Etica e morale, queste sconosciute

Da buon nonno, quando ne ho l’occasione, vado a prendere i miei nipoti (10 anni) all’uscita da scuola. Arrivando sempre prima del previsto, mi fermo ad ascoltare i discorsi delle numerose mamme presenti, e mi stupisco sempre più del livello di preoccupazione che emerge per la “mancanza” di un futuro certo per i loro figli. Nell’ascoltare le loro preoccupazioni, automaticamente rivivo i sentimenti che la mia amata "mamma" ha riversato su di me. Eh sì, malgrado l’età i sentimenti di guida e di amore materno continuano a permanere nella mia mente, forse grazie anche a quello che è il nostro retaggio culturale dominante: quello cristiano. L'amore silenzioso e protettivo continuamente espresso dalla Madonna nei confronti del proprio figlio, Gesù, è sicuramente il riferimento più radicato del nostro inconscio motivo "educativo".

Ed è proprio da questo punto che nascono riflessioni sul "senso della vita" e sulle difficoltà che incontrano i nostri figli. Che vi siano degli ostativi istituzionali ed economici al loro degno inserimento nel mondo del lavoro, non vi è dubbio, ma mi auguro che qualcosa sia fatta a breve. Al tempo stesso nasce spontanea una domanda: sono moralmente pronti i nostri giovani ad affrontare le difficoltà sociali e materiali che la vita del mondo di oggi offre? Ripercorro la mia vita e, in particolare la mia giovinezza, dove emerge con chiarezza la passione per il mare, ma anche la timidezza e l'immaturità del mio carattere che sono state sempre gli ostativi maggiori per un felice apprendimento del necessario baglio scolastico: si andavo proprio "malissimo" a scuola, perché, nonostante la "dura", ma genuina, guida sia di mio padre sia dei tanto amati Professori del Nautico di Roma, la mia testa "era altrove”. Ebbene, al termine del Nautico, proprio grazie al tipo di educazione cui ero stato soggetto, malgrado il "posto in banca" che mamma mia mi aveva già trovato, scelsi di prendermi il "Libretto di Navigazione" e chiedere di imbarcare come "mozzo" a bordo dell'unica carretta disponibile in quel momento. Lì dove il "mozzo" come incarico principale aveva la tenuta in perfetto ordine dei "cessi di bordo".

Eppure per me era un sogno che si stava realizzando! Poi la vita mi ha chiamato su tutt'altro percorso: l'Accademia Navale e la carriera militare. Un qualcosa che inizialmente era in forte contrasto con il mio modo di essere, contrario a qualsiasi forma di "disciplina" o restrizioni formali. Anche lì fu la passione per il mare che prese il sopravvento e m’insegnò ad amare con tutte le mie forze anche tutto ciò che vi era intorno; lo strumento attraverso il quale realizzare me stesso: la vita militare. Alla sua altrettanto dura scuola (nel 1965 era veramente tale) un insegnamento ha preso il sopravvento: il senso della responsabilità nel comune convivere e il rispetto per l'altrui persona e per l'ambiente. Sebbene la marina mi abbia portato spesso lontano dalla mia famiglia, ai miei figli ho cercato di trasmettere quei valori che io stesso avevo appreso. Quel sentimento di "passione" che ha caratterizzato le mie scelte di vita, ne sono convinto, è proprio anche della nostra migliore gioventù.

A osservare attentamente la fascia di età più a rischio, ci si accorge, infatti, che un buon 30% di questi giovani "inattivi" (come li definisce l'ISTAT), sono invece attivissimi in altre parti del mondo. La maggior parte in Europa, dove spesso e volentieri, proprio al fine di completare le loro esperienze di studio o propedeutiche al lavoro, si adattano a fare i lavori più umili da cameriere o badante, o quant'altro possa essere assimilato a quel mio essere "mozzo", pur di integrarsi e assumere nella società un ruolo che, seppur non adeguato alle aspettative, sicuramente contribuirà alla loro crescita interiore. Con questo non voglio certo incoraggiare i giovani a lasciare l'Italia. Al tempo stesso osservo però che in Italia abbiamo più di 4.5 milioni d’immigrati, di cui più di tre milioni sono di matrice europea, che si mantengono facendo altrettanto il "cameriere" o la "badante”. Ecco quindi che l'attenzione va posta su quel 70% di disoccupazione giovanile che non trova altro da fare che restare a casa a compilare e trasmettere CV o rispondere ad annunci, spesso e volentieri senza risposta. Il popolo italiano nei suoi duemila anni di storia si è sempre dimostrato unico nel confronto con le altre nazioni. Unico per creatività, per individualismo e per ingegno.

Ma, nella realtà di oggi, siamo sicuri che la nostra gioventù sia predisposta ad accettare di andare a fare il bagnino, o l'albergatore, o il badante o il gelataio ecc., lì dove se ne dovesse generare l'eventualità? A guardare gli esempi della classe politica di oggi (su 950 Parlamentari 121 sono indagati e più del 50% ha già una condanna: una percentuale di quasi il 13%) sicuramente c'è da interrogarsi su quale insegnamento stanno trasmettendo ai nostri giovani. Ma, ancor di più, c'è da interrogarsi sul fine educativo guardando all'interno delle nostre migliori istituzioni. In Diplomazia, Giustizia, e le più ambite Istituzioni dello Stato vige il motto della "mancata assunzione di Responsabilità", dello scarica barile. Nessuno "decide" più, anzi si è sempre più convinti che per decidere c'è bisogno di "tempo", al fine di lasciare occasione a chicchessia di contribuire con il suo apporto alla formazione della "decisione", cui spesso mai si perviene! Purtroppo l'esperienza mi ha insegnato che di "Schettino" (il Comandante della Concordia) la nostra Italia ne è piena: tutte persone in apparenza brillantissime e ben preparate, che, ahimè e purtroppo, di etica e di morale non ne conoscono neanche il più semplice dei significati. Se questa è la nostra classe dirigente, allora lascio definitivamente alla riflessione del lettore i motivi d’indagine sui fattori "educativi" e "formativi" per il futuro della nostra Italia.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:35