Il pensiero manzoniano si sviluppò a contatto con due dei centri culturali più vivaci dell’Europa del suo tempo: Milano e Parigi. A Milano, il primo ambiente intellettuale con cui si confrontò fu quello dei fratelli Pietro ed Alessandro Verri, i quali avevano avuto come punto d’incontro la rivista di stampo illuminista «Il Caffè». Essi osteggiavano il classicismo letterario che - come dicevano - finiva per copiare se stesso, e si adoperavano a creare interessi per i temi di attualità: dalla politica all’economia, dal diritto alle scienze. Successivamente, sempre a Milano, ci fu l’incontro con l’esule napoletano Vincenzo Cuoco: gli facilitò i contatti con l’ala liberale moderata del Risorgimento italiano, che sosteneva la necessità di privilegiare la via delle riforme, rispetto ai metodi rivoluzionari. Così Manzoni attenuò il suo radicalismo dell’adolescenza.
Poi vi fu la vicinanza con il gruppo de «Il Conciliatore» che diffondeva gli ideali della letteratura romantica, attenta alla realtà e alla storia, in contrapposizione alla letteratura classicista, riversa su se stessa e chiusa in un ideale di perfezione formale. Dopo il 1837, infine, frequentò Antonio Rosmini a Stresa. Con lui strinse una profonda e sincera amicizia, tanto che Rosmini, sul letto di morte, ebbe proprio il conforto del Manzoni. Rosmini ne influenzò il percorso spirituale. A Parigi, l’ambiente culturale che praticò era costituito dal gruppo degli «idéologues», intellettuali, liberisti in economia, liberali in politica e mossi da un vivace interesse per gli studi storici. Con il critico Claude Chauvet rimarrà a lungo in buoni e frequenti rapporti.
L’esistenza di Alessandro Manzoni fu tutta dedicata allo studio e all’attività letteraria. Fu vicino al movimento romantico milanese (un gruppo di intellettuali si riuniva anche a casa sua), ma non partecipò mai, direttamente, alle polemiche, declinando sempre l’invito a scrivere su «Il Conciliatore». Anche nei confronti della politica ebbe gli stessi atteggiamenti: sinceri e profondi sentimenti patriottici ed unitari, ma non partecipò mai a nessun evento, per cui non venne neppure sfiorato dalla dura repressione austriaca. Manzoni fu uno degli ispiratori del Risorgimento, non con il suo impegno politico diretto, ma con la sua incisiva attività letteraria, con i suoi scritti, dove espresse alti sentimenti patriottici, coniugati con una profonda fede religiosa.
Questa sua fede non gli impedì, come cattolico, seguendo le orme di Rosmini, di essere contrario al potere temporale della Chiesa e favorevole a Roma Capitale. Quando Gioacchino Murat lanciò da Rimini, il 30 marzo 1815, il primo appello unitario agli italiani, Manzoni rispose prontamente e cominciò a comporre «Il proclama di Rimini». Il testo però rimase incompiuto (al verso 51), avendo il Manzoni subìto un’amara delusione: ai primi di maggio Murat veniva sconfitto dagli austriaci. L’ode «Marzo 1821» diede di nuovo voce alle speranze di un rapido raggiungimento dell’indipendenza italiana, esprimendo i suoi sentimenti contrari alla dipendenza da popoli stranieri: “o compagni sul letto di morte o fratelli su libero suol”. Ma le aspettative furono presto deluse. Il moto rivoluzionario nato a Torino per dare la Costituzione al Piemonte e l’indipendenza alla Lombardia, venne stroncato.
Animato dalla sua fede nell’unità d’Italia, aveva precorso i tempi e immaginato la redenzione della patria. Dato l’esito negativo di quelle vicende, l’ode non fu più pubblicata e fu tenuta nascosta da Manzoni fino al 1848, per l’occasione delle “Cinque Giornate” di Milano. Anche le tragedie manzoniane sono volte ad educare la società all’amor patrio. «Il Conte di Carmagnola» contiene un’amara considerazione sulla crudeltà delle lotte fratricide (Venezia-Milano) e invita le madri e le spose italiane a fare opera di persuasione presso gli uomini, dell’una e dell’altra parte, perché si riconoscano fratelli e rinuncino a combattersi. Con il personaggio di «Adelchi», Manzoni esprime il convincimento che non ci può essere azione storica significativa senza violenza e morte, e, inoltre, che anche gli ideali più alti possono essere strumentalizzati dal potere. Conviene soffermarci un momento pure sull’idea di rivoluzione che ebbe il Manzoni.
“Il nome di Rivoluzione - scrive il Manzoni - si applica indifferentemente a due cose diverse”. Ne «La Rivoluzione francese del 1789», la rivoluzione è considerata illegittima e distruttiva perché mossa da folle violenti di facinorosi che rappresentano soltanto una piccola parte della nazione francese. Ne «La Rivoluzione italiana del 1859», la rivoluzione è vista come legittima e costruttiva perché moderata e sostenuta dalla volontà dell’intera nazione italiana. Gli eventi rivoluzionari del 1848 toccarono direttamente Manzoni nei suoi affetti più cari. Filippo, il solo figlio che viveva ancora con lui, partecipò, fin dalle prime ore, alle “Cinque Giornate” di Milano, combattendo sui tetti del vicolo San Dalmazio. Arrestato dagli Austriaci, fu imprigionato al Castello e poi fu portato via, come ostaggio, dagli austriaci in fuga.
Fu poi liberato grazie a uno scambio di prigionieri. Il quinto giorno dell’insurrezione milanese, intanto, un folto gruppo di cittadini si era radunato sotto la casa del Manzoni per esprimere solidarietà allo scrittore. In quella occasione gli fu chiesto di comporre dei versi su quanto stava accadendo. Manzoni non scrisse nulla, ma rese pubblico il suo componimento inedito «Marzo 1821», testo che poteva ben celebrare l’insurrezione milanese. Inoltre contribuì a sostenere l’insurrezione con l’invio di generi di prima necessità. Manzoni, però, come sua consuetudine, non si espose in prima persona neanche nel dibattito politico e ideologico che animava in quel momento i vari schieramenti che volevano l’unità e l’indipendenza d’Italia.
I suoi orientamenti politici emergono, indirettamente, dal carteggio con il Rosmini (27 le missive inviategli) dove ripigliava i dialoghi avuti durante le lunghe passeggiate sul lago Maggiore. Egli condivideva l’aspirazione all’indipendenza e la campagna antiaustriaca dei romantici milanesi. Nonostante fosse cattolico fu avverso al potere temporale del papato. Riteneva, inoltre, che la Chiesa non dovesse allearsi con i monarchi assoluti, perché altrimenti avrebbe tradito i valori di libertà e di giustizia insiti nel cattolicesimo stesso. Manzoni sosteneva che il riscatto dei popoli oppressi corrispondesse a un disegno della provvidenza. Un altro problema che appassionò il Manzoni fu quello della lingua. L’unità politica d’Italia, cioè, non poteva prescindere dall’unità linguistica degli italiani. Ma la lingua se voleva essere un mezzo di comunicazione sociale, doveva essere quella capita da tutti e non quella usata solo dalle persone colte. E l’Italia non aveva una lingua compresa da tutti.
Lo stesso Manzoni, in grado di scrivere con la massima spontaneità in francese e in milanese, si trovava un po’ impacciato ad esprimersi in una lingua comprensibile in ogni parte d’Italia. Da qui il bisogno di rielaborare «I promessi sposi», dopo la “risciacquatura in Arno”. Nel 1860 Manzoni venne nominato Senatore del primo Regno d’Italia. Non voleva accettare perché - diceva - a 75 anni era difficile viaggiare, mutare domicilio ed abitudini. E poi anche perché, essendo un po’ balbuziente, avrebbe avuto difficoltà a parlare in pubblico. Dovette andare Cavour personalmente per convincerlo ad accettare. Dopo che Roma fu occupata dalle truppe italiane, cosa che sancì de facto la fine dello Stato Pontificio, inducendo una forte opposizione negli ambienti cattolici conservatori, Manzoni, per essendo un vero cattolico, votò per il trasferimento della capitale del Regno d’Italia da Firenze a Roma.
E successivamente, nel 1872, egli accettò anche la cittadinanza onoraria di Roma, pur se i soliti ambienti cattolici conservatori, ove continuavano le violente accuse contro la conquista dell’Urbe, ne rimasero ulteriormente scandalizzati. Ma Manzoni aveva appreso da Rosmini che si potevano conciliare i sentimenti di un vero patriottismo italiano con gli altrettanto veri ideali di un autentico cattolicesimo.
Puntate precedenti dedicate ai cattolici liberali: 10 e 24 giugno; 8, 15, 22, 29 luglio; 5, 12 agosto 2012.
Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:35