L'antiamericano che piaceva a sinistra

In occasione della morte di Gore Vidal, ripubblichiamo un’intervista rilasciata dieci anni fa a L’Opinione dal controverso (per utilizzare un eufemismo) scrittore e polemista statunitense.

Gratta il gentiluomo del Sud e scopri l’Ulivista. D’oltreoceano, certo, ma pur sempre ulivista nell’animo. Quelli che - per intenderci - “chi non la pensa come me è un imbecille”. Non è un caso insomma che Gore Vidal viva in Italia gran parte dell’anno. Che si sia trovato perfettamente a suo agio vezzeggiato nei salotti della cultura italiana. Rampollo di una grande famiglia del Sud degli Stati Uniti, Vidal era destinato alla carriera politica come i suoi avi. Si è dedicato invece alla scrittura. Ma senza rinunciare a fare politica attraverso le sceneggiature per Hollywood e i romanzi in cui la vita pubblica americana viene sviscerata negli aspetti più nascosti e più scabrosi. In un modo o nell’altro mette il becco, da circa cinquant’anni, in tutte le fasi della vita politica americana. L’elezione di Gorge W. Bush alla Casa Bianca è un episodio che non ha ancora digerito. Anche perché a contendere quella poltrona c’era nientemeno che suo cugino Al Gore. L’età e la triste congiuntura politica di questi due anni lo hanno, se possibile, incattivito nei confronti del suo paese. Subito dopo l’11 settembre scrisse un libro, La fine delle libertà, che gli editori americani si rifiutarono di pubblicare. Ci pensò un brillante e furbo editore italiano, Fazi. Il libro uscì prima in Italia che negli Usa. Fazi divenne un eroe, il libro un caso letterario. Oggi Fazi fa il bis e dà alle stampe un altro velenoso libricino scritto da Vidal mettendo insieme ogni possibile dietrologia antiamericana. Non ci sono dubbi: Le menzogne dell’Impero e altri tristi verità sarà ancora un successo. Ma Vidal nega di odiare il suo paese. Anzi. Si considera l’ultimo difensore della repubblica americana contro l’America imperiale.

Crede che Thomas Jefferson, se fosse vivo, condividerebbe le sue posizioni?

Assolutamente sì. Anche se pure lui ha i suoi peccati…

Gli schiavi?

Macché, l’acquisto della Luisiana. Fu così che cominciò la costruzione dell’Impero. Malgrado tutto, però, anche Jefferson credeva che Repubblica e Impero sono due forme di governo incompatibili. Non siamo i primi nella storia del mondo ad avere questo problema. È necessario che qualcuno ne parli.

Lei usa termini molto forti per descrivere l’attuale sistema americano. Non di rado ha parlato di totalitarismo. Non le sembra un po’ troppo?

Questo è quello che risulta dalle traduzioni. Io penso molto a quello che scrivo e, in inglese, non uso mai parole così pesanti. Non è il mio stile. Parole come totalitarismo non le scrivo. Se non sotto forma di provocazione. Poi le ritrovo tradotte e lanciate in pasto al pubblico come pesanti macigni.Ma io non sono né un politico né un giornalista: non appartengo alla categoria di persone che amano far clamore utilizzando parole forti.

Lei sta dicendo che le traduzioni dall’inglese che noi leggiamo esasperano il suo pensiero. Non si sente strumentalizzato da chi adora sentire un americano che spara a zero sul suo paese?

L’inglese è una lingua complicata. Difficile da tradurre, soprattutto nelle lingue latine. Spesso la scelta è tra il risultare banale o eccessivo.

Spesso lei distingue nettamente tra i cittadini americani (buoni) e il governo (cattivo). Ma il governo cattivo è scelto dai cittadini buoni. Non sarà che a loro piace Bush anche se lei lo disprezza?

Non è vero che i cittadini abbiano scelto. Due anni fa mio cugino Al Gore vinse le elezioni, ma la Corte capovolse il verdetto a favore dello sconfitto. Non fu una bella pagina.

Non sarà che, in fondo, lei non crede nella democrazia?

Quale democrazia? Gli Stati Uniti non sono mai stati una democrazia. Ne abbiamo parlato a lungo, perché sarebbe un bel sistema. Ma noi siamo governati da un’oligarchia. La nostra Costituzione (che è tra l’altro una buona costituzione) permette semplicemente ai proprietari bianchi di fare in pace i loro affari. Ma la gente non è rappresentata.

Le sfugge il particolare che in Usa la gente ha diritto di voto?

Ma per favore... Le elezioni sono solo uno show. Per partecipare alle elezioni i candidati devono racimolare denaro. Per raccattare soldi si legano a qualche potente lobby. Ed è quella che andranno a rappresentare. Non la gente. Bush non è stato eletto dal popolo, ma dalle compagnie petrolifere.

Lei sostiene che è facile ingannare gli americani. Basta qualche spot e loro eleggono un burattino qualunque. Una posizione ingenerosa nei confronti dei suoi connazionali…

Gli americani non sono stupidi. Sono intrappolati. Vedono che non c’è differenza tra un candidato e l’altro e quindi si astengono. Non vanno proprio a votare perché lo considerano senza senso. Poi, finchè le cose vanno abbastanza bene, non si curano della politica. Come in Italia. Anche voi borbottate, ma in fondo non ve ne curate molto.

Sarebbe cambiato qualcosa se al posto di Bush ci fosse stato suo cugino?

Non sono un mago, ma ritengo di sì. Almeno Gore è una persona intelligente. Di certo non avremmo avuto il taglio delle tasse a favore dei ricchi e non staremmo impiegando soldi pubblici per una guerra che non ci serve a nulla. E che tra l’altro non possiamo permetterci. A me dà sinceramente fastidio pagare le tasse per una guerra che considero inutile.

Se ci tiene tanto a che il popolo sia rappresentato, perché non ci prova lei. Si candidi di nuovo…

Eh già. Io sono stato candidato due volte. Una volta ero anche sul punto di vincere. Ma in fondo non è al Senato che si fa la differenza. Oltretutto è una posizione troppo precaria. Il mandato dura pochi anni e durante quegli anni devi raccattare denaro per cercare di essere confermato. No… preferisco influire a modo mio. Scrivere quel che penso, andare in tv. È più efficace e non dipendo da nessuno.

Per la prima volta, l’anno passato, non ha trovato un editore americano per il suo libro. Un saggio troppo pesante per essere digerito dagli Usa ancora in lutto. E l’edizione italiana ha preceduto quella americana...

È stata una sorpresa. Non sono mai stato censurato prima.

Se i mezzi d’informazione non le danno spazio, lei rimane muto. E da quel che vedo non ha grande fiducia neppure nella stampa indipendente…

L’informazione non è libera, infatti. Appartiene alle compagnie petrolifere. Proprio come Bush.

Se il sistema americano proprio non funziona, che modello proporrebbe ai governanti?

Be’ i piccoli paesi hanno migliori istituzioni democratiche. La Svizzera è meglio degli Usa. Noi ormai siamo troppo grandi. Chi fondò gli Stati Uniti pensava ad Atene, alla città stato. Non si può più tornare indietro. Pericle disse agli ateniesi: siamo stati criticati perché scegliemmo di essere un impero e anche per come l’abbiamo ottenuto. Non mi occupo di come l’abbiamo ottenuto. Dico solo che una volta costruito un impero, è pericoloso sfaldarlo. Noi siamo arrivati a questo punto. Ma senza Pericle.

Non sarà che lei ormai recita questo ruolo perché è molto divertente stuzzicare gli americani su questi argomenti?

Non c’è proprio nulla di divertente.

È davvero pessimista!

Sì. Mi avverta quando troverà qualche motivo per essere ottimista.

E dato il trionfo di Bush alle elezioni di metà mandato, non credo sia il caso si farsi vivi con Vidal tanto presto.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:13