro espositivo londinese, se non fosse che invece lei vuole “sfidare il comportamento etero e cisnormativo” e proporsi come luogo di discussione su diritti delle donne, Lgbt+ e femminismo. Ohibò, ma allora non siamo in presenza di un museo che offra al visitatore uno sguardo artistico su quella conchiglia di Afrodite, tuttavia sulla salvaguardia dell’opera d’arte in questione, comunque e di là da ogni differenza ideologica, ci ritroviamo perfettamente in sintonia.+
Il Museo della Vagina, nel mercato di Camden in Chalk Farm Road, ovviamente a Londra, è stato realizzato con i fondi provenienti da pubbliche raccolte e se pensate che, nel Cinquecento, Roma venne lastricata di sampietrini grazie ai proventi derivanti dalle tasse sulla prostituzione, il fatto lo trovo lodevole. La prima mostra del Museo della Vagina è stata inaugurata il 16 novembre scorso e reca il titolo “Muff Busters: Vagina Myths and How To Fight Them”, del quale vi lascio volentieri la traduzione. Oltre alle mostre relative al tema negli spazi della struttura sono previsti eventi culturali e spettacoli, il che non è poco in questi tristi tempi di youporner. Naturalmente, come ogni museo contemporaneo che si rispetti, anche questo ha il proprio negozio ben fornito di gadget e souvenir, ma noi preferiamo ricordare ciò che diceva Honoré de Balzac: “Ogni donna la sua fortuna ce l’ha fra le gambe”.
Aggiornato il 22 novembre 2019 alle ore 13:47