Intervistare una donna come Lucrezia Lerro significa accogliere un modo di scrivere e descrivere sempre più in controtendenza rispetto alla velocità e alla “liquidità”, per dirla con Zygmunt Bauman, del mondo che ci circonda. L’intervista non è un mero susseguirsi di domande e risposte, ma un racconto introspettivo della scrittrice, che riesce a portare con sé il lettore in un’analisi interiore.
Lucrezia Lerro: psicologa, poetessa, scrittrice e nell’anima chissà quante altre cose, si riesce a tenere separate queste espressioni e professioni o la loro miscela risulta elemento vincente?
La scrittura è psicologia sempre e comunque, gli scrittori la sanno lunga in quanto a indagare i migliori e peggiori sentimenti umani. Goethe viene prima di Freud, e Proust, e Kafka...
Quale Lucrezia nasce prima?
Ho cominciato a frequentare la pagina scritta in seconda media, era il 1989, il concorso di poesia a cui partecipai aveva come tema la pace e la caduta del muro di Berlino, da lì in poi sono rimasta fedele alla parola scritta, me ne sono ubriacata e al contempo ossessionata, e poi giorno dopo giorno mi sono lasciata andare alla possibilità che ogni immagine vista e fantasticata si potesse depositare prima tra i pensieri e poi sui fogli.
Scrivere poesie come scrivere libri manifesta un’esigenza di raccontare e raccontarsi, quanto gli incontri con i pazienti influiscono e quanto si espone la propria sensibilità alla permeabilità delle fragilità altrui?
Consapevolmente non influiscono, ma se è vero che ogni esperienza lascia una traccia, di sicuro da qualche parte trasformo l’ascolto. Ma separo sempre il mio mestiere dalla mia attività creativa, per me è indispensabile tale distinzione netta e precisa.
La sua specializzazione è legata ai problemi dei bambini di infanzie e giovinezze che l’attualità ci racconta sempre più fragili, è cosi?
Il nostro è il tempo della velocità, dell’omologazione dei linguaggi, purtroppo. Differenziarsi dagli altri, strutturare una propria voce, e quindi una identità, è sempre più complicato per gli adolescenti, per i giovani, per ognuno. La strada per la realizzazione del sé, del vero sé, è impervia ma ce la si può fare con perseveranza e volontà.
Essere genitori sembra essere il mestiere più difficile del mondo, esiste una sorta di decalogo?
È un mestiere che non si impara da nessuna pare, è empirico, lo impariamo facendolo. Non esiste alcun decalogo, chi ce la fa può soltanto rimboccarsi le maniche e provare a donare. Il dono ha sempre una caratteristica peculiare: la gratuità.
Qualcuno ha scritto che lo psicologo è una specie di chirurgo che con grande maestria deve saper isolare e asportare il male, lei si ritrova in questa definizione?
Esiste la microchirurgia al computer ma non per voi... Lo psicologo ha a che fare, come dice Freud, con materiali esplosivi. Ebbene se non si è “chirurgici” si rischia, e con la vita e la salute mentale degli altri non si può rischiare, mai.
(*) Lucrezia Lerro è una scrittrice e poetessa italiana. Nata a Omignano in provincia di Salerno nel 1977, laureata in Scienze dell’educazione all’Università degli Studi di Firenze e in Psicologia, alcune sue poesie sono state pubblicate sulle riviste Poesia (2001-2003), Palomar (2003), Nuovi Argomenti, Nuovissima poesia italiana (Oscar Mondadori) e “L’Almanacco dello specchio” (Mondadori). Per la rivista “Panta”, Bompiani 2008, scrive “I fiori avrebbero potuto durare”. Per il film “Il pianto della statua”, regia di Elisabetta Sgarbi, scrive “La prima notte della madre dopo la morte del figlio”. Il primo romanzo “Certi giorni sono felice” (2005) viene selezionato tra i finalisti del Premio Strega e riedito da Bompiani nel 2008. Pubblica i romanzi “Il rimedio perfetto”, 2007); “La più bella del mondo”, 2008 (Premio Fondazione Carical Grinzane Cavour); “La bambina che disegnava cuori”, 2010; “Sul fondo del mare c’è una vita leggera”, 2012, tutti per Bompiani. Ha pubblicato per Mondadori 2013 “La confraternita delle puttane”. Il suo ultimo romanzo è “Il sangue matto” (Mondadori, 2015). Il suo ultimo libro di poesie è “Il corollario della felicità” (Stampa 2009, 2014). Per la collana “Vite esagerate” ha scritto “Il contagio dell’amore” (San Paolo, 2016); “La giravolta delle libellule” (La Nave di Teseo, 2017).
Aggiornato il 07 marzo 2018 alle ore 08:22