Donne e diritto di voto al cuore di Suffragette

Chi è figlio di questa generazione si è trovato a beneficiare di una lunga serie di diritti, che vengono per lo più dati per acquisiti. In molti casi non c’è neppure la curiosità di domandarsi come o quando si sia arrivati a queste conquiste o quanto esse siano state difficili. È così che Sarah Gavron con il suo “Suffragette” ha cercato di scuotere, soprattutto i più giovani, dal torpore. Il film, che ha aperto il “London Film Festival”, è uscito in Italia lo scorso giovedì, a ridosso dell’8 marzo, Festa della donna e del 10 marzo, 70esimo anniversario della conquista del suffragio femminile nel nostro Paese.

Suffragette è un film sugli anni caldi della lotta femminile per l’emancipazione, proprio a partire dal diritto di voto. Le donne britanniche, animate da Emmeline Pankhurst (interpretata in un cameo di un paio di minuti da una appassionata e convincente Meryl Streep), fondatrice ed anima del movimento suffragista femminile britannico, dagli ultimi anni dell’Ottocento rivendicano il diritto al voto per le donne. Dopo decenni di indifferenza e promesse disattese da parte di tutti i governi succedutisi, le suffragette comprendono che una protesta violenta è l’unica strada per porre la questione all’attenzione pubblica.

Seguiranno pietre contro le vetrine, ordigni contro le principali reti di comunicazione, fino ad una bomba in una casa fuori città di un ministro. Una violenza che non vuole danneggiare alcuno, ma mira soltanto ad attrarre a sé i riflettori. Le suffragette sono attente a non coinvolgere nessuno nei loro attacchi, agendo di mattina presto e prendendo di mira luoghi simbolo.

La Gavron delinea con un  realismo umano e coinvolgente un movimento da molti dimenticato e lo fa raccontando la storia di una donna qualunque, una giovane lavandaia, moglie e madre che vive nell’East End, il quartiere della working class londinese di inizio secolo. Maud ha solo 24 anni, ma lavora nell’umida lavanderia dall’età di 7, dovendo sottostare alle avances del proprietario. La sua è una vita difficile, ma riesce a tirare avanti. Ha sposato un collega e stravede per il figlioletto George. Del tutto estranea alla vita politica e alle rivendicazioni femminili del tempo, un giorno, convinta da una collega della lavanderia, inizia a frequentare le riunioni delle attiviste. Dopo un primo arresto in una manifestazione di piazza, il marito la mette davanti ad un bivio. Pur cercando di tornare alla “vita di prima”, Maud comprende che senza il voto le speranze di un futuro migliore sono assai scarse. Cacciata dal marito che le negherà il figlio, affidandolo in adozione ad una famiglia borghese, Maud privata del lavoro, della casa e degli affetti, finisce per abbracciare sempre più convintamente la causa femminile, consapevole di non avere più nulla da perdere.

La Gavron non fa sconti, mostrando gli arresti, i maltrattamenti, gli scioperi della fame seguiti dall’alimentazione forzata occorsi a migliaia di donne in quegli anni. Emblematica una frase in cui le suffragette dichiarano di non voler infrangere la legge, ma di voler diventare loro stesse “law-makers”. Potente e commovente, il film chiude sul funerale di Emily, militante e amica di Maud che per attrarre l’attenzione sul movimento suffragista va incontro alla morte gettandosi sotto il cavallo di Re Giorgio V. Un gesto estremo che però porterà il tema sulle prime pagine dei giornali. Sui titoli di coda scorrono gli anni in cui il voto femminile è stato introdotto nei diversi Paesi. Il Regno Unito ha provveduto nel 1921, l’Italia nel 1946. Decisamente rivoluzionaria la Nuova Zelanda, che lo ha introdotto già sul finire del 1800, molto meno l’Arabia Saudita che ha dovuto attendere il 2015.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:28