“Ma tu vulive 'a pizza” simbolo di Napoli

Se c’è una cosa che sta funzionando in Campania è il comparto agroalimentare e se c’è un settore che può considerarsi trainante è proprio la pizza che, oltre ad affondare le radici in una tradizione antichissima e poco esplorata (a parte il libro del professor Mattozzi e la guida di Monica Piscitelli), rappresenta un cibo antico che si è trasformato in qualcosa di estremamente moderno.

 Infatti, mentre per la crisi e i costi della manodopera i ristoranti hanno man mano diminuito il loro volume d’affari, una pattuglia di pizzaioli ha approfondito e fatto ricerche sulla materia prima (le farine, l’olio, il pomodoro), per cui la pizza non è più l’alimento povero ma è un cibo completo che soddisfa palati semplici ed esigenti, restando però ancorata alla sua anima popolare. Grazie alla promozione e organizzazione dell’Associazione Pizzaiuoli Napoletani, dal 3 all’8 settembre scorsi il lungomare partenopeo si è trasformato nella pizzeria all’aperto più grande del mondo, con 30mila metri quadrati di allestimento, 4.500 posti a sedere e 45 forni a legna in funzione. Il modello cui s’ispira la manifestazione è quello dell’Oktoberfest di Monaco di Baviera, con la speranza che possa divenire motivo d’attrazione turistica per un cibo popolare in tutto il mondo.

Per chi volesse poi conoscere la vera storia della pizza napoletana, partendo dalle pizzerie storiche che dai Borbone ad oggi hanno determinato la nascita e la diffusione nel mondo di questo prodotto tipico, è stato allestito un museo al coperto nei giardini del lungomare con oltre 200 pezzi, dai ferri del mestiere al vestiario originale dei pizzaioli d’epoca, dagli strumenti per la realizzazione alle immagini storiche legate al prodotto, costituendo un percorso unico e affascinante.

 “La pizza napoletana è un alimento completo che tutti dovrebbero concedersi una volta alla settimana – ha detto Gianvincenzo Barba, nutrizionista dell’Istituto di Scienze dell’alimentazione del Consiglio nazionale delle ricerche, non nascondendo il suo debole per la pizza – Se preparata seguendo la tradizione, la pizza rappresenta un alimento molto nutriente anche per i più piccoli”. La pizza classica rappresenta un vero e proprio pasto che ha un buon mix di grassi e proteine nutrienti con un apporto di circa 600 chilocalorie. Infatti, nella pasta della pizza si trovano i carboidrati, nel formaggio le proteine di origine animale del latte mentre i grassi arrivano dalla mozzarella e dall’olio d’oliva.

L’unico difetto “calorico” che si può trovare alla pizza è quello di usare troppo sale che, già presente nell’impasto, oltre che nel sugo e nel formaggio, sarebbe meglio ridurre gradatamente. La pizza tradizionale viene cotta nel forno a legna. Questa modalità di cottura elimina batteri e altri pericoli a livello microbiologico. Anche se gli amanti della pizza la vorrebbero mangiare tutti i giorni, l’ideale sarebbe consumarla una o due volte a settimana, specialmente a cena perché, se fatta e cotta bene, è facilmente digeribile e non influisce negativamente sul sonno notturno. Per i bambini è consigliabile una pizza mignon.

Le pizze migliori sono le più semplici, ossia la margherita e la marinara, più leggere ed equilibrate. Ma ogni tanto vale la pena cambiare e provarne altre, magari quelle con i vegetali per aggiungere qualche nutriente in più al pasto. Le pizze moderne, tipo wurstel e patatine, non sono da considerare vere pizze e l’apporto nutrizionale è completamente diverso per la presenza di grassi animali. La pizza napoletana e la romana sono diverse: l’una deve rigorosamente essere cotta nel forno a legna, l’altra, che adopera quello elettrico, diventa più croccante ma il sapore è ben diverso. Sostanziali differenze ci sono anche tra la pizza al taglio e quella tonda.

La pizza al taglio ha un maggiore apporto di grassi vegetali. perché non è preparata e consumata subito per cui, per mantenerne la fragranza, all’impasto sono aggiunti maggiori quantità di grassi, facilmente riconoscibili quando, dopo il consumo, le mani restano molto unte, cosa che non accade con la pizza napoletana tradizionale. Ed infine un cenno alle pizze fritte, buone ma più pesanti, da mangiare con parsimonia, sperando che l’olio per la frittura non sia stato adoperato molte altre volte. Per accompagnare il più classico dei piatti tipici napoletani nel menù si trova davvero di tutto, dalla birra al vino bianco fino ad ogni genere di bevande più o meno gassate.

Le preferenze personali hanno sempre la meglio, ma molti avventori chiedono spesso consiglio ai titolari di ristoranti e pizzerie o a semplici appassionati per essere guidati nella scelta delle bevande. Così in tanti scoprono e sperimentano nuovi accostamenti, anche grazie alle mode del momento. Aziende produttrici, addetti ai lavori e utenti finali sanno che un ruolo importante lo giocano le materie prime delle bibite che devono sempre esaltare e mai coprire la bontà dei cibi cui si abbinano. I pizzaioli snocciolano consigli su come gustare al meglio la pizza, come nel caso dei fratelli Nando e Giuseppe Vesi.

Accanto alle classiche pizze, nel locale del centro storico, c’è quella con il provolone del Monaco Dop: ‘O Munaciello, pizzella di pasta fritta farcita con un trancio del pregiato formaggio. E poi c’è la pizza bianca con noci e basilico e tante gustose specialità. Giuseppe Vesi sostiene che la richiesta più comune per esaltare la pizza è una buona birra, di ottima qualità, ma molti chiedono anche vino e bibite fredde gassate. Giuseppe Barone, titolare della pizzeria ristorante “Peppe ‘a Quaglia” di Volla non ha dubbi: nel suo locale con forno a legna, dove gli ingredienti vesuviani sono di casa, alla pizza s’accompagnano diverse bevande, dalla Coca Cola alla gassosa e alla birra ma predomina il vino locale che esalta la bontà sia degli ingredienti utilizzati nell’impasto sia di quelli adoperati per arricchire ogni singola pizza, proprio come il caratteristico pomodorino del piennolo.

Un’usanza tutta napoletana, quella di consumare un espresso e pagarne due, lasciando il secondo a disposizione di sconosciuti meno fortunati, da qualche tempo, per iniziativa di alcuni pizzaioli, si applica anche alla pizza: è una forma di ridistribuzione che non umilia e gratifica chi dona, vero esempio di autentico altruismo napoletano.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:31