Morsi e il nuovo corso dell'Egitto

Mohamed Morsi è stato candidato a Capo di stato dell’Egitto per il partito dei Fratelli musulmani, Giustizia e libertà, come figura di ripiego. Ed è stato scelto per il suo rigore morale. Ma una volta proclamato presidente (24 giugno 2012), l’ingegner Morsi, con master conseguito in Usa, ha incontrato emissari, ha soppesato soluzioni ed effettuate scelte, mostrandosi, fino ad oggi, sufficientemente autonomo nelle sue decisioni. Ha come principale obiettivo quello di ridare all’Egitto un ruolo da protagonista nello scacchiere medio-orientale e di ritagliarsi un ruolo di primo piano nel mondo arabo, senza urtare, tuttavia, la suscettibilità di Turchia e di Arabia Saudita.

Domenica 5 agosto 2012, miliziani islamici, legati ai salafiti, hanno attaccato il posto di frontiera egiziano Karm Abu Salem, nel nord del Sinai. Hanno ucciso 16 guardie egiziane, rubato due blindati e sfondato il confine con Israele; sono stati, però, subito fermati dall’esercito israeliano. Un secondo attacco dei miliziani è avvenuto la notte seguente tra lunedì 6 e martedì 7 agosto ad el-Arish e nella cittadina di Rafah, vicino al valico ufficiale di Gaza, causando il ferimento di sei persone tra agenti e civili.

La risposta sul campo: un’operazione di pulizia. Le forze armate egiziane hanno risposto subito e duramente, l’8 agosto, sferrando un attacco a tre covi di terroristi di quell’area geografica, usando batterie missilistiche, blindati e raid aerei (è la cosiddetta operazione “Aquila”), per stanare i miliziani della jihad che sarebbero in quell’area circa due mila e ben armati. Si erano installati nei villaggi dei beduini del Sinai dopo la caduta di Mubarak. nel 2011. Quell’area ora rischia di diventare un territorio tribale di tipo pachistano, con tanti qaedisti insediatisi fra i beduini, che, temendo di perdere l’unica fonte di guadagno redditizio proveniente dal contrabbando, accolgono i miliziani islamici fra di loro.

Questi raid aerei egiziani sono stati i primi in quella zona, dopo la guerra del Kippur del 1973. L’operazione militare si è svolta anche con scontri a fuoco per le strade ed è durata cinque ore. Sono rimasti uccisi 23 miliziani islamici e ne sono stati catturati parecchie decine.

Secondo fonti militari citate dal quotidiano Al-Youm al-Sabea, l’Egitto sarebbe intervenuto dopo aver ricevuto non solo il via libera di Israele, come previsto dal trattato di pace tra Egitto ed Israele, ma anche su precise informazioni israeliane di expertise militare.

Ma anche Hamas, il movimento islamico che comanda a Gaza e che è in buoni rapporti con l’Egitto, ha contribuito, indirettamente, a questa operazione militare, schierando lungo il confine, le proprie forze di sicurezza.

La risposta politica: alcune prime destituzioni. Il neo-presidente egiziano, Mohamed Morsi, leader dei Fratelli Musulmani moderati, aveva promesso di riprendere il controllo della penisola del Sinai. Dopo l’attacco dei miliziani islamici ha, quindi, destituito subito sia il capo dell’intelligence, Murad Muwafi, che aveva trascurato le segnalazioni del Mossad israeliano, sostituendolo con il generale Shehata, noto per i suoi buoni rapporti con Israele; sia il governatore della regione del Nord Sinai, Abdel Walad Mabrouk, che il responsabile della Guardia Repubblicana, Hamdy Badin. Queste destituzioni volevano essere un primo chiaro messaggio alla giunta militare per mostrare chi realmente comanda in Egitto.

La seconda tappa dell’operazione “Aquila” è consistita nell’iniziare la distruzione dei tunnel che collegano Gaza con l’Egitto. Nei 13 kilometri di frontiera, ve ne sono circa 400, quasi tutti illegali, alcuni addirittura con rotaie e illuminazione al neon. Attraverso di essi transita non solo il contrabbando di missili e kalashnikov, ma anche passano nella striscia di Gaza beni di necessità, come medicine e derrate alimentari, e persino beni superflui, come moto cinesi e auto di lusso (si calcola che ne siano entrate quasi 10.000 in meno di 6 mesi). È la cosiddetta “economia dei tunnel”, l’economia nera di milioni di dollari, che costituisce una grossa boccata di ossigeno per l’economia della striscia di Gaza, isolata dal resto del mondo. Ma attraverso i tunnel arrivano in Egitto anche centinaia di qaedisti provenienti dall’Afghanistan e dall’Iraq. Essi costituiscono una gravissima minaccia perché potenziali commandi per compiere stragi. C’è da tener presente che l’economia turistica di Sharm el-Sheikh, già in crisi, non può affatto reggere con un deserto in mano a persone che renderebbero l’area più instabile ed insicura. Sono stati già sigillati una sessantina di valichi con blocchi di cemento piazzati all’ingresso dei tunnel.  È già qualcosa. Ma molti ancora ne rimangono in funzione.  

Benché Hamas abbia contribuito all’iniziale operazione di pulizia, questa prova di forza del presidente Morsi, che non si è ancora arrestata, comincia a sorprendere non pochi dirigenti di Hamas, il movimento amico dei Fratelli Musulmani. Essi non si attendevano la durezza con cui Morsi ha reagito all’attacco dei miliziani islamici. Ed anche la popolazione della striscia di Gaza è ora preoccupata per il possibile blocco delle merci provenienti dall’Egitto.

I jihadisti filo al-Qaeda che hanno trasferito le loro basi contro Israele nel Sinai, sono diventati, così, nemici veri del nuovo corso egiziano.  I Fratelli Musulmani moderati si devono ora confrontare, prima ancora che con gli israeliani, con i fratelli Hamas e con i gruppi estremisti dei propri connazionali salafiti. 

Quasi nessuno aveva previsto che a poche settimane dalla vittoria elettorale, si sarebbe assistito a un così forte dissidio tra i Fratelli musulmani moderati e i gruppi estremisti dei fondamentalisti salafiti, fino ad ieri naturali alleati. Il raid ordinato da Morsi contro i miliziani islamici nel nord del Sinai, comincia ad acquistare una valenza più profonda. Il Sinai, quindi, diventa un test politico importante per il neo presidente Morsi.

L’Egitto stagna in una grave recessione economica. Per superare questa situazione e stimolare la crescita, Morsi ha chiesto un prestito al Fondo Monetario Internazionale di 4,8 miliardi di dollari (Christine Lagarde, al Cairo, il 22 agosto 2012), oltre ad accettare un prestito di più di tre miliardi di dollari dall’Arabia e di un miliardo e mezzo di dollari dagli Usa.  Il 28 agosto 2012, poi, Morsi è atterrato in Cina (è stato il primo viaggio fuori dal mondo arabo) in cerca di altri finanziamenti o, almeno, di investimenti cinesi in Egitto.  Il presidente cinese Hu Jintao ha accettato di promuovere la cooperazione ad un nuovo livello per intensificare le relazioni sino-egiziane.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:22