Il “fantastico” italiano   di Giuseppe Sandrini

Esiste nella critica letteraria contemporanea la necessità di stabilire quali autori abbiano esercitato nella storia letteraria del nostro Paese una vera influenza sui grandi scrittori del Novecento. Risponde a questo bisogno “Le Avventure della Luna”, un libro da poco edito dalla Marsilio, di cui è autore Giuseppe Sandrini, studioso di letteratura e professore all’Università di Verona.

Sandrini, attraverso un’analisi di rara chiarezza e di esemplare rigore critico, ha individuato nell’opera di Giacomo Leopardi una tendenza legata al fantastico che ha avuto molti seguaci ed epigoni nella cultura letteraria italiana. Infatti Italo Calvino, nelle celebri e fondamentali “Lezioni Americane”, nel primo capitolo dedicato alla “Leggerezza”, individua nell’opera di Leopardi un modello insuperato sia per lo stile sia per la lingua. Questa lezione di Calvino si apre con la descrizione di Perseo che si allontana dalla Medusa, che rappresenta il mondo pietrificato, e con leggerezza si sospinge verso l’aria e la luce per dare immagini lievi al desiderio di felicità che vi è nell’animo umano. Leopardi, nota acutamente Calvino nella sua prima lezione, dà alla felicità irraggiungibile immagini di leggerezza che evocano la luce lunare. È fondamentale riflettere intorno al rapporto tra il conte Philosophique e il Conte Fantastique, poiché entrambe queste figure rappresentano due facce della stessa medaglia, accumunate dal primato della immaginazione.

Il fantastico, la cui espressione più compiuta può essere trovata nelle “Operette Morali” di Leopardi, costituisce una della manifestazioni più importanti della tradizione letteraria italiana, povera di romanzieri e ricca di poeti. Dalla tradizione letteraria del fantastico derivano molteplici e diversi modelli stilistici: la cifra stilistica surreale, quella metafisica, quella magica. La presenza del pensiero del poeta di Recanati si nota nelle altre lezioni di Calvino, in cui vengono trattate l’esattezza e la rapidità della scrittura narrativa e letteraria. Per Leopardi, rappresentare il vago e l’indeterminato con il linguaggio letterario e poetico, è necessario cogliere con i sensi il molteplice che si manifesta nella natura. Per Calvino è la precisione nella descrizione della realtà che consente di raffigurare il vago e l’indeterminato. Ciò che colpisce nell’opera di Leopardi è lo sguardo disincantato con cui, secondo Calvino, il poeta osserva con amarezza, angoscia, dolore e lucidità la natura e la sua crudele indifferenza. Nella sua opera “La giornata di uno scrutatore”, l’Io narrante, per polemizzare contro chi ha una visione rassicurante e provvidenziale della natura, trovandosi al cospetto della umanità sofferente del Cottolengo di Torino, evoca il pensiero di Leopardi sulla natura in cui è inscritto il male.

Ma per capire cosa sia lo stile e stabilire un confronto tra le Operette Morali di Leopardi e le “Cosmicomiche” di Calvino, è fondamentale considerare che lo stile risiede nella capacità dell’uomo di vivere esteticamente ed eticamente un rapporto conoscitivo con il mondo e la natura, divenendo per questo capace di analizzare e descrivere sia il primo sia la seconda. Tuttavia, mentre le Operette Morali, si pensi al dialogo tra Plotino e Porfirio oppure a quello tra la luna e la Terra, sono un’opera di filosofia che fa costante riferimento alla mitologia classica per mascherarne l’illusoria inconsistenza, le Cosmicomiche di Calvino muovono e traggono origine da presunte teorie scientifiche, che offrono il pretesto per dare libera espressione alla creatività fantastica del loro autore sull’origine del mondo e della vita.

Un racconto contenuto nella Cosmicomiche, intitolato “La distanza dalla luna”, evoca il dialogo, presente nelle Operette Morali, tra La Terra e la luna. Ma in che senso il fantastico, che ha nella opera di Leopardi un modello di inarrivabile perfezione stilistica, deve essere inteso? Nello “Zibaldone”, in cui Leopardi ha sperimentato felicemente diversi generi di scrittura, da quella narrativa a quella filosofica, il poeta di Recanati afferma che l’immaginazione è capace di stimolare l’intelletto. Nello Cosmicomiche, nota Giuseppe Sandrini, vi è un corto circuito tra scienza e mito. Tuttavia la mitologia antica, come notava Leopardi nel “Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica”, è un archetipo profondo della mente umana su cui non si può ironizzare.

La letteratura è un’operazione fantastica che utilizza forme espressive diverse, restituendo l’immagine perfetta che è data da un insieme di visioni mitiche e oniriche. Per Sandrini, vista la presenza della luna nei Canti di Leopardi come satellite a cui il poeta solitario e tormentato rivolge i suoi profondi interrogativi, il miracolo del poeta di Recanati è stato quello di avere tolto ogni peso alla lingua poetica, fino a conferirle una levità stilistica che evoca la dolce e malinconica luce lunare. Calvino è anche l’autore di un racconto intitolato “Le figlie della Luna”, nel quale Diana dentro la città metropolitana di New York cattura il satellite, inseguendolo fino al momento in cui si inabissa in un lago. Questo racconto Sandrini lo pone a confronto con il frammento poetico di Leopardi, intitolato “Lo spavento notturno”. In questo frammento poetico viene descritto un dialogo tra Alceta e Melisso, nel quale si racconta di un sogno in cui in forma di incubo la luna era caduta sulla Terra, lasciando vuoto il cielo e la sua orma. L’assenza della luna dal cielo, nel sogno commentato da Alceta e Melisso, in seguito alla sua caduta sulla Terra, dà forma al sentimento di angoscia che la mancanza e la privazione provocano nell’animo di Leopardi. Ovviamente non bisogna dimenticare l’opera di Ovidio e di Ariosto, due poeti amati sia da Leopardi sia da Calvino. Infatti nelle “Metamorfosi”, come accade nel racconto di Calvino “Le figlie della Luna”, Medea con le arti magiche riesce a catturare la luna per condurla sulla Terra.

Nell’Orlando Furioso di Ariosto la luna è vista come il rovescio della Terra, in cui si reca Astolfo per recuperare il senno perduto da Orlando. Da questa tradizione deriva l’opera cinematografica di Federico Fellini “La voce della Luna”, tratta da un libro di Ermanno Cavazzoni. Il fantastico, infine, inteso nei termini fissati da Calvino con riferimento all’opera di Leopardi, ha influenzato l’opera di scrittori quali Tommaso Landolfi e Antonio Delfini.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:30