Zitti tutti: al 6 Nazioni di rugby

Una frase del collega Paolo Wilhelm di OnRugby sintetizza una domenica unica per l’ovale italiano: «Nel 2011 hanno perso loro, domenica li abbiamo battuti». Italia-Francia, terminata 23-18, rappresenta un dualismo che va molto al di là dello sport. Siamo tanto diversi noi ed i francesi e quando ci si confronta su entrambi i fronti escono fuori luoghi comuni, diffidenze e spocchia. Noi primeggiamo in albuni ambiti, loro in altri ma ce ne sono alcuni nei quali la voglia di eccellere sull’altro diventa quasi paranoica.

Lasciando perdere vini, cibo e formaggi, bellezze architettoniche, e patrimonio storico, il vero confronto avviene nel mondo dello sport. Manadou-Pellegrini, i ciclisti transalpini che provarono ad opporsi allo strapotere di Coppi e Bartali, le finali di calcio fra Europei e Mondiali. Siamo in eterno conflitto, soltanto che adesso c’è un settore dove hanno smesso di primeggiare, di fare la voce grossa, di presentarsi come coloro che “ci insegnano il mestiere” ed è appunto quello del rugby.

La vittoria italiana dell’Olimpico non è la prima, né la più significativa: in assoluto il ghiaccio contro i galletti è stato rotto nella Coppa Fira 1992/94 (manifestazione fra squadre europee di seconda fascia rispetto all’allora Cinque Nazioni), per la precisione l’11 novembre 1993, a Treviso. In quella occasione l’Italia batté 16-9 la Francia A1. Sebbene non venissero ancora considerati dei veri e propri test match, il segnale degli Azzurri fu comunque forte. La squadra italiana terminò il campionato europeo a pari punti con i transalpini, i quali prevalsero solo per la differenza punti marcati/subìti. Passarono anni di oblio del rugby italiano, che vivacchiava grazie alla vivacità del triangolo d’oro del Veneto (Rovigo, Padova, Treviso) e di piccoli feudi come Roma, L’Aquila e Catania. Sulla panchina sedeva un catalano, un certo George Coste da Perpignan (non può passare inosservato un parallelo con l’attuale ct Jacques Brunel) che da lì iniziò un lavoro che culminò nel 1997. Una settimana dopo la vittoria a punteggio pieno nel Cinque Nazioni (il Grande Slam), i Bleus dovettero affrontare la finale di Coppa Fira 1995/97 proprio contro l’Italia. Si trattava di una competizione a cui la Francia ormai partecipava con le selezioni minori (A1 e, talora, militare) riservandosi, di fatto, il test-match solo contro la Romania, allora considerata nazionale di livello.

Tuttavia, per via di una promessa strappata prima del Cinque Nazioni dall’allora neoeletto presidente federale italiano Giancarlo Dondi al suo collega, e amico, Bernard Lapasset, all’epoca a capo della federazione francese, quest’ultimo acconsentì di concedere all’Italia il test-match. Pretendere Parigi era troppo, così la sfida si tenne allo stadio Lesdiguières di Grenoble, in uno degli avamposti ovali più importanti di Francia. A garanzia della serietà dell’impegno francese, il tecnico transalpino Skrela schierò in campo nove elementi reduci dallo Slam (Accoceberry, Aucagne, Benetton, Dal Maso, Miorin, Merle, Pelous, Sadourny e Tournaire). Assistente di Skrela sulla panchina francese, Pierre Villepreux, che ben conosceva l’Italia per averla allenata nel triennio 1978/81. L’Italia si impose 40-32 (il tabellino registra quattro mete per parte, una delle quali tecnica, per la Francia: a fare la differenza furono i calci da fermo, grazie ai quali l’italiano Diego Domínguez realizzò 20 punti): fu la prima sconfitta in terra francese contro i cugini d’Oltralpe, e la circostanza favorì indirettamente l’allargamento del torneo delle Cinque Nazioni che, un anno più tardi, aprì le porte anche alla stessa Italia a partire dal 2000.

Quella squadra talentuosa ebbe la meglio anche sull’irlanda a Bologna e nel 2000 venne accolta nel “salotto buono”. Prima di poter festeggiare ancora, debbono passare ben 14 anni ed aver incassato parecchi cucchiai di legno. Penultima tappa, il 12 marzo 2011 allo stadio Flaminio, con gli Azzurri guidati in panchina da Nick Mallett che si imposero di strettissima misura (22-21). Molti dei giocatori in campo allora, su entrambi i fronti per giunta, sono gli stessi che domenica hanno alzato il trofeo Garibaldi. Una scultura, creata dall’ex capitano e leggenda francese Jean-Pierre Rives che viene assegnata annualmente tra le due nazionali di rugby. È un premio istituito in occasione del bicentenario della nascita a Nizza dell’eroe dei due mondi. Che per la seconda volta avrà sorriso vedendo Castro (nella foto) e Parisse.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:12