Sarà il genius loci del Comune di Vergato, la scultura-fontana raffigurante un satiro dal membro eretto, simboleggiante il fiume Reno, creata dall’artista Luigi Ontani? O forse un richiamo ai miti del mondo arcaico e pagano, affollato di driadi amadriadi e fauni libidinosi? Ed è una fata, un silfo, uno spirito dell’aria quell’essere alato che sta in spalla all’inquietante creatura cornuta, ma simboleggiante il torrente Vergatello mentre ai loro piedi un vecchio tritone s’adagia a metafora dell’Appennino, tra serpenti attorcigliati e un uovo cosmico, o forse comico.
Insomma, è tutto un rimando fallico in quel comune bolognese, quasi un’aura orgiastica in un preludio sabbatico alla notte di Valpurga. Ne abbiamo a sufficienza di che scatenare le ire di benpensanti e malpensanti, di cattolici turbati e di neopagani in trasferta per questo incubo di mezza primavera. Il più semplice fatto è che la fontana-scultura è semplicemente brutta. Più simile a uno di quei diavoloni pop dei vecchi Luna Park anni Settanta, che a un’opera rinascimentale o barocca. L’immagine che campeggia nella piazza ricorda vagamente un daimon gnostico, un Mithra, ma non ha nulla del significato simbolico ed ermetico di questi, è piuttosto il conato di un mangaka ubriaco, costato al piccolo comune dell’appennino bolognese ben centocinquantamila euro. Centocinquantamila euro per una brutta opera che non ha neppure la dignità postmoderna del kitsch. Più che un nuovo Inno a Satana, l’opera di Ontani è un peana al pessimo gusto di coloro che l’hanno commissionata e scelta - il Partito Democratico che guida il paese - evidentemente ignari di cosi sia il bello e di quali siano i canoni di un’estetica, anche contemporanea.
Nessuno pretende una fontana del Bernini, ma si sarebbe potuto evitare almeno l’effetto di plastica ridicola di questo assembramento di creature mitologiche fuori luogo e soprattutto fuori tempo massimo. Un’opera che sarebbe arduo definire d’arte, e che scultori insigni come Michelangelo, Cellini e Sanmartino avrebbero reputato degna soltanto di dileggio nei loro scritti, oggi dimostra come poco sia tenuta in conto l’educazione alla bellezza e al gusto del nostro Paese.
Del resto continuiamo ad affidare le chiese ed altro a Richard Meier, a Massimiliano Fuksas e a Santiago Calatrava… Altro che vani sogni di un nuovo Rinascimento, qua – miei buoni amici – la notte è lunga e profonda.
Aggiornato il 08 maggio 2019 alle ore 10:21