“Parole alla sbarra”

“Silenzio! Introducete l'imputata!” “Okay”. “Cancelliere, qui processiamo le parole straniere e lei invece di ‘sì’ ha detto ‘okay’”. “Okay è l’imputata, signor Presidente”. “Eccomi qua! Ai em… Okay!”. “Un po’ di contegno, prego!... Lei è accusata di corruzione e inquinamento della lingua italiana!” “Ma io essere venuta in Italia per rendere cose più facili, per sistemare, mettere a posto, okay? Qui tutto complicato, con okay tutto più semplice”. “Declini le sue generalità”. “Ai, cioè io, non avere generalità”. “Come sarebbe? Qui c’è scritto che lei è nata il 22 marzo del 1839 nel ‘Boston Morning Post’”. “Okay, ma come O, punto, K, punto: una sigla. Tutti avere cercato mio significato, ma chi dire me nata da greco Ola Kalà (tutto bene), chi da russo, chi da fantomatico ‘O.K. Club’, dove O.K. essere iniziali di Old Kinderhook, nomignòlo di presidente Martin Van Buren, chi da Otis Kendall, uno portuale addetto controllo merci che su casse, se buone, scriveva sue iniziali: O.K.”. “Signor Presidente…” “Dica, avvocato”.

“C’è anche chi sostiene che Okay sarebbe nata per sbaglio, cioè da un errore di trascrizione al tempo del presidente americano Andrea Jackson, ai primi dell'Ottocento, il quale, essendo costretto a vistare in continuazione documenti, lettere e altro, un giorno, invece di scrivere per intero ‘Ordinato, Registrato’, scrisse solo le due iniziali maiuscole: O.R. Sennonché la R fu scambia¬ta per K, che in inglese si legge Kei, e così venne fuori Okay”. “Se è per questo, caro collega, c’è anche chi fa derivare la parola da ‘Oll Korrect’, cioè da un altro sbaglio, perché hanno scritto Oll al posto di All, che significa ‘tutto’. Comunque nel vocabolario italiano ‘Okay’ nasce nel 1931 e nella lingua scritta la si trova per la prima volta nel 1951”.

“No no no no! Tutto questo essere inutile, useless: io sapere esattamente dove e quando essere nata, anzi, io essere in assoluto prima parola di mondo, pronunciata da Dio”. “Ma va’!” “Sì, sì”. “Ha detto sì, ha detto sì!!!...”. “Bibbia dice ‘In principio era parola, parola era Dio e tutto è stato fatto per mezzo di parola’, cioè con materia stessa di Dio. Okay? E Bibbia dice ancora che Dio per ogni sua creazione diceva che era buona. Ma ai, io, in verità vi dico che diceva ‘Okay’, facendo pure gesto di mano, con pollice e indice chiuso. Così!” “Procediamo, procediamo!

La parola alla Pubblica Accusa!” “Grazie, signor Presidente. Date le premesse, chiedo che l'imputata, oltre che per corruzione e inquinamento della lingua italiana, sia incriminata anche per falso in atto pubblico, per appro¬priazione indebita e sostituzione di persona, e che perciò sia restituita alla sua terra di origine”. “Ah, voi volere mandare me a quel paese, quando io esse¬re di casa in tutto il mondo?! Okay, okay. Ma io protestare, io dire tutto a presidente americano, io fare appello ad ONU. Voi rompere, okay?, voi rompere relazioni con mio paese, e mio paese America a voi non dare più niente! Okay? Capito? “Ma dico, dove siamo arrivati? E dove andremo a finire? Noi non solo permettiamo alle parole straniere di entrare nella nostra purissima lingua, ma accettiamo anche quelle sbagliate! Eh no, Signori, eh no! Okay se ne deve andare.

Se ne torni al suo paese, e tanti saluti a Baràk e barakkini. Gli Americani se li tengano loro i propri sbagli, e non vadano a seminarli di qua e di là come delle noccioline!” “Nocciolina a me? Come si permettere? Se io essere nocciolina, lei essere bruscolino, seme di zucca... pasta¬sciutta, maccarone! Okay?” “Okay un corno! Basta con questa invasione di vocaboli angloamericani. Di questo passo dove arriverà la nostra bella lingua del ‘sì’? Verrà magari un altro Dante, dall’America, e parlando dell’Italia invece di dire ‘il bel Paese là dove il sì suona’ dirà ‘il bel Paese là dove okay suona’! Ma perché, per citare alcuni degli ultimi acquisti, perché dobbiamo dire ‘red carpet’ quando possiamo dire benissimo ‘tappeto rosso’? Io questo ‘red carpet’ me lo trovo sempre tra i piedi, su tutti i giornali, su tutte le riviste. E ‘selfie’? Dico bene, Signor Presidente?” “La colpa è dei giornalisti, i quali spesso usano vocaboli stranieri per snobismo”.

“Già. Ma cosa credono, di essere più apprezzati se, parlando di personaggi famosi, invece di dire celebrità dicono ‘celebrities’? Ora abbiamo anche ‘Jobs Act’. Che io, confesso, non so nemmeno che cosa significhi. Gl’Italiani non parlano più l’italiano, parlano l’ital-english. Come il franglais dei Francesi. Con la differenza che i Francesi cercano almeno di contenere questa invasione: per citare due soli esempi, invece di ‘computer’ dicono ‘ordinateur’, invece di ‘mouse’ dicono ‘souris’”. “Basta così. La parola alla Difesa!” “Grazie, Signor Presidente. Innanzitutto vorrei ricordare che qui si processano le parole, non le lettere dell’alfabeto, e Okay non è una parola, ma giustappunto sono due lettere: O e Kappa, come la pronunciamo noi. In poche parole una sigla. E poi Okay è un vezzo, una carezza, un apostrofo rosa! L’Accusa ha tirato in ballo Dante e la lingua del ‘sì’. Ma Okay non è soltanto ‘sì’, è anche ‘va bene’, ‘esatto’, ‘d'accordo’, ‘arrivederci’, ‘ci vediamo al bar’.

La lingua inglese ha il merito della sintesi, una sola parola è capace di dire tutto. Noi invece, molto spesso, facciamo giri e giri di parole senza dire niente. Noi diciamo ‘sì, cioè no’ (lo dicevamo spesso nel Sessantotto), gl’Inglesi quando dicono ‘okay’ è okay e basta. Per noi la lingua è uno strumento di potere (lo vediamo coi politici, coi sindacalisti: parlano, parlano ma nessuno li capisce), per gl’Inglesi la lingua è uno strumento di conoscenza, anche per le persone incolte”.

“Okay, okay, bravo, just man!...” “Silenzio, silenzio!” “E poi bisogna distinguere. Ci sono parole inglesi assolutamente necessarie, in tutte le lingue, non solo in quella italiana: che ci mettiamo al posto di ‘quiz’, che fra l’altro deriva dal latino ‘inquisitio’? E’ un esempio forse unico di quanto siano pratici e svelti gl’Inglesi, che a quel vocabolo hanno dato una scorciatina alla testa e una ai piedi e di un quadrisillabo ne han fatto un monosillabo. Ci lamentiamo delle parole inglesi che entrano nella nostra lingua, o che noi, piuttosto, facciamo entrare, ed è servilismo linguistico quando le usiamo senza alcuna necessità. Ma l’inglese a sua volta è zeppo di parole che derivano dal latino e dalle lingue romanze.

Per non dire che il linguaggio musicale degli Inglesi è pieno di parole italiane, come ‘adagio’, ‘andante’, ‘allegro’… E poi, dico, il nostro ‘Ciao’ non è una parola universale?”. “Avvocato, delle parole universali parleremo in un’altra puntata. Quanto a Okay io penso che prima di prendere una decisione si debbano consultare le altre nazio¬ni europee, per concordare un'azione comune, visto che Okay non circola solo in Italia.

Propongo quindi che la questione sia sottoposta all’esame dell’ONU. La seduta è stolta: chiedo scusa, volevo dire è tolta”.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:35