Le mappe dei

"Viaggiatori di nuvole" è il nuovo romanzo di Giuseppe Lupo, docente di letteratura italiana moderna e contemporanea dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e già finalista al Campiello nel 2011. La trama, epica e avventurosa, è la storia di Zosimo Aleppo, torchiatore d’origine ebraica al servizio del gigante fiammingo Erasmo Van Graan nella sua stamperia di Venezia. È l’autunno del 1499 quando Van Graan affida al suo giovane garzone una missione: trovare le pergamene che un misterioso ragazzo, da tutti chiamato chierico Pettirosso, si porta dietro nelle bisacce. Inizia da questo momento l’avventura del protagonista, il quale parte da Venezia, giunge a Mantova, Milano, in Francia, nelle terre intorno a Napoli, fino alla Basilicata, snodandosi lungo una geografia ascensionale che sembra perdere man mano le sue coordinate.

La ricerca delle pergamene diventa un’ossessione vagabonda, una scommessa con la sorte: nel suo cammino Zosimo incontra mercanti, cavalieri, tavernieri, spioni, uomini del clero; si finge pittore, marito, poeta, soldato mercenario per trovare le chiavi di accesso alle pergamene. La figura del protagonista, al galoppo di Abenante, ha in sé tutta la modernità dei cavalieri erranti, i quali, considerati folli da chi li osserva nelle loro titaniche imprese, girano in lungo e in largo alla recherche di qualcuno o di qualcosa: il senso del camminare del protagonista è essenzialmente il senso della scoperta del mondo, degli altri e, soprattutto, di se stessi. C’è una sottile simmetria tra Zosimo e Orlando, entrambi viaggiatori in quello straordinario secolo che fu il Cinquecento, periodo ricco di trasformazioni e di invenzioni, passaggio epocale dove l’Italia dominava a livello culturale, crogiuolo di illusioni, utopie e speranze (la storia va intesa come laboratorio di idee, come luogo dove gli uomini inventano il futuro). Storia e finzione, cronache e visioni si mescolano e danno vita ad una vicenda movimentata e fantastica, documentata (lungo il cammino di Zosimo si affacciano i volti di Ludovico il Moro, Isabella d’Este, Francesco Gonzaga, Gilbert de Montpensier, Leonardo da Vinci) ed utopista (basti dire che nelle pergamene vi è descritto un mondo ideale, un futuro possibile, in sostanza, l’idea di mondo dello scrittore).

Il romanzo si struttura in tre parti: la prima e l’ultima sono a focalizzazione interna (il narratore racconta i fatti di Zosimo in terza persona); la seconda, il cuore della storia, raccontata in prima persona, riguarda Ismaele Machelecco, noto a tutti come il chierico Pettirosso, figlio dell’orafo al quale Fra’ Antonio da Bitonto ha lasciato le pergamene. Ismaele narra L’Istoria della sua vita con Montpensiero, partendo dalla storia vera dell’assedio di Atella, città-chiave nella storia parallela di Zosimo e Ismaele, nonché città natale dello scrittore. Protagonisti del romanzo sono anche il vento e gli uccelli, presenze fisse al fianco dei personaggi in molte scene: il primo determina uno spostamento alato sia fisico che immaginario, riporta a memorie lontane o rimanda a proiezioni future; i volatili, invece, indicano sempre qualcosa: destino, conferme dall’aldilà, presagi. Si tratta di ingredienti, così come l’onomastica, i personaggi enigmatici, i detti degli indovini, gli insegnamenti dei padri, il fascino d’Oriente, che rendono ancora più leggera la scrittura di Lupo, che si nutre di fatti storici, sempre databili, di allusioni al romanzo epico-cavalleresco, di rimandi biblici, di elementi picareschi e da fiaba popolare.

 Proprio la potenza della tradizione orale, delle parole, dei racconti, delle parabole sorregge l’itera narrazione: nonostante il ruolo fondamentale svolto dalla carta stampata (i libri come motore della storia, come strumento e, soprattutto, come movimento), l’oralità con la sua forza sovrasta anche la recente scoperta della stampa. L’esistenza stessa delle pergamene si regge sui dicunt, su parole che sfuggono e che vanno perennemente cacciate, parole necessarie per consegnare la memoria ai posteri: «Dicono che Zosimo sia rimasto a bocca aperta mentre Gioacchino Machelecco raccontava dei Re Magi venuti in sogna a fra’ Antonio da Bitonto, seguendo le tracce scritte nei tre libri sospinti dai venti orientali» (p. 231); «Dicono che Zosimo, una volta tornato a Venezia, abbia lasciato la piccola Vitalba tra le forti braccia di Simplicio e che si sia rimesso in viaggio senza nemmeno passare dalla bottega di Van Graan» (p. 232); «Dicono che tornerà con i disegni di questi luoghi per consegnarli a Erasmo Van Graan e farli diventare un magnifico libro di figure.

 Tornerà quando Van Graan meno se lo aspetta» (p. 233). Parole indelebili come quelle delle Scritture o parole immaginarie: le storie degli uomini parlano tante lingue e Lupo cerca di rendere a suo modo il francese del Vicerè, lo spagnolo di Esteban il Castigliano, il veneziano (in realtà una lingua mescolata) di Van Graan. Una lingua per ogni personaggio, che concorre alla maggiore caratterizzazione dello stesso, ma anche una scrittura polifonica, impastata di filastrocche e detti, parole tronche, parlate inventate dallo scrittore, da sempre attratto dal problema del linguaggio e dal desiderio di poter scrivere un giorno una storia in una lingua tutta sua. La lingua utilizzata da Giuseppe Lupo, co-protagonista dell’intero romanzo, al pari dei personaggi, segue l’evoluzione delle storie, la trasformazione dei luoghi, l’andamento del tempo e dei sogni; lo scrittore riporta le parole straniere così come si pronunciano, contribuendo alla fluidità stessa della scrittura e all’invenzione di un’oralità che sa di fabula e di leggenda.

In Viaggiatori di nuvole si disegnano mappe immaginarie, si fanno sogni che non si possono misurare, si corre sopra i tetti, si salta nelle nuvole, si levita da terra e la scrittura va al galoppo dei sogni, come su una giostra dalla quale i personaggi sembrano non scendere mai. Romanzo d’avventura, di viaggio, epico, picaresco, di formazione: Viaggiatori di nuvole è un viaggio dentro un sogno, o meglio, dentro il sogno che ogni personaggio insegue. Nel leggerlo sembra quasi di ascoltarle davvero quelle storie: la prosa mima l’andamento del racconto orale, un andamento ritmico, colloquiale, a tratti formulaico. Una narrativa evocatrice, che non va dietro la moda del voler raccontare i fatti di cronaca, che si colloca all’opposto di ciò che trasmettono i nuovi media, che ricostruisce la storia falsificandola con una fervida fantasia. Ecco quale dovrebbe essere il compito del romanziere di oggi, ecco l’abilità di Giuseppe Lupo: far fantasticare il lettore.

 "Viaggiatori di nuvole" di Giuseppe Lupo. Marsilio, 2013, pp. 240, € 18

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:16