Olivier Assayas è una delle liete sorprese della Festa del Cinema di Roma. Nel corso di un appassionato incontro con la stampa, ma aperto al pubblico, il regista francese ha parlato della sua idea di cinema. A partire dal suo amore per la Nouvelle Vague. Un movimento di critici poi diventati registi che annovera alcuni tra i più importanti cineasti della storia del cinema: François Truffaut, Jean-Luc Godard, Jacques Rivette, Claude Chabrol e Éric Rohmer.
Secondo Assayas, “la Nouvelle Vague non ha inventato. Ma ha teorizzato e propagato la libertà artistica dei registi, definendo la possibilità per un cineasta di essere libero quanto uno scrittore, aggirando l’industria, facendo film con meno soldi ma più respiro e reinventando l’arte cinematografica. Questo ha lasciato un’eredità a livello internazionale. E i registi di tutto il mondo si sono sentiti tenuti a prendere una posizione, e a fare un cinema diverso. Cosa rimane oggi della Nouvelle Vague? Tutto, direi. Io non farei film o farei film molto diversi se la Nouvelle Vague non ci fosse stata”.
Il regista parigino sostiene una teoria molto personale a proposito del rapporto tra critica e cinema. “L’arte – sottolinea Assayas – bisogna impararla con la critica. Però poi mi sono dovuto distaccare. Se oggi pensassi a quello che diranno i critici di ogni mio film, mi porterebbe totalmente fuori. Devo rispettare la mia ispirazione, dunque non leggo le critiche, penso ai miei film come spettatore, nemmeno come regista. Inoltre, bisogna definire cosa si intende per ‘critica’. Per me c’è differenza tra il critico che assegna stelline a un film per dare consigli al pubblico, come se si trattasse di TripAdvisor e se i film fossero alberghi o ristoranti, e il parlare di cinema instaurando un dialogo, come fanno i saggisti. Ecco, la saggistica mi ha influenzato. È una lettura utile e importante, e chi scrive saggi sul cinema aiuta i registi. E naturalmente, c’è Internet”.
Per il regista, “c’è stata una migrazione dalla stampa al virtuale, si scrive molto più di cinema in rete oggi di ieri. Quando io facevo il critico era un’altra vita. L’ultimo testo che ho scritto per i Cahiers du cinéma risale all’85, quando stavo facendo sopralluoghi per il mio primo film. Era un tempo pieno di stampa cinefila: i Cahiers, Positiv, Jeune Cinéma, che rappresentavano i giovani, e poi la critica seria e influente su Le Monde, Liberation e Télérama, giornali culturali dove il cinema aveva uno spazio. Parliamo di un pugno di riviste cinefile con una decina di collaboratori”.
Assayas si esprime anche sulla diatriba degli ultimi anni, tra le sale cinematografiche e le piattaforme online. Alcuni, come il Martin Scorsese del film The Irishman sono favorevoli alla commistione. “Ai ragazzi – sostiene francese – piace ancora l’esperienza collettiva. Dunque, quando escono con gli amici la forma di divertimento più accessibile e meno costosa è il cinema. Anche se chiaramente prediligono i blockbuster e il cinema d’autore un po’ più ambizioso o intellettuale sta perdendo terreno. Anche io, quando vado a presentare i miei film, vedo sempre più spesso un pubblico di anziani, ed è un po’ triste che si venga a perdere una certa continuità con quello che abbiamo fatto in passato. Per fortuna non sempre è così”.
Aggiornato il 25 ottobre 2019 alle ore 15:16