Il 4 ottobre sarà un giornata memorabile per Napoli e il suo porto. Sta infatti per arrivare la terza Freedom Flotilla per Gaza. Il sindaco Luigi De Magistris non sta più nella pelle. Anzi, è già in spolvero e rilascia dichiarazioni ad effetto alle tv locali. Ad esempio parlando di «assedio dell’esercito israeliano» e di «cibi e medicine che non passano». Tutte banalità plurismentite dai fatti, ma sempre buone per il volgo.
Al tg di Julie Italia parla di «Napoli città di pace», e di «pagina storica da scrivere a Napoli», «laddove persino l’amministrazione Obama non è riuscita».
Bellissime parole, ma diventeranno fatti sponsorizzando un’iniziativa a senso unico, dichiaratamente anti israeliana, come la Freedom Flotilla? Che naturalmente neanche quest’anno si dirigerà verso i porti del Libano, magari per poi dirigersi in Siria, ma sempre verso la detestata patria degli ebrei. Con tanto di concerto dei 99 Posse a fungere da fanfara di accoglienza e di raccolta fondi.
In sostanza, la nave Estelle partirà da Barcellona ed arriverà a Napoli il 4 ottobre come ultima tappa, per potersi rifornire di soldi e altri beni, grazie anche al concerto che si terrà la sera dello stesso giorno, presso la Mostra d’Oltremare.
Il sindaco De Magistris ha patrocinato personalmente l’evento, insieme al suo assessore alle politiche sociali, Sergio D’Angelo, sicuro candidato alle prossime elezioni nazionali nella Lista Civica Arancione, che probabilmente farà parte di una coalizione dove ci sarà anche Rifondazione comunista.
Una non indifferente parte della popolazione napoletana, compresa la locale comunità ebraica e le associazioni di amicizia con Israele, non ha però ben digerito l’ennesima trovata pubblicitaria dell’ex pm Lugi de Magistris. E così, dichiarandosi «indignata», gli ha scritto una lettera aperta dai toni molto duri. A essa si è aggiunta la lettera da Israele vergata dall’ex rabbino capo di Napoli, Pierpaolo Pinhas Punturello, che si definisce «un cittadino napoletano, nato a Napoli, di famiglia napoletana da molte generazioni per parte di madre, da appena una sola per parte di padre».
«Ho vissuto a Napoli - esordisce la missiva - dove sono stato rabbino della locale comunità ebraica e certamente Lei avrà già conosciuto chi mi sostituisce, il rabbino Scialom Bahbout. Dico certamente perché da buon primo cittadino il 27 gennaio avrà onorato la Memoria delle vittime della legislazione e persecuzione razzista che ha visto dolore anche nella nostra città, anche tra gli ebrei partenopei».
E ancora: «le Leggi Razziali resero Napoli non più madre ma matrigna e molti ebrei di origine straniera persero per decreto leggi il passaporto italiano e furono espulsi dal Regno di Italia. Così, dopo meno di vent’anni dal loro arrivo a Napoli, molti ebrei greci, ormai partenopei, si ritrovarono di nuovo al porto, imbarcandosi per non tornare. Non erano emigranti, caro sindaco, erano espulsi: apolidi per legge, rifiutati per identità. I fortunati che riuscirono a partire per le Americhe si salvarono, ma molti di loro preferirono tornare in Grecia, dove trovarono la morte per deportazione dopo l’invasione nazifascista».
Poi l’ex rabbino entra nel vivo: «Il nostro porto ha continuato, come il mare che lo bagna, ad accogliere e veder partire umanità e proprio pochi minuti fa ho letto che il veliero Estelle, il convoglio internazionale della “Freedom Flotilla”, dal 4 al 6 ottobre sarà accolto nella nostra città che Lei al momento amministra. Ho letto anche del bel concerto che il 22 settembre sarà un momento di raccolta fondi per “sensibilizzare la cittadinanza sulle tragiche condizioni di vita dei palestinesi”. Ho citato le informazioni prese dal sito del Comune di Napoli. Caro Sindaco, io le ho raccontato, in poche righe, storie reali, documentate, che Lei potrà verificare di persona, ma a questo punto, Lei mi potrebbe descrivere e documentare le “tragiche condizioni di vita palestinese” che la “Estelle” verrà a lenire?».
«Nel mio piccolo - prosegue la lettera aperta dell’ex rabbino capo di Napoli - nel mio essere cittadino napoletano e gerosolomitano, nel mio essere stato rabbino di quella città, Le chiedo: è mai stato in visita in Israele e Palestina? Prima di pensare al suo dovere di “sensibilizzare la cittadinanza sulle condizioni di vita a Gaza” Lei, gentile Sindaco, è mai stato a Gaza o Ramallah? O ha mai passeggiato per le città israeliane di Sderot, Ashdod, Ashkelon, Beer Sheva ed altre ancora che sono sotto il costante lancio di missili che partono proprio da Gaza? Queste condizioni di vita israeliane non meritano una Flotilla o un concerto? I bambini che hanno imparato a correre nei rifugi prima ancora che a parlare, non hanno diritto ad una qualsiasi barca salvifica?».
Poi la chiosa finale: «Egregio Sindaco, Napoli, attraverso questa iniziativa voluta dalla Sua amministrazione, mi ha schiaffeggiato in quanto suo figlio e non è meno matrigna di quando fece imbarcare i suoi figli espulsi per mondi lontani dai quali non tornarono. Sono certo che il prossimo 27 gennaio Lei renderà omaggio alla Memoria delle vittime degli anni bui del fascismo, prima di farlo, La prego di venire a trovarmi in Israele. Sarà mia cura portarla ad Ashdod. Impari prima a correre però e sappia che il porto di Ashdod è chiuso a causa dei missili lanciati da Gaza. Sensibilizzi i miei concittadini anche su questo argomento».
Insomma una brutta gatta da pelare per il sindaco ex pm e neo-Masaniello del sentire popolare, che si scorda degli ebrei napoletani convinto, forse, che i “poveri palestinesi” di Gaza facciano più audience.
Ora si aspetta una sua risposta, possibilmente non burocratica o di repertorio.
Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:16