Cronaca dimenticata: I furbetti della penisola

Nella saggezza popolare come nella nostra religione cristiana c’è una frase che indica contemporaneamente la miseria umana e la sua emancipazione: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Il libro “I furbetti della penisola” si pone l’ardua funzione di mettere in risalto alla coscienza di ogni cittadino le sue responsabilità omesse a se stesso alfine di ritrovare, mediante l’acquisita consapevolezza dei propri egoismi, un sentimento di solidarietà e socialità nazionale. Raffaele Romano, grazie alle sue competenze multidisciplinari acquisite non solo dai suoi studi ma anche dalla sua esperienza umana e professionale, da acuto osservatore dei costumi italiani ci offre un panorama dei tipici contrasti che convivono nel nostro Paese. Contraddizioni ricche di privilegi ed egoismi che vengono da lontano, che sono figlie di una storia e di un mondo che non c’è più, e se gli italiani non ne assumeranno la consapevolezza questo sistema, inevitabilmente, imploderà determinando una profonda crisi sociale ed economica.

Gli inglesi hanno coniato il termine - che l’autore riprende - di “Nimby” (Not In My Back Yard) e cioè “Non nel mio cortile”; termine ormai globalizzato che nei vari Paesi ha assunto il senso dell’egoismo e dell’indifferenza sociale verso quelle problematiche che riguardano la collettività. Nel nostro Paese, proprio per le sue caratteristiche, Nimby assume un valore universale di ciò che impedisce la crescita e lo sviluppo della nostra comunità. In questo libro, oltre la denuncia, emerge al lettore disattento, in modo carsico, l’impegno sociale e socialista dell’autore nell’evidenziare questi privilegi, dei quali in modo trasversale ne godono i vari ceti sociali, dimenticandoci che coloro che ne fanno le spese sono i ceti più deboli, e non solo, che di volta in volta si trovano ad essere clienti, utenti, imputati, pazienti, in poche parole tutti sudditi di qualcuno.

La lettura di questo libro ha il pregio di portare a conoscenza del lettore un insieme di fatti di cronaca che di norma si dimenticano molto presto, ma ancor di più vengono esposti in modo semplice e che sembra casuale, ma nei fatti è la composizione di un puzzle, dove da ogni notizia prende forma pian piano il quadro ed emerge una visione nuova della realtà. Raffaele Romano ha compiuto una ricerca approfondita nei vari segmenti della società: medici, imprenditori, banchieri, netturbini, dipendenti pubblici, dirigenti, giornalisti e cosi via; ognuno di questi rivendica la propria particolarità, il proprio privilegio a scapito degli altri.

Nel libro emergono alcuni casi clamorosi che poi non sono così rari. La disfunzionalità è considerata una normalità che non fa più notizia per cui una società farmaceutica per poter svolgere il suo lavoro necessità almeno di venti autorizzazioni, lo stesso avviene per un lavoro pubblico, ma anche di edilizia privata, obbligando il cittadino e l’imprenditore ad un tour de force paragonabile alle mitiche “fatiche di Ercole”. Non solo ciò è un danno per il cittadino e per l’economia del Paese, ma crea le condizioni endogene per la corruzione. Invece di creare autorità su autorità che vigilano ognuna sull’altra per evitare la corruzione, basterebbe snellire le procedure e dare tempi certi ai cittadini obbligando la burocrazia a questi tempi con responsabili delle procedure. Il paradosso è che tutte queste autorizzazioni sono fondamentalmente cartacee e senza una reale visione della realtà che si realizza, si ingolfa, così si distoglie la burocrazia dalla sua funzione di servizio per trasformarla in controllori cartacei del nulla.

Altra contraddizione che l’autore fa emergere ad un Paese ed a un popolo pronto a dimenticare ed a lamentarsi è l’esempio della “Terra dei fuochi”. Tonnellate e tonnellate di rifiuti tossici provenienti dal nord Europa e dal nord Italia sono stati sepolti in questi comuni, per anni, senza che nessuno abbia mai visto questa lunga fila di camion. Senza che mai, anche casualmente, uno di essi sia stato fermato dalle forze preposte anche per un banale controllo di documenti. Tutti dormivano ed oggi chiedono allo Stato, e cioè a noi, che si debba (giustamente) intervenire e senza neanche uno straccio di denuncia nei confronti dei responsabili, come se quei rifiuti fossero sempre stati lì. Questa mancanza di senso civico, di senso dello Stato che è mancato alle popolazioni interessate, le quali chiedono adesso alle istituzioni di intervenire, con un’omissione di responsabilità da tutti condivisa. Ma per un vizio tutto italiano, la colpa è solo dello Stato e non anche della loro mancata vigilanza, dei propri eletti, della polizia locale e degli enti regionali preposti al controllo del territorio. Emerge un comportamento psicologicamente nevrotico: il non sentirsi comunità quando avviene un fenomeno ma dopo, a giochi fatti o all’emergere dei danni, si chiede allo Stato di intervenire come ad un padre che prima ha fatto comodo che fosse a distanza e poi lo si colpevolizza perché è stato distante.

Esiste un rapporto di causa ed effetto che di norma si tende ad omettere: se un presidente di Regione chiude alcuni ospedali o reparti senza una visione d’insieme sulla qualità del servizio e delle prestazioni, invece di razionalizzare si determineranno dei scompensi su cui i cittadini saranno complici inconsapevoli. Altro esempio per chiarire il rapporto causa ed effetto: oggi tutti si lamentano della Legge Fornero sulle pensioni perché considerata una riforma punitiva, ma dove sono quelli che vent’anni prima applaudivano alla caduta del Governo Berlusconi sulla riforma delle pensioni che prevedeva i sessant’anni per tutti da allora e non i sessantasette di oggi? Così è anche per i rifiuti, per i trasporti, nei rapporti sindacali del pubblico impiego, ecc.. Non affrontare i problemi è la tipica condizione egoistica che non guarda al futuro.

A questa ampia carrellata di situazioni paradossali, che vengono presentate nel libro, ne voglio aggiungere una personale: era il primo giorno di scuola materna di mia figlia e ci presentammo, come tutti i genitori, davanti alla scuola, e trovammo un cartello “Assemblea sindacale dalle 8 alle 10”, ci guardammo tutti stupiti decidendo di tornare il giorno dopo. La colpa non è dei lavoratori per il disservizio ma del dirigente che sapendo che era il primo giorno di scuola ha autorizzato l’assemblea, o per incompetenza o per ignavia. Nei fatti i servizi pubblici nati per assistere i cittadini si sono trasformati in strumento per dare lavoro e consenso venendo meno la loro missione di servizio al cittadino, questo con la complicità del sindacato, della dirigenza e della politica.

Ritengo che Raffaele Romano con questo scritto abbia messo in chiara evidenza una profonda cultura anarcoide che prima rifiuta le regole e poi le pretende con un rigidità assoluta, tipico di chi vuole nascondere le proprie responsabilità mediante la “teoria del pendolo” e dunque si passa da un lassismo autolesionista nei confronti della legalità ad una rigidità sadica. Una sottocultura carsica che attraversa i vari ceti sociali in modo trasversale legata al ruolo, alla funzione che si svolge in un dato momento nella società. Dal padre di famiglia che si lamenta sul funzionamento della scuola, all’impiegato della scuola che si lamenta dell’educazione che i genitori danno ai figli, dall’utente che si lamenta della trafila per una visita medica ed il medico che si lamenta della fila alle poste e così via in un vortice di insofferenze di ognuno verso l’altro. Ovviamente l’autore sia per storia personale che per cultura non considera il conflitto sociale un elemento negativo in sé, anzi, ma lo contesta quando è figlio del corporativismo e dell’egoismo sociale.

Fin dalle prime pagine il lettore può ammirare un elenco lunghissimo di comitati di organizzazioni che in buona parte sono per il “No” a qualche cosa e anche quando sono per qualcosa il più delle volte è per negare qualche cosa che si vuole realizzare. Personalmente credo che molti di questi “no” sono figli dell’ignoranza ascientifica e dunque della paura del cambiamento e forse alcune di queste associazioni sono finanziate anche da alcune lobby sia nazionali che internazionali, al fine di condizionarne lo sviluppo. A chi di voi non è mai capitato di andare in piccoli comuni sperduti sull’Appennino e trovare la scritta “Comune denuclearizzato”, come se una centrale nucleare si potesse insediare in quei territori. Il dato vero, purtroppo, è la paura ideologizzata con i suoi effetti nefasti sullo sviluppo del Paese.

Questa malattia sociale la stiamo vivendo anche in questi giorni nel confronto referendario per la riforma della Costituzione. I due schieramenti si affrontano con un vigore ed una violenza dialettica di natura apocalittica, se vince il “Sì” finisce la democrazia per quelli del “No”, se dovessero vincere i “No” quelli del “Sì” prevedono una catastrofe economica senza precedenti. Sbagliano entrambi, chiunque vincerà non succederà nulla di quello che profetizzano, il sole sorgerà come sempre ma grazie alla democrazia si sarà realizzato un piccolo regolamento di conti interno al Governo e con le opposizioni. Questa capacità a mistificare e manipolare la realtà appartiene alla peggior politica di ispirazione hegeliana, che nasconde le profonde radici autoritarie grazie ad una nuova ideologia che viene definita “buonista”, che in Italia ha una moltitudine di profeti e molti seguaci inconsapevoli.

Questo libro è una road map alle diseguaglianze che convivono con noi e che incontriamo sulla nostra strada e che condizionano la nostra vita a nostra insaputa; è una guida sulla morale di un Paese che vive in gran parte nell’immoralità e che taluni immorali pretendono poi di dare lezione di moralità agli altri.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:24