Pupella Maggio, la

Pupella Maggio, nata a Napoli il 24 maggio 1910 e spentasi a Roma nel 1999, grande attrice di cinema e di teatro è stata la più superba interprete del personaggio di Filumena Marturano nella celebre commedia di Eduardo De Filippo. Nacque figlia d’arte, e come i suoi genitori intraprese la strada del teatro. Insieme a lei anche altri fratelli calcarono le scene; tra questi ricordiamo Enzo, il primogenito, Beniamino, Dante e Icadio e le sorelle Rosalia e Margherita.

Il padre è stato uno dei più grandi capocomici e fine dicitore della storia del teatro partenopeo: Domenico Maggio detto Mimì e la madre Antonietta Gravante, erede della famosa famiglia Gravante, gestori del rinomato circo equestre “Carro di Tespi”. La madre ebbe le doglie proprio durante le prove di uno spettacolo al Teatro Orfeo (oggi non più esistente) e pertanto la piccola Giustina vide la luce nel camerino dello stesso. Il battesimo artistico lo ricevette all’età di circa due anni, quando con la compagnia teatrale del padre rivestì il ruolo della bambola di pezza nello spettacolo di Eduardo Scarpetta “La pupa movibile”. Fu questa partecipazione e il vezzeggiativo datole dal padre Mimì a far sì che la piccola Giustina venisse chiamata affettuosamente “Pupella”.

La scuola la lasciò ai primi anni delle elementari e sin da piccina prendeva parte agli spettacoli diretti dal padre, che in quegli anni riscontrava successo con la famosa sceneggiata napoletana. Seguiva la compagnia per tutte le tournée, ma non le mancarono esperienze lontano dalla famiglia come per la rivista La Rinie n.1. Negli anni Quaranta decise di abbandonare le scene a seguito della morte della madre (1940) e del padre (1943). Trasferitasi a Roma, intraprese il mestiere di modista, ma un’amicizia con alcuni ebrei che nascondeva in casa la costrinse ad andare altrove. Si diresse a Terni dove lavorò in un’acciaieria, per la quale curava le regie teatrali degli spettacoli del Dopolavoro.

La notizia dell’amicizia scottante circolava, quindi dovette andare di nuovo altrove: Napoli, poi Stroncone, ancora Roma e infine Milano. Qui raggiunse sua sorella Rosalia e sempre qui lavorò in una compagnia di rivista al Teatro Nuovo, accanto a Remigio Paone, Carlo Croccolo, Dolores Palumbo e altri ancora. La sua insofferenza migratoria la riportò a Napoli e da lì a qualche anno ebbe modo di conoscere il suo maestro: Eduardo De Filippo. La consacrazione di Pupella come attrice avviene dopo la morte di Titina De Filippo, quando Eduardo le dà la possibilità di interpretare i grandi personaggi femminili del suo teatro, da Filumena Marturano a donna Rosa Priore in “Sabato, domenica e lunedì”, ruolo che Eduardo scrive per lei e che le vale il premio “Maschera D'Oro”, fino alla famosissima Concetta di Natale in “Casa Cupiello”.

Il sodalizio Pupella-Eduardo si ruppe nel 1960, a seguito anche di incomprensioni caratteriali dovute alla severità del maestro, ma si ricucì quasi subito. L’attrice continua a lavorare con Eduardo De Filippo, intervallando il sodalizio con altre esperienze artistiche. Nel 1959 la sua consacrazione quale prima donna l’ottenne grazie al ruolo di Rosa in “Sabato, domenica e lunedì”, personaggio scritto apposta per lei dal grande Eduardo e che le fece vincere tre grandi premi: la Maschera d’Oro, il premio San Genesio e il premio Nettuno. A seguito della prima di una lunga serie di incomprensioni, nel 1960 Pupella si allontanò da Eduardo per lasciarsi dirigere da Luchino Visconti nel testo de “L’Arialda” di Giovanni Testori. Sempre nel 1960 inizia la sua vera e significativa esperienza cinematografica: tra i tanti registi ricordiamo Mario Amendola, Camillo Mastrocinque, Mauro Morassi, per poi passare al grande Vittorio De Sica, Roberto Rossellini, Nanni Loy e l’americano John Huston nel film “La Bibbia”.

Ottenne il Nastro d’Argento alla migliore attrice non protagonista nel 1969 per il ruolo de la prima paziente ne “Il medico della mutua” di Luigi Zampa, accanto al giovane Alberto Sordi. Intanto svariate furono le volte in cui tornò sotto la direzione di Eduardo, ma non mancarono grandi registi come il napoletano Giuseppe Patroni Griffi in testi come “Napoli notte e giorno”, ispirato ai testi di Raffaele Viviani, in “Persone naturali e strafottenti” e nel testo scritto apposta per lei: “In memoria di una signora amica”. Il 1973 fu l’anno del famoso film “Amarcord” di Federico Fellini, vincitore del Premio Oscar come miglior film straniero, al quale Pupella prese parte nel toccante ruolo della madre del protagonista, doppiata però da Ave Ninchi. Nel 1976 divorziò da Luigi Dell’Isola, che aveva sposato nel 1962 e che rimase primo e unico marito.

Dal 1979 iniziarono gli anni in cui Pupella partecipò attivamente alle messinscena diretta da Tonino Calenda in diversi testi che le diedero modo di portare fuori un’interpretazione all’apice della sua maturità. Fu il momento di Brecht del quale Calenda curò la regia de “La Madre”, in una Pupella nei panni di Pelagia Vlassova, un personaggio che grazie all’interpretazione del tutto personale dell’attrice divenne madre napoletana e insieme universale. Nel 1981 è accanto all’amico di sempre Pietro De Vico nello spettacolo “Farsa”, tratto dai testi di Antonio Petito e nel 1983 si riunisce la parte superstite della famiglia Maggio: Pupella, Rosalia e Beniamino vanno in scena diretti sempre da Calenda col testo ”Na sera ...’e Maggio”.

Fu l’ultima volta che i fratelli recitarono insieme, e grazie a questa pièce ottennero il premio della critica italiana per la stagione di prosa 1982/1983 come miglior spettacolo dell’anno e per l’interpretazione particolarmente singolare. Un ictus cerebrale bloccò Beniamino nel camerino del Teatro Biondo di Palermo. Fu la volta del testo di Shakespeare “Amleto”, da cui Calenda scrisse “Questa sera... Amleto”, con la collaborazione di Mario Prosperi.

Successivamente sempre Calenda le pone uno dei testi più famosi del drammaturgo Samuel Beckett: “Aspettando Godot”. Il primo aprile del 1987 ebbe un incidente stradale che la costrinse a fermarsi per qualche tempo. Si trasferì a Todi, confrontandosi successivamente ancora col cinema. Fu la madre (da anziana) del protagonista nel film Oscar “Nuovo cinema Paradiso” (1989) di Giuseppe Tornatore. Nel 1997 scrisse e pubblicò il suo primo e unico romanzo, l’autobiografico “Poca luce in tanto spazio” (Carlo Grassetti Editore).

L’8 dicembre 1999 morì all’ospedale Sandro Pertini di Roma per emorragia cerebrale, lasciando un grande vuoto nel mondo dello spettacolo italiano. Qualche mese prima, durante un afoso mese d’agosto, aveva partecipato al film “Fate come noi” del giovane regista Francesco Apolloni, che rimane la sua ultima apparizione. Riposa al cimitero romano di Prima Porta.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:25