Liutrapando: Antapodosis

Nella collana di classici latini e greci Lorenzo Valla recentemente è apparsa la traduzione, a cura di due grandi studiosi di letteratura latina Palo Chiesa e Girolamo Arnaldi, di un grande libro, intitolato "Antapodosis" di cui è autore Liutprando. Questo libro restituisce al lettore una immagine precisa e impressionante della civiltà feudale. Liutprando nacque a Pavia, la capitale del regno Italico che venne costituito in seguito alla capitolazione dell’Impero Carolingio. I fatti narrati e raccontati in modo magistrale da Liutprando devono essere storicamente collocati tra il IX e il X secolo.

Liutprando apparteneva ad una ricca famiglia di mercanti, abituati a compiere missioni diplomatiche presso le principali corti del tempo, visto che per l’esercizio della loro attività dovevano viaggiare e muoversi in ogni parte del mondo. Liutprando nella sua vita, grazie alla solida formazione culturale ricevuta nella città di Pavia, in gioventù fu consigliere e collaboratore del Re Berengario, posto a capo del regno italico. Liutparndo, prima di divenire Vescovo di Cremona, era diacono, poiché in quel tempo la figura dell’uomo di lettere e dell’ecclesiastico coincidevano. In seguito, dopo che si erano incrinati i rapporti con Re Berengario, grazie alla conoscenza delle lingue, visto che Liutprando era poliglotta, divenne un collaboratore di Ottone, imperatore della Germania.

Il Testo Antapodosis, che tradotto significa pariglia, è diviso in sei libri, e la persona a cui l’autore lo ha dedicato come destinatario è Il Vescovo di Elvira Recemondo. Come Liutprando rivela nel suo testo, tradotto dal latino in Italiano in modo ammirevole dai due studiosi, i primi tre libri sono stati composti e scritti dall’autore in base alle testimonianze raccolte nel palazzo di Pavia in cui visse; gli altri tre libri del testo contengono un racconto che è il risultato di quanto Liutprando ha visto e di cui è stato testimone, quando in qualità di collaboratore dell’imperatore Ottone ha vissuto alla corte imperiale in Germania. Il testo, in cui i fatti raccontati e storicamente ricostruiti non seguono un rigoroso ordine cronologico, è fondamentale poiché da grande scrittore Liutprando è riuscito a cogliere l’essenza della civiltà feudale e a descrivere le relazioni di potere esistenti fra gli imperatori, i re, i diversi pontefici e gli ecclesiastici.

Tenendo presente la lezione del grande drammaturgo latino Terenzio, e l’opera di Boezio intitolata Consolatio, Liutprando medita sulla vicende umane, sui conflitti che gli uomini sono capaci di provocare, sul fatto che l’uomo, pur essendo dotato della ragione in quanto creato a immagine e somiglianza di Dio, non può evitare di provare odio verso il proprio simile. Nei primi libri viene raccontato il conflitto che oppose Re Berengario a Guido, per la conquista del regno Italico. Come l’autore non manca di osservare nel suo testo, a muovere la sua penna è la volontà dichiarata di denunciare e svelare le malefatte e i crimini di cui è responsabile Berengario, accusato di tiranneggiare il regno italico. Nel nord Europa l’imperatore Arnolfo non riesce a sconfiggere Centebaldo.

Per evitare una sconfitta bellica, Arnolfo decide di abbattere le barriere in cui erano rinchiusi gli Ungari, un popolo feroce e brutale. In tal modo Centebaldo viene sconfitto, ma a causa di questo errore politico gli Ungari, dopo la morte di Arnolfo, iniziano ad invadere e devastare i territori dei Franconi, dei Sassoni, degli Svevi. Dagli Ungari vengono bruciate e distrutte chiese, abbazie, abitazioni di lusso e di pregio. Bisogna considerare che l’autore ha la intenzione di scrivere la storia Europea del secolo X, ma in realtà tre furono gli scacchieri su cui si mosse e di cui raccontò le vicende politiche: l’Italia, Bisanzio, la Germania. Sono straordinarie le pagine del testo di Liutprando in cui viene mostrata la vanità e la natura illusoria e ingannevole della ambizione umana.

Guido riesce a conquistare Roma; in seguito ad un improvviso rivolgimento è costretto a fuggire da Castel Sant’Angelo calandosi da una finestra. Romano, un uomo povero e dotato di notevole ingegno, con la sua straordinaria intelligenza politica riesce a essere nominato imperatore dell’impero di Bisanzio a Costantinopoli. In seguito saranno i suoi due figli a deporlo, costringendolo a rifugiarsi su di una isola in un convento a filosofare con i monaci, votati alla vita spirituale e contemplativa. La forza narrativa del testo dipende dalla circostanza che l’autore con sguardo penetrante da grande scrittore osserva il comportamento delle figure eminenti del suo tempo, poiché sono i grandi uomini che rappresentano la causa prima del divenire storico e che determinano il corso e lo sviluppo della storia. Lo stile dell’opera combina il tono alto e basso, sicché il lettore trova disseminati nel racconto episodi e aneddoti sapidi.

Teodora, donna sensualissima e incline alla lascivia, vivendo a Roma nella corte papale, trama e costruisce con abilità una serie di relazioni perché Giovanni vescovo di Ravenna e suo amante diventi e sia nominato Papa e Pontefice della chiesa di Roma. In tal modo Teodora divise la sua alcova con il Papa. Stupefacente per ritmo narrativo e bello dal punto di vista letterario è il quarto capitolo contenuto nel testo di Liutprando, in cui viene raccontata l’ascesa al trono imperiale di Ottone. In seguito suo fratello Enrico, con la mente offuscata da una insania ambizione, dichiarò guerra a Ottone, dal quale venne sconfitto. Enrico, per espiare la sua colpa cercò di riparare e rifugiarsi in un Castello, ma trovò chiuse e sbarrate le sue porte.

Sono indimenticabili le descrizioni narrative che raccontano le incursioni e la invasioni in Puglia in Calabria e nel meridione d’Italia dei Saraceni, che si erano insediati a Frassineto ai confini con la Provenza. Per sconfiggerli l’imperatore di Bisanzio inviò la sua flotta marina, che disponeva di un sistema di attacco, il famoso fuoco greco, in virtù del quale le navi dei Saraceni vennero incendiate e distrutte. In una parte del testo si parla della lancia che apparteneva a Costantino il grande. Su di essa con i chiodi, con cui era stato crocefisso Gesù di Nazareth, erano formate delle croci, che simbolicamente raffiguravano l’unione mistica tra il cielo e la terra. Come hanno osservato i due studiosi che hanno curato la edizione di questo testo, Liutprando era un convinto sostenitore della idea della Retributio, secondo la quale Dio esalta e glorifica gli uomini degni di stima per le loro virtù e per la loro moralità e abilità, mentre punisce e infligge sofferenze a quanti si rendono responsabili di comportamenti deplorevoli e contrari alla moralità e ai precetti divini.

L’ultimo libro, con cui si conclude il racconto della Antapodosis di Liutprando, narra il viaggio che fece da Pavia a Costantinopoli. Berengario, avendo intuito il valore di Liutprando, gli affidò una missione diplomatica. Giunto nella corte imperiale a Costantinopoli, Liutprando rimase ammirato nello scoprire i mirabili palazzi imperiali. In particolare nel libro è impressionante il ritratto dell’imperatore Michele, un uomo dall’umore imprevedibile, capace di mutare atteggiamento in modo improvviso. Infatti quando il suo animo era sopraffatto da un umore nero, chiedeva che fossero condannati a morte i suoi collaboratori. In seguito, dopo il rinsavimento, si informava della loro condizioni di vita, chiedendo che fossero protetti.

Di fronte al trono imperiale a Costantinopoli Liutprando vide, in preda alla sorpresa e all’incanto dei sensi, qualcosa di meraviglioso: il trono imperiale, su cui era assiso l’imperatore, che si sollevava da terra, e una pianta, posta di fronte ad esso, formata da foglie di oro, dai cui rami si diffondeva il canto di tutti gli uccelli. Questo libro di Liutprando, come osservano nei loro saggi i due studiosi che ne hanno curato la edizione nella collana Lorenzo Valla edizioni Mondadori, è fondamentale per capire la civiltà medievale e un periodo fondamentale della cultura europea.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:30