L’orrore nella storia indagato da Magris

Roberto Calasso in un suo saggio intitolato la letteratura e gli dei ha definito la letteratura il campo privilegiato della conoscenza umana. Il libro di Claudio Magris, una delle grandi personalità della cultura contemporanea, intitolato “Non luogo a procedere” ed edito dalla Garzanti, conferma la validità della definizione della letteratura data da Calasso. In questo libro, una narrazione che il critico letterario della stampa Lorenzo Mondo ha definito polifonica, visto che sono tante le storie che si intersecano come cerchi concentrici dentro il romanzo, vi è il tentativo di capire i motivi antropologici che possano spiegare la presenza costante e incancellabile della guerra e della violenza nella storia umana.

Il libro si apre con la descrizione di un museo, nel quale un personaggio singolare e grandioso vuole raccogliere tutte le tipologie della armi, perché spera, in questo modo, di aiutare la umanità a eliminare la guerra dalla storia degli uomini. Come l’autore ammette alla fine di questo straordinario libro, questo personaggio è esistito davvero e si chiamava Diego de Henriquez. Per l’inventore di questo museo, ogni esposizione somiglia ad una natura morta, poiché mostra qualcosa che appartiene oramai alla eternità e non più al tempo della vita. L’inventore del museo, che perderà la vita in un rogo che distruggerà i documenti ed i suoi scritti, era un uomo ossessionato dalla volontà di documentare e denunciare i crimini commessi a Trieste da nazisti.

Nei suoi taccuini, perduti a causa dell’incendio che ha provocato la sua morte, erano annotati i nomi tracciati sulle pareti delle celle dai detenuti della Risiera di San Saba, all’interno della quale vi era un forno crematorio nel quale vennero uccisi ebrei, partigiani antifascisti, e quanti si opposero ai nazisti, che avevano occupato l’Italia del Nord nelle anni convulsi e drammatici della seconda guerra mondiale. L’altro personaggio che ha un ruolo preminente nella narrazione è Luisa Brooks, una ebrea figlia di Sara e di un sergente di colore americano, che si era trovato a Trieste negli anni della guerra. La narrazione è stimolante e conferma la genialità di Claudio Magris, grande intellettuale, che in questo libro tenta di analizzare il rapporto tra le civiltà umane e la guerra.

Infatti in una delle sale del museo, di cui si parla nel libro, vi è una biblioteca che raccoglie i libri che sono stati scritti sull’arte atroce della guerra lungo i secoli: Sun Tzu autore del saggio l’Arte della Guerra, Flavio Vegezio che ha scritto Epitome dei militaris, e Raimondo Montecuccoli a cui si deve il celebre testo Trattato della Guerra. In uno dei prima capitoli del libro Magris narra la vicenda di Cerwis, un uomo appartenente alla popolazione dei Chamacoco, che nel 1908 fu portato a Praga dall’antropologo Alberto Vojetic Fric. Durante le conferenze tenute da Fric a Praga, quando era vivo Franz Kafka, Cerwis mostrava l’uso simbolico della sua ascia, adoperata per compiere alcuni rituali, onde esorcizzare le forze del male, e non per colpire i suoi simili.

Questo racconto mostra come vi sono state civiltà che hanno aborrito l’uso delle armi. Nei successivi capitoli, Luisa, che si occupa di allestire il museo, visto che il suo fondatore è scomparso, scopre una terribile verità. Sua madre Sara, rifugiandosi a Salvore in Istria negli anni in cui gli ebrei a Trieste erano perseguitati e annientati nella Risiera di San Saba, riuscì a sopravvivere. Tuttavia sua nona Deborah, divenuta prigioniera dei nazisti, prima di finire nel forno crematorio della Risiera, denunciò la famiglia dell’avvocato antifascista Radice, nella casa del quale si era nascosta.

Questa storia, narrata con sguardo disincantato da Magris, è terribile e sconvolgente e mostra, come altre presenti nel libro, come in quegli anni molti fossero divenuti per paura o per vigliaccheria complici del carnefice nazista nella città di Trieste. Corrado Stajano, recensendo questo libro sul Corriere della Sera, ha osservato lucidamente che le diverse vicende che compongono l’ordito narrativo sono soverchiate da una visione tragica della Storia umana, definita da Magris una discarica di rifiuti, una crosta di sangue, un tumore inoperabile.

Queste immagini dimostrano quanto sia ingenuo il pensiero che nella storia umana possa trionfare la giustizia e la verità, visto che le vittime innocenti e incolpevoli della violenza umana vengono inghiottite dal fluire del tempo e dimenticate, mentre i responsabili dei crimini più efferati rimangono impuniti. La storia che commuove maggiormente nel libro e che dimostra che vi sono persone capaci di seguire, anche in circostanze tragiche, la voce della coscienza, lasciandosi guidare dai principi dettati dalla morale umana, è quella del soldato Otto Schimek, il quale si rifiutò di aprire il fuoco contro la popolazione civile Polacca, e per questo motivo venne ucciso dalla Werhmacht.

Sul piano letterario è memorabile il capitolo che narra la festa che venne organizzata, pochi giorni prima della fine della guerra, nel Castello di Miramare. In questo luogo, in cui abitò l’imperatore Massimiliano d’Asburgo con la sua consorte Carlotta, che impazzì dopo la sua morte avvenuta in Messico, per celebrare il compleanno di Hitler si ritrovano nel 1945 le autorità naziste, quelle fasciste legate alla repubblica sociale di Salò, il prefetto di Trieste, i notabili della città, con alcuni croati, serbi, e cosacchi. Durante la festa, evocata con immagini poetiche di rara perfezione, che ne descrivono l’atmosfera lasciva e volgare e su cui incombe inesorabile la tragedia, tutti i commensali proclamano in modo surreale la necessità di annientare il bolscevismo slavo, ritenuto la principale insidia e minaccia per la civiltà europea.

In un altro capitolo del libro Magris, racconta con il suo stile elegante e colto cosa accadde a Trieste verso la fine della guerra. Il generale tedesco Linkenbach rifiutò la resa. Questo fatto scatenò la guerra di tutti contro tutto, i partigiani di Tito ed i comunisti italiani contro gli antifascisti liberali del Cln. I tedeschi, oramai sconfitti, in seguito a scontri violenti e cruenti, consumatisi nel cuore di Trieste, vengono indotti alla resa dal vescovo della città Antonio Santin. Sono di grande valore le pagine del libro che descrivono la città di Trieste contesa dai Tititni e da quanti invece rivendicavano l’appartenenza della città all’Italia.

A questo proposito Magris nota come la vicenda della resistenza sia stata politicamente complessa e segnata da posizioni culturali tra loro contrastanti e di non facile comprensione. Alla fine di questo libro Magris ricorda come i potenti e ricchi esponenti della borghesia Triestina, durante gli anni della guerra, non esitarono a elargire un sostegno finanziario sia alle forze nazifasciste sia a quelle partigiane, mentre infuriavano gli scontri cruenti tra fascisti e antifascisti e nella Risiera di San Saba venivano annientati gli ebrei e gli oppositori. Tutti i responsabile della Risiera di San Saba, in cui vi fu l’unico forno crematorio funzionante in Italia, malgrado la celebrazione dei processi, sono rimasti impuniti.

Il colonnello Ernest Lerch delle Risiera di San Saba, dopo la guerra, è rientrato nella sua città Klagenfurt ed ha aperto una birreria. Negli anni cinquanta è, addirittura, ritornato a Trieste ed ha vissuto in una elegante villa sul Carso, nella quale ha ricevuto le autorità anglo americane. Questo fatto, di per se tragico e emblematico, dimostra quanto la giustizia umana sia imperfetta e ingannevole, poiché nella storia il male e la guerra, essendo forze indomabili e soverchianti, trionfano sempre . Un libro meraviglioso e straordinario.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:34