Anche la biblioteca è stata occupata

Si sono persi nell’ultimo lustro quasi 3 milioni di lettori. Sei italiani su dieci non leggono un libro che sia uno, né di carta né digitale. Tutto è così affidato ai restanti quattro cui si devono 1,2 miliardi di vendite cartacee e 200 milioni di libro digitale. C’è poi la questione Amazon. Il colosso americano, distributore libraio mondiale, sta devastando il tran-tran europeo destando reazioni sindacali tedesche, fiscali italiane, di diritto d’autore in sede generale. Eppure il catalogo ufficiale delle biblioteche conduce il cliente proprio all’offerta della multinazionale.

Non ci sono più vie di mezzo né tra chi legge e chi no e neppure di economie di scala. L’ampio sistema della lettura, dalle biblioteche ai bibliotecari ai bibliofili fino alle kermesse dei premi, non vi bada troppo. Ciascuno bada solo agli inevitabili tagli. Nella capitale l’“Istituzione Biblioteche di Roma” (che raggruppa 39 biblioteche comunali) dovrà fare a meno di 6 milioni di euro, della sede di rappresentanza di via Zanardelli e di 30 operatori finora prestati dall’azienda Zètema che a sua volta ci rimetterà 3 milioni. Non è però per questo che si respira aria di guerra nelle silenziose sale di lettura. Il sindaco Ignazio Marino, che non si risparmia nulla, ha deciso di chiudere dopo vent’anni l’autonomia gestionale delle 27 biblioteche, dei 14 bibliopoint scolastici, delle 10 biblioteche federate ed altre specializzate e di altri 60 punti di accesso dedicati a ben 650mila habitué. Con lo scioglimento del Consiglio di amministrazione dell’istituto, nominato dallo stesso sindaco dopo lunghi ripensamenti solo nel luglio scorso, l’amministrazione non risparmierà nulla, dato che la presidente Paola Gaglianone (giornalista Rai) ed i consiglieri Sandra Giuliani, Paolo Carini e Giampaolo Rossi non percepiscono nulla per la loro attività. È un dato di fatto che le biblioteche siano nell’estesa area romana il primo, e per le periferie l’unico presidio culturale territoriale, anche e soprattutto per merito della passata gestione del presidente Francesco Antonelli. La reductio dell’istituto a dipartimento non trova motivazioni se non nel desiderio di maggiore potere coltivato dall’assessore comunale alla cultura, Giovanna Marinelli. Detto questo, il network romano resta un’occasione mancata, pensando soprattutto alla morìa delle librerie private. L’istituto può comprare libri, video ed e-book solo per 200mila euro l’anno, oberato com’è da 11 milioni per il personale ed un altro milione e mezzo tra utenze, manutenzione e pulizie. Il suo è un caso rappresentativo, non solo dell’arroganza della politica ma anche delle difficoltà di un modello generale.

Ci si poteva attendere in quest’occasione una riflessione su un nuovo ruolo della biblioteca, d’investimento, di raccolta sponsor, di sharing antipirateria, di coabitazione pubblico-privato e di semplificazione a ruolo delle diverse qualifiche istituzionali. La scontata reazione assembleare degli addetti, nell’immediatezza della notizia, non ha toccato neppure uno di questi temi. Neanche un accenno alla coincidenza dell’importo dei tagli (una cifra uguale all’importo del danno subito dalla città per furti di rame su elettricità e telefonia) ai cui responsabili si intende affidare il recupero rifiuti. Neanche un cenno di vergogna all’idea di chiedere, con apposita campagna, libri in regalo, ai già tassati cittadini. Nell’assemblea, uno dopo l’altro, i convenuti spesso senza titolo (visitatori, studenti, sindacalisti, consiglieri comunali, membri di associazioni) hanno enfatizzano all’inverosimile le biblioteche. Testimoniato rispetto alla giunta. Stigmatizzato, così a caso, la destra al governo di ieri, all’opposizione di oggi. Applaudito Tsipras. Mescolato lettura con i soliti ed infiniti beni comuni. La possibile riflessione è stata, anche fisiognomicamente, “la solita scaciata assemblea de sinistra”, senza neanche lo storico mordente, schiacciato dalla suscettibilità renziana. Un’assoluta prova di disinteresse per gli “altri”, quelli entrati in biblioteca 2,5 milioni di volte l’anno. In prima fila, anche la presidente della commissione cultura capitolina, consorte del ministro Dario Franceschini, che piangeva la (quasi) perduta autonomia locale e si consolava per la nuova aula della biblioteca nazionale inaugurata dal marito. Insieme hanno stigmatizzato i tagli che poi voteranno (o che hanno votato), si sono preoccupati per il nuovo fronte bibliofilo aperto dal partito dell’occupazione abusiva che ha invaso l’abbandonata mediateca Rossellini. E felicitati per l’aiuto che a tali problemi potrà dare la new entry del Cda di Zètema, Andreina Marinelli junior, classe ‘62.

Perché nella cultura, come nel resto, il vero investimento è sempre la famiglia. Che legga o no.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:25