La felicità, questo oggetto misterioso. Per noi, i moderni. Un miraggio metafisico. Una rimozione. Oppure... Ha senso parlare ancora di felicità, oggi? Forse la risposta è insita nella domanda stessa. Il senso della felicità.

L’eudaimonia, la chiamavano gli antichi greci antichi. Essa è un cammino che, una volta percorso, ci permette di raggiungere la felicità come una meta luminosa e tanto agognata?

A ben riflettere però, la felicità non è una meta. È piuttosto una condizione dell’essere. Essa non ci appartiene, così come un medium simbolico, non è un bene materiale nella nostra disponibilità, più o meno effimera, come potrebbe essere una moneta o un ticket della metropolitana. Un uomo è felice, oppure non lo è. Tertium non datur - sembra una applicazione ineccepibile del principio di non contraddizione.

Certo, la filosofia, meglio quella antica, e sempre intesa come amore per la conoscenza, può aiutare. Il filosofo che lascia le sue elucubrazioni metafisiche, o post metafisiche, visto che la metafisica è diventata (oggi) tabù, può foggiare un’ermeneutica della felicità, ponendosi dal punto di vista pratico - il nostro - quello della vita di ciascuno. Un filosofo capace di parlare al cuore degli uomini, ma soprattutto di ascoltare quello di cui le persone hanno bisogno. Stiamo parlando di un Socrate redivivo, ovviamente.

Il grande e mai dimenticato protagonista dell’Apologia, nonché maestro di Platone (ma tanto inviso a Nietzsche che gli rimproverava di non rendere conto del pathos dell’esistenza), incarnò nel suo singolare sentiero di vita quella antica equazione che univa felicità, bene, bellezza, verità e bene.

Di Socrate e felicità si parla nel coinvolgente “Noi, Socrate e la felicità” di Pietro Del Soldà, presentato nei giorni scorsi a Roma presso l’Istituto Treccani.

Remo Bodei, che ha partecipato al l’incontro insieme a Gaetano Lettieri e a Marino Sinibaldi, ha ricordato come non si può essere felici staccandoci dagli altri, aggiungendo che il grande lascito di Platone è che la verità risiede nel dialogo, non nel monologo o nell’elucubrazione interiore, spoglia di riferimenti. La verità viene fuori dal guardarsi nella pupilla l’uno con l’altro, per dirla con l’Alcibiade maggiore.

Lettieri, docente di filosofia all’università di Roma “La Sapienza”, ha osservato come parlare di felicità sia anche parlare di politica. La felicità è un problema politico: una cattiva politica non può instaurare condizioni che permettano di essere felici a un maggior numero di persone possibili. Istituzioni disarmoniche, con problemi di corruzione e disuguaglianza, nonché di mancanza di opportunità e libertà, che tipo di felicità può dare ai suoi cittadini?

L’antico e sempre nuove problema della felicità continua a risuonare per i secoli. Pietro Del Soldà ha giustamente ispirato questo suo libro a Socrate, il filosofo che forse più di tutti cercò di mostrare cosa volesse dire essere felici. Per esserlo, Socrate non si sottraeva all’incontro con l’altro, camminava per le vie di Atene alla ricerca di una cosa soprattutto: la falsa convinzione etica. E allora il merito di questo libro è quello di indurci a riflettere su noi stessi, sull’interiorità che ci determina, con la consapevolezza che questa conoscenza interiore può essere resa molto più semplice dal dialogo e dall’incontro con l’altro.

Aggiornato il 19 novembre 2018 alle ore 13:58