Quando una telefonata sublima l'amore

Fino al 3 novembre, al Piccolo Eliseo Patroni Griffi, vanno in scena i due monologhi -per protagonista femminile - “La Voce umana” e “Il bell’indifferente”, di Jean Cocteau, per la recitazione di Adriana Asti. La prima delle due opere nasce dalla disperazione dell’autore per la perdita del suo carissimo amico e compagno di vita, Raymond Radiguet. La seconda, invece, fu scritta per Edith Piaf ed entrambe rievocano, tramite un mezzo tecnico (il telefono), lo spazio pieno e vuoto, le profonde lacerazioni cui è soggetta la figura femminile, immersa negli scenari dell’abbandono e dell’indifferenza, autori e registi di una risonanza emotiva dell’amore tradito e umiliato.

Adriana Asti tenta, in questa pièce, davvero l’impossibile, affidando alla sua arte vocale il compito sconvolgente di prevalere sulle sgrammaticature dell’età. Il corpo, quindi, si rende trasparente e inessenziale, al fine di lasciare spazio alla trattazione emotiva, che nasce e muore nel linguaggio parlato, mentre tutto il resto è celato dietro una sobria vestaglia, indossata su di una veste da camera scura, allungata sino ai piedi. Nella prima delle due scene, entrambe disadorne, con grandi letti in primo piano, una poltroncina e un tavolinetto su cui è appoggiato lo strumento “cult” dell’epoca (un telefono nero a cornetta), una donna deve lottare strenuamente con l’etere, per sapere se l’uomo che l’ha appena abbandonata abbia avuto un minimo di ripensamento e di pentimento.

Poiché nella vita comune, come nelle linee telefoniche dell’epoca (affidate alle amorevoli cure di giovani signorine centraliniste), “l’interferenza” è la rimescolatrice degli incontri e delle relazioni tra persone, sulla stessa linea si affacciano voci sconosciute, alla ricerca di voci altrettanto sconosciute, per chi ascolta. Finché, nel groviglio di fili - annodati in centralini ultra congestionati - si affaccia l’unica voce, tra milioni di altre, che una donna perdutamente innamorata vorrebbe sentire: quella del’amato bene. E le corde vocali di entrambi, allora, danzano su ritmi opposti: la richiesta pressante di un rinnovo d’amore, da parte di lei, contro la procedura di disimpegno e smarcamento, da parte di lui, che reclama indietro la sua corrispondenza privata con lei, per poterla distruggere nel fuoco.

Patetica e struggente, a quel punto, la richiesta di lei, di poter avere indietro almeno l’urna con le ceneri di quella carta bruciata. Lo “svuotamento” dei ricordi si fa persino fisico, quando lui richiede indietro altri oggetti personali, che lei trova e, poi, gli risponde facendo finta che non esistano, pur di conservare, almeno, una traccia visivo/olfattiva, un odore, di quello che fu e che, di sicuro, non sarebbe mai più tornato. Perché, al di là del diaframma vibrante della cornetta, oltre quel suono meccanico, quel gracchiare di sillabe in caduta libera, c’è l’amara, dura realtà della presenza - solo intuita - dell’altra, Colei che ha vinto, rubando il colore del cielo a chi ha perduto.

Altrettanto struggente, per livello di depressione indotta nello spettatore, è la seconda parte dello spettacolo, incentrata sul rapporto diseguale e disperato tra una lei e un lui presente/assente. E qui, la figura del maschio è assimilata a una sorta di fantasma incombente, privo di parola, armato soltanto dei suoi muscoli di essere giovane e virile, che trasuda indifferenza e noia, per una donna che, chissà perché, continua ancora a vedere e frequentare, nei termini che gli detta il suo giovane e sconfinato egoismo.

La donna, nella sua visione di maschio navigato, malgrado l’età, diviene un cesto di vimini dove andare a deporre - di rado e casualmente - i suoi bassi istinti, attratto dall’immensa, irresponsabile devozione di lei, che intenta scenate sempre abortite, e coup-de-theatre, che risultano dei diaframmi di carta, incapaci di trattenere, anche solo per un attimo, chi sa di essere padrone del campo e della situazione. Anche in questo caso, suppliche, offerte esplicite di sé, minacce, atteggiamenti compassionevoli, si scontrano con lo sguardo totalmente indifferente e insofferente di lui, che va e viene quando vuole, tanto sa che, per lei, conterà soltanto quell’aprire la porta, di sorpresa, senza preavviso, dopo lunghe notti insonni passate nell’attesa di lui.

Qui, la presenza dell’altra è più marcata, sottolineata da telefonate ricorrenti, che le valgono ripetuti epiteti di donna di malaffare, da parte ella sua interlocutrice, che tenta, invano, di metterla in contatto con il suo giovane amante, che ripete così il suo schema di successo: l’indifferenza sovrana, di chi ama essere inseguito e non insegue mai. Finché dura, ovviamente: fintanto che non arriverà un amore sconvolgente o la dura realtà dell’età avanzata, a fare da giustiziere!

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:14