La Lazio di Lotito sogna Del Piero

Lo scorso 12 aprile Alex Del Piero ha fatto l’ultimo grande regalo alla sua Juventus che in questi giorni lo sta scaricando brutalmente: un gol decisivo su punizione contro la Lazio a Torino in una partita che la squadra di Andrea Agnelli aveva anche rischiato. E invece con quel gol, giunto alla fine della stessa 32esima giornata del campionato più bello e più lungo del mondo, la Juve ebbe la certezza, se non matematica almeno morale, di potersi cucire addosso quel contestatissimo, per il numero, scudetto numero trenta.

Adesso l’ironia della sorte fa sì che a dirgli grazie per quel gol, e quindi di esistere nel calcio italiano, possa essere la vittima della sua immensa classe, cioè il presidente della Lazio, Claudio Lotito. Che, vista la mala parata che ha preso il rapporto tra Alex e la nuova Juventus, che non lo ha nemmeno invitato a festeggiare la Supercoppa scippata al Napoli, nonostante il portiere Gianluigi Buffon gli abbia platealmente dedicato la vittoria, avrebbe intenzione di offrire un bel contratto al fantasista ex bandiera della Juventus ma, a quanto pare, non profeta in patria bianconera. La classica occasione a parametro zero. Qualcuno ironizza sul fatto che oramai la Lazio di Lotito ogni anno si trasforma in un ospizio per ex glorie del calcio. Ma qualcun altro fa notare che proprio la Juve negli anni ’70 vinse un paio di scudetti di fila utilizzando, sia pure a sprazzi, la classe e i gol di una vecchia gloria che ormai si dava per finita: Josè Altafini. La Lazio di Lotito, con Del Piero, potrebbe proprio trovare quel quid che negli ultimi due anni le è sempre mancato quantomeno per raggiungere la Champions. Casomai il vero problema potrebbe essere invece la concorrenza spietata che Berlusconi per il suo Milan si dice abbia in mente di fare allo stesso Lotito. D’altronde il sempreverde Alex è sempre piaciuto, calcisticamente parlando, al Cav. 

Che anche l’anno scorso di questi tempi, quando Andrea Agnelli mettendosi sotto i piedi il cosiddetto stile Juventus, si lasciò sfuggire che il 2011-2012 sarebbe stato per Del Piero «l’ultimo anno con noi..», indusse l’ex premier in tentazione. Era il 19 ottobre 2011. Del Piero era stato sostanzialmente scaricato dalla società e forse lui stesso si aspettava una conferenza stampa ufficiale e non una fredda comunicazione durante il consiglio di amministrazione. Tra l’altro Andrea Agnelli aveva anche fatto intendere che non ci sarebbe stato spazio per un suo futuro da dirigente. «Ne parleremo a tempo debito», fu la risposta lapidaria del numero uno bianconero. Se fosse stato di comune accordo non si seppe mai. Del Piero restò in silenzio ma in cuor suo sapeva di poter essere ancora utile calcisticamente e non solo. Nel campionato 2011–2012 non fu molto utilizzato in campo, ma ogni volta che entrò fece la differenza. Fino a quel 12 aprile in cui castigò le ambizioni Champions della Lazio di Lotito, che adesso lo vorrebbe fortemente a Roma, e confermò quelle da scudetto dei bianconeri. All’epoca di quella prima gaffe degli Agnelli e di quel primo dolore che gli fu dato, le voci di mercato davano per certo un interessamento di Berlusconi, per fare di lui il fantasista da mettere dietro gente come Ibrahimovic, Pato e Robinho. Altre indiscrezioni parlavano invece di una nuova scelta di vita, che sarebbe stata quella di andare negli Stati Uniti per un paio d’anni oppure in Qatar dove si svolgeranno i Mondiali nel 2020 con un possibile futuro da allenatore super pagato. Neanche da escludere, si diceva, che il magnate russo Kerimov lo potesse ricoprire d’oro e portarlo al fianco di Samuel Eto’o nell’Anzhi.

Oggi come oggi però, Alex Del Piero difficilmente potrebbe accettare proposte da globe trotter o da fenomeno calcistico da baraccone.

Molto più probabile la voglia di rivalsa verso questa nuova Juventus che non lo considera più una bandiera a dispetto dei tifosi che invece ancora lo adorano e lo invocano sfidando tutta la attuale dirigenza bianconera. Ed ecco che per Alex del Piero, sfumata l’ipotesi Milan, visto che nel frattempo il Cav non solo ha lasciato il governo a un tecnico che ci riempie di tasse ma si è anche venduto i gioielli di famiglia rossoneri, compreso forse a breve il fidanzato della figlia Barbara, l’unica possibilità di vendicarsi di chi lo ha spremuto come un limone senza nemmeno garantirgli un avvenire da dirigente nella sua ormai ex squadra potrebbe essere la cosiddetta «opzione Ravanelli». Dal nome proprio di quel grande ex attaccante juventino, anche lui scaricato senza complimenti dalla Juventus di Moggi e Bettega, quella pre scandalo intercettazioni e retrocessione, che approdò guarda caso proprio alla Lazio e chiuse in bellezza a Roma nel 1999 con 27 presenze e 4 reti (più una ingiustamente annullata contro il Parma, bellissima, in tuffo di testa) la propria carriera proprio quando tutti lo davano per finito.

L’anno dopo la squadra allora presieduta da Sergio Cragnotti vinse lo scudetto. E Lotito lo sa benissimo, solo nel calcio la storia a volte può ripetersi senza diventare farsa.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:24