Expo 2015 sta finalmente volgendo al termine, ma le chiacchiere e le polemiche non sembrano esaurirsi. Uno degli aspetti più in ombra di questa storica Esposizione Universale è certamente quello legato ai teatri milanesi ed al rapporto con la città lombarda. Per chi non lo sapesse, la maggior parte delle sale meneghine ha calibrato la stagione 2015 proprio in funzione dell’Expo, aprendo il sipario perfino ad agosto! Sono stati così scelti titoli “speciali” per attirare l’attenzione dei visitatori stranieri; sono stati predisposti costosi sopratitoli in inglese; sono state organizzate promozioni ad hoc...
L’intento era assolutamente logico: captare una piccola percentuale dei visitatori dell’Expo per riempire le platee di Milano durante i sei mesi dell’Esposizione. Di giorno si sarebbero visitati i padiglioni, di sera si sarebbe assistito agli spettacoli proposti in città. Ben presto, tuttavia, i direttori dei teatri hanno dovuto sbattere il muso contro una dura realtà... anzi, contro l’Expo! Ebbene sì, il peggior nemico dei teatri è stato proprio l’Expo: un moloch sordo alle proposte della città e cieco alle istanze dei cittadini. L’apertura low-cost serale è stata il colpo di grazia per i teatri, ma non certo l’unica causa di tutti i mali.
Per farla in breve, Expo 2015 ha completamente ignorato, volontariamente, le proposte avanzate dai teatri milanesi limitando la propria attenzione (scarsa a dire la verità) solo su “Allavita!”, lo spettacolo ufficiale dell’Esposizione prodotto dal Cirque du Soleil che ha chiuso i battenti il 30 agosto (col conto in rosso!). Tralasciamo la polemica sulla convenienza di scegliere uno spettacolo canadese come titolo ufficiale dell’Esposizione Universale Italiana e tralasciamo anche i dati del Teatro alla Scala, che rimangono pur sempre i risultati di un teatro d’eccezione, una vera isola felice, per nulla paragonabile alle altre realtà del Paese. Concentriamoci invece su un paio di produzioni, 100 per cento italiane, completamente ignorate da Expo. Parliamo principalmente di due titoli che a nostro avviso avrebbero potuto attirare migliaia di spettatori italiani e stranieri: “Pinocchio, il Grande Musical” (nella foto) e “I Promessi Sposi. Opera moderna”. Collodi da un lato e Manzoni dall’altro.
Il musical Pinocchio, diretto da Saverio Marconi e prodotto dalla Compagnia della Rancia, è considerato uno dei titoli più riusciti negli ultimi vent’anni del teatro musicale italiano. Grandi professionisti in scena (Manuel Frattini su tutti) e una colonna sonora composta dai Pooh. La Rancia ha voluto così celebrare Expo 2015 riallestendo per l’occasione, al Teatro della Luna, il suo più grande successo. La Compagnia della Rancia aveva perfino proposto di far sfilare sul decumano dell’Esposizione la grande parata di Pinocchio, portata nel 2010 per le strade di New York al Columbus Day. Un “niet” sovietico è stata l’incomprensibile risposta da parte degli organizzatori dell’Expo!
Stesso discorso per “I Promessi Sposi” di Michele Guardì e Pippo Flora. Più che un “musical”, gli stessi autori lo definiscono “opera moderna”, ma il risultato non cambia: in scena oltre 50 artisti (Giò di Tonno tra gli altri) che fanno rivivere al Teatro degli Arcimboldi il grande capolavoro manzoniano. Vedere l’opera del Manzoni rappresentata a Milano è un po’ come assistere ad un concerto di Mozart a Salisburgo: un’esperienza unica!
Insomma, due opere miliari della letteratura italiana messe in scena come si deve da gente che di teatro se ne intende per davvero. In entrambi i casi le produzioni hanno cercato un contatto, un supporto, un appoggio in Expo, ma il risultato è stato umiliante: ad Expo non importa assolutamente nulla se Marconi porta Collodi al della Luna o Guardì porta Manzoni agli Arcimboldi. Ciascuno pensi per sé, che Expo non pensa a nessuno! Situazioni simili, anche se meno eclatanti, si sono verificate al Teatro Manzoni ed al Teatro Nuovo. Insomma, ci si aspettava quotidiani sold-out e invece si sono avute solo platee mezze vuote, a dispetto della bellezza degli spettacoli proposti. Eppure bastava poco. Sarebbe stato sufficiente informare i visitatori con dei led wall con il classico “Stasera in scena”, approfittando magari delle lunghe ore di coda necessarie per accedere ai padiglioni. Sarebbe bastato anche solo realizzare un corner nello stile del Ticket Boohts di Time Square con la programmazione teatrale della città e la possibilità di comprare già in loco i biglietti e richiedere informazioni sui teatri e sugli spettacoli. Ma le grandi menti di Expo a questo non sono arrivate e i teatri milanesi sono stati completamente dimenticati.
Sorge il dubbio che la politica di Expo sia stata mirata e che la pochissima attenzione prestata al “Fuori Expo” o all’“Expo in città” sia stata del tutto volontaria: i visitatori dovevano rimanere il più possibile all’interno del perimetro di Expo e quello che accadeva fuori era considerato solo una distrazione. Volevamo un’Esposizione che riflettesse a pieno il nostro Paese? Ecco, ci siamo riusciti benissimo: del resto chi si ricorda mai del teatro in Italia?
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:37