L’Operetta Burlesca di Emma Dante

L’Operetta? È solo “Burlesque”, secondo Emma Dante che, fino al primo novembre, va in scena con questo stesso titolo al Teatro Vittoria di Roma, all’interno della rassegna Romaeuropa Festival 2015. “Operetta Burlesque” è il racconto di uno specialissimo calvario. Quello di Pietro, il protagonista, che si ritrova con la mente e le passioni emotive e sessuali di una donna, strettamente fasciate nel corpo di un maschio ben formato. Quattro manichini a misura d’uomo pendono come tanti impiccati sullo sfondo, in attesa di mettere l’abito ad altrettanti momenti topici dello spettacolo, in cui gli attori e il protagonista si vestono e si svestono, disabbigliando progressivamente i “pupi” di pezza (chi non è tale, in fondo?) che rimangono nudi con i loro sessi ambigui, impietosamente esposti all’occhio inquieto dello spettatore. Ogni attimo della scena è inondato dai ritmi forsennati di due ballerini (una “lei” e un “lui”), in cui la figura maschile ha un ruolo doppiamente identitario, che è il riflesso complementare di Pietro: marito di giorno e, poi, amante segreto del protagonista di nascosto, lontano dagli occhi di tutti. Mentre la ballerina improvvisa varie arti: dalla moglie tradita, alla femme fatale, che rappresenta l’aspirazione estrema di Pietro che chiama tutto se stesso a sovrapporsi a quel modello.

L’urlo sommesso e incessante è di dire a tutti “Io sono normale”. Cioè: non guardate l’apparenza. Quella è solo frutto di un capriccio genetico. Io “dentro” sono quest’altro. E ho la stessa sensibilità, le stesse passioni, gli stessi mali d’amore di un qualsiasi altro essere umano. Dov’è il vero problema, allora? Quello che si chiama “déchirure” (lo strappo, la cosa negata): in primis l’ambiente intorno. Intollerante, gretto e pettegolo. Il tormento, cioè, di essere nato in un piccolo centro campano a poca distanza del capoluogo. Napoli, invece, per lui è la città assolata, anonimizzante; la sola realtà che gli consente di evadere, frequentando negozi di abbigliamento e di scarpe (molte paia elegantissime, sono esposte sul perimetro liminare del palcoscenico) rigorosamente femminili. Ed è proprio in una di queste fughe in incognito che Pietro incontrerà il suo grande amore, il titolare del negozio. Che farà in modo di conoscere alla.. filibustera, accusando lo smarrimento di un bracciale che sarà come il fazzoletto di pizzo lasciato cadere appositamente in terra, per attirare l’innamorato in un primo incontro segreto.

Ma il vero cuore della rappresentazione arriva fino alle viscere di un tormentato rapporto figli-genitori all’interno di una famiglia siciliana tradizionalissima, trapiantata in Campania. Il padre (un grandissimo Carmine Maringola) è un nerboruto e violento (almeno nei modi e nelle parole dette in dialetto stretto) titolare di un distributore di benzina che diventa maschio, quando si slaccia la camicia e mostra il petto villoso, e femmina quando la riallaccia aggettando una voce baritonale in falsetto, per recitare il ruolo di una mamma che, armata di ventaglio, sfoggia dietro quelle piume la sua educazione ipocrita, perbenista e conformista. Fino a ripetere alla nausea, a quel figlio così intollerabilmente “diverso”, un ritornello vuoto di senso: “sposati; fatti una famiglia; dacci un nipotino e, poi, tradisci pure tua moglie con chi vuoi tu. Anche con un uomo, se ti aggrada”.

Ma Pietro (un indimenticabile Roberto Galbo), lottando con tutte le sue forze, anche contro l’iracondia paterna, non può e non vuole accedere al sottoscala dei suoi sentimenti, che considera puri e onesti. Perché, giustamente, lui in amore non tradisce mai ed è capace di sfidare le convenzioni in modo lacerante, aperto e drammatico, come ci racconta nella descrizione del suo incontro con la moglie di lui, dopo che il suo amante gli ha rivelato - a seguito delle richieste insistenti di Pietro di costruire un “normale” menage di coppia - di essere sposato con figli!

Del resto, già dalle “Fate ignoranti” molti di noi avevano potuto prendere visione di questo tipo di vita doppia, che molti uomini bisessuali e finti etero conservano nei confronti delle proprie mogli o compagne legittime, le quali - come accade sempre più spesso nella vita reale - vengono a conoscenza degli amanti maschi dei mariti solo dopo la loro morte!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:32