I 33 minatori in tour col film della Warner

La miniera non li ha risarciti lo stato nemmeno e loro non lavorano più nelle miniere d’oro del Cile. Per i 32 minatori cileni con il loro collega boliviano, estratti uno ad uno la notte del 13 ottobre del 2010 da quella che poteva ormai essere considerata una tomba d’oro, è già tanto ancora tutti insieme. Magari in tournée, per presentare il film distribuito dalla Warner in Italia, “I 33”, che uscirà il prossimo 13 novembre in tutte le maggiori sale italiane. E che martedì scorso, 13 ottobre 2015, a cinque anni dal miracoloso salvataggio, è stato proiettato in anteprima al cinema Fiamma di Roma, con tutti loro presenti.

Una vicenda che è un raro esempio di come l’avere trasformato la disgrazia iniziata il 5 agosto 2010 alle 14 in evento mediatico (i familiari chiamarono le tv e i giornalisti di tutto il mondo ad assistere all’evoluzione della vicenda minuto per minuto per tutti e 59 i giorni di durata) abbia contribuito al positivo esito finale.

Pare che quasi un miliardo di persone abbia seguito in diretta video il trasbordo dei minatori, uno per volta, nella capsula Phoenix due usata a mo di ascensore dalle viscere della montagna sino all’aria aperta dell’indimenticabile notte del 13 ottobre 2010. In compenso, in casi analoghi in Cile, nella maggior parte delle volte che si erano presentati, la prassi era di lasciare i minatori seppelliti nella loro tomba fatta di rocce che contengono l’oro. Senza far trapelare la notizia se non dopo molti giorni. In Italia il nostro Alfredino Rampi il 10 giugno del 1981 non ebbe altrettanta fortuna uscendo cadavere da quel maledetto pozzo di Vermicino.

Per la cronaca la miniera, di oro e rame, che era di proprietà della compagnia San Esteban (Alejandro Bohn e Marcelo Kemmeny, i nomi dei maggiori azionisti), era stata già chiusa in passato. L'ultima volta nel 2007, quando un incidente aveva causato la morte di un minatore. Antonio Banderas nel film interpreta il leader e il portavoce di tutti e 33 i minatori, 32 cileni e uno boliviano, cioè Mario Sepulveda, che l'altra sera era tra i presenti in sala. Altri attori di richiamo sono Juliette Binoche e Josh Brolin.

Va ricordato che i 33 minatori dopo l’ubriacatura mediatica dei giorni successivi alla liberazione che fu seguita in diretta anche dal presidente Obama (la trivella che riuscì a perforare la roccia dopo il diciassettesimo giorno di permanenza sottoterra, consentendo di portare cibo e acqua prima che si studiasse un piano per la liberazione finale con la capsula Phenix due, un mini ascensore che li riportò in superficie uno alla volta, era di fabbricazione statunitense) non ebbero giustizia. Tanto che alcuni di loro ebbero problemi di droga e alcoolismo prima di ritrovarsi di nuovo uniti per partecipare come consulenti alla sceneggiatura del film per il quale hanno ottenuto sinora tredicimila euro a testa dai produttori. E si spera avranno qualcosa di più dalla distribuzione Warner se l’evento sarà come probabile un successo. Peraltro la pellicola ha accenti molto commoventi anche se tralascia del tutto di entrare nelle responsabilità governative del dopo salvataggio. Anzi, nel film diretto da Patricia Riggen viene sin troppo esaltato il ruolo del ministro dell’industria e delle miniere di Santiago, mentre si tralascia di sottolineare come all’epoca dei soccorsi, pochi minuti dopo il salvataggio di tutti i minatori, il presidente Sebastian Pinera aveva promesso che i responsabili del disastro sarebbero stati portati davanti alla giustizia. Mentre in realtà il procedimento si è chiuso con un’archiviazione e nessun risarcimento per gli ormai mitici 33. Mitici perché i cileni non li hanno dimenticati e di fatto li hanno messi appena un gradino sotto gli Intillimani. E proprio Mario Sepulveda, il loro leader carismatico, eletto tale durante la permanenza sotto terra ad oltre 700 metri di profondità (i compagni ebbero fiducia in lui in quanto ex ufficiale dell’esercito cileno) dopo l’esito del processo penale che vide andare assolti i proprietari della miniera, rilasciò una dichiarazione scioccante: “Oggi vorrei scavare un profondo buco e seppellirmi di nuovo, solo che questa volta vorrei che nessuno mi trovasse”.

Ieri invece i 33, compreso quello che aveva la mania di fare l’imitazione di Elvis Presley e che appunto era stato soprannominato Elvis dai suoi compagni, erano in vena di ridere.

@buffadimitri

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:33