“Gioco d’azzardo, massoneria ed esoterismo intorno all’ombra di Matteotti”. È questo il sottotitolo di Al casinò con Mussolini, fresco di stampa per le edizioni Lindau, scritto da Riccardo Mandelli, docente di materie storico-filosofiche, autore di narrativa, soprattutto per ragazzi, e di saggistica. Una interessante inchiesta sull’industria dell’azzardo e sugli ambienti finanziari, politici e culturali da cui questa traeva linfa nei primi decenni del ‘900.
Come nasce il Suo libro? Come si sono svolte le Sue ricerche?
Al casinò con Mussolini rappresenta, in un certo senso, il seguito del mio precedente libro, L’ultimo sultano. Come l’Impero ottomano morì a Sanremo, che narrava la vicenda di Maometto VI Vahdeddin, ultimo sultano ottomano che venne in esilio a Sanremo nel 1923 e vi morì nel 1926. Quel volume lasciava parecchie questioni aperte ed irrisolte, molti argomenti ancora da trattare, tra cui il tema del gioco d’azzardo. Agli inizi del ‘900, Sanremo era un centro di spionaggio di prim’ordine, dal punto di vista internazionale, ed era stata anche teatro di eventi di livello mondiale, come la conferenza del 1920 in cui nacque l’assetto attuale del Medioriente. Nella moltitudine di elementi da approfondire, ho iniziato indagando sullo strano suicidio del podestà di Sanremo Pietro Agosti, un episodio poco chiaro e che faceva sorgere molti dubbi. Partendo da quella morte, analizzando diverse fonti è emersa una lunga serie di misteri, connessioni, rapporti, relazioni con la politica, tutti legati alla realtà del casinò.
Un serie di misteri connessi, si scoprirà, con l’omicidio Matteotti.
Del celebre caso Matteotti conoscevo quanto un lettore di storia, ero a corrente di una pista affaristica, ma ignoravo che si legasse così strettamente al gioco d’azzardo, cosa che ho appreso solo strada facendo nelle mie ricerche. È stato un concatenarsi di sorprendenti scoperte, un lungo lavoro, durato alcuni anni, su fonti di archivio che, messe insieme, si richiamano tra loro: talvolta, mi è venuta incontro anche la fortuna, come ad esempio nel caso delle carte del sindacalista Angelo Oliviero Olivetti, amico di Mussolini dai tempi in cui erano entrambi rifugiati in Svizzera. I documenti sono visibili al pubblico solo da poco tempo, e dalla loro lettura emerge che Olivetti, figura centrale del sindacalismo rivoluzionario, era collegata alle trattative tra Mussolini e chi teneva in mano le redini del gioco d’azzardo in Italia. Le prove più chiare del coinvolgimento dei vertici del fascismo in quel mondo torbido, infatti, provengono dall’archivio di Olivetti, che teneva una viva corrispondenza con il Duce.
Si può dire che Sanremo, città dal passato glorioso, sia il vero personaggio principale del libro?
Sanremo è sicuramente la protagonista. Non si tratta dell’unico luogo dove si trovava il gioco d’azzardo: tra il 1922 ed il 1924 le bische, più o meno legali come il casinò – che peraltro non era legalizzato, ma autorizzato di volta in volta – si trovavano in tutta la provincia. In Riviera, oltre a Sanremo, c’erano Bordighera, Ospedaletti, i Balzi Rossi. Nell’archivio di Stato vi sono faldoni pieni zeppi di segnalazioni relative al gioco d’azzardo: Sanremo ed il territorio circostante, storicamente, erano la punta di diamante, direttamente in contatto con la Costa Azzurra e con certi ambienti. Era una città straordinaria, fino alle due guerre mondiali fu uno dei centri dell’Europa cosmopolita, per poi diventare una periferia di Milano e Torino. Sanremo era un centro dove convergevano grandi capitali, dalle prospettive internazionali, che svolgeva un ruolo di rilievo negli ambienti del turismo, dei trasporti, dei grandi alberghi, ed ovviamente nella rete del gioco d’azzardo. Una città spettacolo, per nulla una città italiana, perché assolutamente fuori dalla sua collocazione geografica: Sanremo era quasi un transatlantico ancorato.
Quale il peso dei cosiddetti ‘poteri occulti’, anche in riferimento all’ascesa del Fascismo?
Era impossibile raccontare quelle vicende senza affrontare, necessariamente, la presenza dei ‘poteri occulti’. Sono temi scivolosi, che ho dovuto trattare perché il casinò di Sanremo nacque con un’impronta massonica, espressione di un mondo molto presente e sviluppato in città: un po’ tutti i protagonisti di quegli anni del casinò erano legati o alla massoneria oppure a gruppi esoterici come la teosofia o l’antroposofia di Rudolf Steiner. Nel famoso saggio di “Dostoevskij e il parricidio”, Sigmund Freud tentava di sviscerare il tema della dipendenza dal gioco d’azzardo, essendo Dostoevskij un giocatore incallito: l’azzardo è un mistero e, di conseguenza, ciò che noi non possiamo sapere è rappresentazione del divino. Secondo questo ragionamento, chi gioca d’azzardo si mette in contatto con l’ignoto, quindi con la divinità, e dio è padre, ergo la sfida del gioco d’azzardo, come sostiene Freud, è la sfida al padre, da cui conseguono autopunizione e sconfitta. Ecco perché il tema del gioco d’azzardo collegato al divino non è prettamente massonico o esoterico, ma è invece ben chiaro nella cultura.
Il Suo libro ricostruisce in modo innovativo lo sfondo del delitto Matteotti. Il quale viene raccontato diversamente, rispetto a quanto presente sui libri di storia.
Prima di essere rapito e ucciso, Giacomo Matteotti stava indagando sugli ultimi decreti legge emanati da Mussolini, che riguardavano le concessioni petrolifere e la liberalizzazione del gioco d’azzardo. E intorno agli affari legati ai due decreti ruotarono le ipotesi subito avanzate dai giornali per spiegare la sua scomparsa; solo più tardi prese piede la versione che fosse stato assassinato a causa della coraggiosa denuncia di brogli e violenze elettorali fasciste. Già Mauro Canali, nel 1997, scrisse un libro molto importante che trattò la questione dell’affarismo dietro al delitto Matteotti, con particolare attenzione al petrolio. Per danneggiare un governo stabile, denunciare l’affarismo ed additare gli scandali era una via molto più efficace rispetto alla denuncia di brogli e violenze: uno degli affari fondamentali era senza dubbio quello del gioco d’azzardo, molto più vicino a Mussolini di quanto non fosse il petrolio. Non è un caso che gli uomini che rapirono e uccisero Matteotti erano tutti legati, in quanto tutti si aspettavano un premio per la fedeltà al Duce. Si stava delineando un trust, che comprendeva la Banca Commerciale Italiana, il finanziere e trafficante d’armi levantino Basil Zaharoff, tra le figure più agghiacciati della storia, un grande finanziere inglese nel business dei vagoni letto, Georges Marquet che era agente per conto del Re di Spagna: figure che stavano costruendo un’alleanza chiarissima, la stessa che si stava creando attorno all’azienda dei vagoni letto e dei trasporti di lusso. La concorrenza non piaceva, per questo vi fu un tentativo di instaurare un monopolio sul gioco, ed è estremamente probabile che per le mani di Matteotti passarono elementi in grado di mettere in seria crisi i rapporti del Fascismo con questo mondo di affari oscuri.
Ma la morte di Matteotti, si scopre nel suo volume, non è che la punta dell’iceberg.
La morte di Matteotti è solo la più tragicamente famosa tra quante costellano un lungo cammino in cui si affiancano progetti politici, finanziari ed esoterici. Vi fu una notevole catena di morti, anche soltanto quelle del dopoguerra: se si pensa a tutti i concessionari del casinò di Sanremo, dal ‘46 al ‘59-’60, almeno uno su due fa una strana fine. Era alquanto improbabile che morissero nel proprio letto. Ecco perché, scrivendo, alle volte ho avuto paura, provando la sensazione di essere capitato in mezzo a forze davvero oscure e potenti. Tuttavia, il mio libro non ha alcuno scopo se non quello di approfondire la storia: è un’opera che permette di leggere anche il presente, ovviamente, pur non avendo alcuna proiezione su di esso, fermando la narrazione agli anni ‘50. Si parla di “ombra di Matteotti”, perché non è un volume sul famigerato delitto, ma su tantissime vicende su cui aleggia, sempre, questa celebre morte, che ha segnato la storia del Paese.
Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:35