Ripensare l’architettura ovvero la qualità dello spazio

Occorre tradurre la necessità in qualità dello spazio. È con questa tesi che si aprirà il 26 maggio la sedicesima edizione della Biennale di Architettura di Venezia. Alla  presentazione dell’evento, che si è tenuta a Palazzo Giustinian, sono intervenuti il presidente della Biennale Paolo Baratta e le due curatrici Yvonne Farrell e Shelley McNamara, che hanno dato forma alla Mostra internazionale dal titolo “Freespace”.

“La volontà di creare “Freespace” − ha detto Baratta − può risultare in modo specifico come caratteristica propria di singoli progetti. Ma Space, free space, public space possono anche rivelare la presenza o l’assenza in genere dell’architettura, se intendiamo come architettura il pensiero applicato allo spazio nel quale viviamo e abitiamo. E la mostra ci darà esempi, insegnamenti e motivi di discussione. E noi siamo grati a Farrell e McNamara per avere accettato il nostro invito e per la loro coraggiosa scelta che arricchisce con un anello importante la catena delle mostre tenute in questi anni”.

La mostra si articolerà tra il Padiglione centrale ai Giardini e l’Arsenale, includendo settantuno partecipanti, ai quali saranno affiancati quelli raccolti in due sezioni speciali: “Close Encounter, meetings with remarkable projects”, mostrerà lavori che nascono su progetti del passato, la seconda, dal titolo “The Practice of Teaching”, raccoglierà lavori sviluppati nell’ambito dell’insegnamento.

“Quando abbiamo scritto il manifesto – hanno dichiarato le curatrici − volevamo che contenesse soprattutto la parola “spazio”. Volevamo scovare anche nuovi modi di utilizzare le parole di ogni giorno, che potessero in qualche modo portarci tutti a ripensare il contributo aggiuntivo che noi, come professionisti, possiamo fornire all’umanità. Per noi l’architettura è la traduzione di necessità, nel significato più ampio della parola, in spazio significativo. Nel tentativo di tradurre “Freespace” in uno dei tanti splendidi linguaggi del mondo, speriamo che possa dischiudere il dono che l’invenzione architettonica ha la potenzialità di elargire con ogni progetto. La traduzione ci permette di mappare e di rinominare il territorio intellettuale e quello vero. La nostra speranza è che la parola “Freespace” ci permetta di sondare le aspirazioni, le ambizioni e la generosità dell’architettura”.

Aggiornato il 24 aprile 2018 alle ore 10:43