L'assordante silenzio dei responsabili

A proposito del caldo torrido nelle città, non si riesce a dimenticare quanto poco finora la politica abbia fatto per risolvere il problema delle carceri. Quanto poco o nulla sia stato fatto per la sicurezza dei cittadini e delle città, per le questioni riguardanti i trasporti, constatando come ormai il territorio e i suoi boschi bruciano amaramente insieme agli euro e alle speranze degli italiani, senza che all’orizzonte si possano intravvedere soluzioni e proposte credibili.

Mi viene in mente il titolo “Il silenzio degli innocenti“ famoso romanzo, nonché bellissimo film. A questo punto, di fronte alla certificata incapacità da parte dei partiti e dei loro apparati dirigenziali di risolvere i gravissimi problemi del paese, avendo gli italiani finalmente preso atto che è questo tipo di sistema politico – fatto di questi uomini - la fonte primigenia della crisi, se si dovesse produrre un Report o uno speciale tg, se ne avessi il potere, sarebbe “Il silenzio dei responsabili”.

È pur vero che nessuno risponde se nessuno fa vere domande. E questa non è solo colpa di chi governa. In questi giorni, come se non ce ne fossimo già accorti leggendo i giornali e girando per le strade, apprendiamo dal Viminale la notizia del grande aumento dei reati in Italia e nel Lazio in particolare, rispetto agli anni precedenti. La crisi porta anche a questo, è ovvio: reati contro il patrimonio, furti nelle case, nei negozi e ancora scippi, ammazzamenti e rapine. Non c’è che dire, è un paese sicuro a prova di rivoluzione.

Pensate un po’: gli italiani avanzano ai loro governanti la ben strana richiesta del risanamento dei conti pubblici e più autentiche, conseguenti misure di rilancio dell’economia. Come se ciò non fosse da sempre il compito principale di chi intende governare democraticamente uno stato: tenere il bilancio in regola tra entrate e uscite, amministrare bene la cosa pubblica, garantire la pace, amministrare la giustizia... Sembra facile a dirsi. Ma, in Italia, un po’ meno a farsi. Oggi per ottenere questo occorrerebbe riformare nientemeno che lo stato nella sua interezza: una mostruosa macchina mangiasoldi dai consumi insostenibili, con i suoi infiniti gangli e apparati periferici. Mandando soprattutto a casa coloro che di questo sistema vivono da anni alla faccia degli italiani, senza vergogna di sciacquettarsi al mare o rinfrescarsi in montagna in compagnia di costosissime scorte destinate alla loro protezione.

Il fin troppo facile demagogo di turno potrebbe dire in questo caso: «Dopo quello che hanno combinato, c’è pure bisogno di proteggerli. Semmai, da questi signori, bisognerebbe proteggere gli italiani». Ma chi scrive è al di sopra di simili concetti di basso profilo, avendo praticato a lungo la scuola del politicamente corretto: nella professione, nell’università, nella vita. E perciò non lo dice.

Fra le varie inutili emanazioni e ripetizioni dello stato pletorico, sotto diverse e più fantasiose forme, all’interno di alcuni apparati regionali riscontriamo la presenza di taluni assessorati che si contraddistinguono per finalità altamente umanitarie e obiettivi programmatici di rassicurante e caritatevole certezza. Uno di questi è nella giunta regionale del Lazio: trattasi niente di meno che dell’assessorato ai Rapporti con gli Enti Locali e alle Politiche per la Sicurezza. Praticamente, dal nome per il quale si auto dichiara, poco meno che l’universo mondo.

Fino a quando si discuterà dell’insostenibile situazione delle carceri e di chi, uscendone fuori, non trova occasioni per un idoneo reinserimento sociale? Fino a quando dovremo assistere a una Giustizia cinica e indifferente che costringe per anni in stato di reclusione persone in attesa di giudizio e che poi, alla prova dei fatti, si dimostreranno innocenti? Fino a quando dovremo subire un sistema penitenziario che incarcera donne con figli al seguito in tenera età senza predisporre serie e sistematiche misure alternative che consentano una riduzione del danno psicologico al bambino? 

In una situazione così grave per la quale varie volte il presidente Napolitano ha invitato i responsabili politici a promuovere riforme coraggiose affinché possa essere migliorato il sistema penitenziario italiano, finalmente avviando proposte anche innovative per risolvere le questioni relative all’universo della detenzione; in un periodo in cui l’economia nazionale ormai da troppo lungo tempo soffre e il fenomeno della disoccupazione genera criminalità, corruzione, malcostume e insicurezza sociale; in questa babele italiana regna sovrana nella politica, cioè all’interno dei partiti, la confusione delle lingue, l’orrendo silenzio dei significati, lo spegnimento della luce della ragione.

Tutto questo anche da parte di coloro che si pongono con fare arcigno e sguardo maschio, per il necessario tributo all’apparenza massmediatica, in difesa della sicurezza, promettendo misure per una più civile convivenza nel territorio e nelle città. A proposito del sistema carcerario e delle politiche per la sicurezza, leggiamo stupefatti che una cantante bresciana con il suo gruppo musicale si è esibita recentemente nella Casa di reclusione di Civitavecchia, nel quadro del progetto “Evasioni musicali” (sic!) voluto dalla Regione Lazio, per sostenere i detenuti e migliorare le condizioni di vita all’interno degli istituti di detenzione «specialmente nel momento estivo dove si registra un innalzamento dei disturbi di tipo depressivo e un’incidenza maggiore delle malattie psico-somatiche». Questo è quanto è stato dichiarato al termine dell’evento musicale nell’istituto di reclusione. «Proprio per rispondere alle istanze che arrivavano da questo istituto - ha illustrato l’assessore ai Rapporti con gli Enti Locali e alle Politiche per la Sicurezza – ho voluto esporre ai detenuti gli interventi che abbiamo approvato in sede di giunta regionale: in particolare per le attività sportive, abbiamo finanziato la ristrutturazione del campo di calcetto. Nel portare i saluti della presidente Renata Polverini ai detenuti, ho ricordato che con la brava cantante bresciana siamo alla quarta esperienza nelle carceri del Lazio; già l’anno scorso avevo avuto il piacere di ascoltarla, ma oggi ha regalato a me e ai detenuti di Civitavecchia un concerto veramente emozionante».

Nulla da aggiungere alla canora iniziativa umanitaria dell’assessorato, anzi registriamo che, in ossequio all’imperativo della nuova politica che intende premiare merito e competenze, l’assessorato ha meritoriamente predisposto uno staff canoro di prima eccellenza: bel colpo! Vista la drammatica situazione delle carceri e della sicurezza nel territorio, c’è solo da domandarsi a quanto stress abbiano dovuto tutti sottoporsi per organizzare questa sorta di Cantagiro carcerario. Nel momento in cui ci si è dovuti confrontare  con la richiesta delle autorizzazioni al Dap, alla direzione del carcere per organizzare il concerto, con probabili lunghe e defatiganti ore di preaudizioni del gruppo musicale: forse, anche concordando testi delle canzoni, misurando tempi, modalità d’ascolto e naturalmente, a margine, costi del gruppo canoro e dell’organizzazione tutta. È confortante sapere che in alto, nella politica, dove “Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole...” c’è a chi pensa con tanta efficienza e innovativa creatività alle politiche della sicurezza, al conforto e ai diritti dei detenuti, al problema dell’affollamento delle celle, al rispetto della dignità di chi sconta la pena (magari senza colpa). In un certo senso, nelle carceri italiane, dove si suicidano detenuti e agenti di custodia, d’estate col caldo africano anche le canzonette fanno bene. Peccato che la musica sta per finire. Negli interessi degli italiani, però, è bene che chi ha stonato cambi mestiere. Dando luogo, per il futuro, magari ad un altro film dal titolo: “Il silenzio dei responsabili”.

*Lega Italiana Diritti dell’Uomo 

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:13