Federer I, imperatore di Wimbledon

Roger Federer, il re Leone del tennis è entrato domenica nella leggenda. Con il settimo titolo di Wimbledon vinto a distanza di tre anni dall’ultima volta che aveva battuto in finale Nadal (che l’anno prima  lo avrebbe provvisoriamente detronizzato da numero uno del mondo battendolo, sempre a Wimbledon, in cinque set) ora Roger conta 17 grandi slam vinti a 31 anni. Solo Sampras era riuscito ad arrivare a 14, ma mai vincendo il Roland Garros. Che invece Federer conquistò nel 2009. Anche, indirettamente, grazie all’impresa dello svedese Robin Soderling che riuscì a interrompere la serie positiva di 31 vittorie su quei campi di Parigi di Rafa Nadal dopo 31 incontri. Soderling però, dopo avere tolto di mezzo Nadal dalla strada di Federer, in finale con Roger si arrese amorevolmente senza riuscire a vincere neanche un set. 

Nadal dei tennisti in attività è l’unico con qualche speranza di avvicinarsi ai 17 grandi slam vinti da Federer, ma è ancora lontanuccio: ne ha vinti “solo” 11:  7 Roland Garros, due Wimbledon un Australian Open e un Us Open. 

Se poi si pensa che Andy Murray, il giovane  sfidante di domenica a Wimbledon, sebbene saldamente al numero 4 del mondo da qualche anno, ancora deve vincerne uno dei quattro tornei del cosiddetto Grande Slam (cioè Open di Australia, Open degli Stati Uniti, Roland Garros e Wimbledon), si capirà come il record di Federer è destinato a durare nel tempo. Murray per ora dovrà al massimo accontentarsi di entrare solo nella storia, come il primo tennista di nazionalità britannica a essere finito in finale a Wimbledon dai tempi di Fred Perry. Cioè dal 1936. Circostanza che ha convinto anche David Cameron, premier conservatore britannico non noto per il proprio tifo per la Scozia e le mai sopite speranze indipendentiste, a entrare nella geografia andando a tifare per lui in tribuna d’onore a Londra nel torneo più blasonato del mondo. 

Il settimo titolo di Wimbledon conquistato da Roger è anche il sigillo alla vita e alla carriera di un normale cittadino svizzero, sposato con due figlie, che ha fatto di una  esistenza ordinaria la propria stessa straordinarietà tennistica. Generalmente i giovani tennisti già a venti -venticinque anni sono dei ragazzi un po’ viziati, pieni di capricci, vere e proprie rock star della racchetta, con alti e bassi conseguenti. Era così Mac Enroe, lo fu Borg specie a fine carriera, lo erano Becker, Gerulaitis e Sampras. E oggi lo sono, a modo loro, Djokovic e lo stesso Murray, due atleti bravissimi ma discontinui proprio perché non sempre la testa è all’altezza del braccio. E la testa deve funzionare anche fuori dai campi da tennis. Intendiamoci: Roger Federer è un milionario in euro, sterline dollari e franchi svizzeri, nella propria carriera da dieci anni a questa parte avrà guadagnato una media di sette, otto milioni di euro a stagione cui si devono aggiungere le entrate per la pubblicità. Ma nessuno ha mai letto da qualche parte che abbia scassato una Ferrari o una Rolls Royce, che abbia fatto a botte fuori da una discoteca, che una qualche peripatetica da rotocalco reclamasse il riconoscimento di un figlio da lui, né di notti brave a forza di sesso, droga e rock and roll.

Questo significa forse che Re Leone sia un uomo noioso? Assolutamente no. Roger è equilibrato in campo come nella vita, un vero orologio svizzero, e per questo sta durando e ha ripreso il top ranking di numero uno del mondo, sia pure per soli 75 punti Atp sopra Nole Djokovic- Almeno per quelle ultime settimane che gli basteranno a infrangere il record di Sampras. Quest’anno poi, nel Wimbledon bis che si giocherà a Londra per le Olimpiadi a partire dal 27 luglio, re Federer tenterà di arrivare all’ultimo trofeo che gli manca in una collezione da sogno e da camera blindata di una banca: l’oro olimpico. Paradossalmente questo trofeo nel tennis viene considerato un fratello piccolo degli altri: il tennis non era mai stato ammesso alle olimpiadi fino a due o tre edizioni orsono. Se c’è uno sport dove tutto si fa per soldi è il tennis, per cui ti saluto il dilettantismo e il decoubertinismo. Nel tennis l’importante è vincere più che partecipare. Ma ormai, caduto il velo di ipocrisia che circonda la definizione di sport per dilettanti, nell’era dell’atletica dei Bolton e del nuoto delle Pellegrini, perché solo il tennis doveva rimanere escluso da una manifestazione come le Olimpiadi diventate un grande business come tutto il resto?

Solo nel 2011 qualcuno  credeva, o si illudeva, che la parabola di Roger stesse per imbroccare la via discendente: un anno opaco dai punto di vista dei successi, fino a novembre “zero tituli”, poi però arriva il riscatto verso la fine di novembre quando, vincendo per la sesta volta i Masters di Londra, stabilisce un record storico superando il numero di vittorie in quello stesso torneo, fino a quel giorno condiviso con Ivan Lendl e Pete Sampras. E il nome di Federer si affiancherà di nuovo  a quello di Sampras a partire dall’8 luglio del 2012 , quando verrà eguagliato  il record di sette vittorie di Wimbledon.

Rispetto alla finale di domenica su Murray è tutto riassumibile così: la partita inizia all’insegna dell’equilibrio nel primo set, giocato molto bene da Andy Murray. Federer, come gli capita spesso nelle finali, ci mette un set a carburare e fa qualche stupidaggine di troppo sul 4 pari, come una palla corta che gli costa il break. Perso 4-6 il primo set, Federer inizia però a giocare un altro tennis, capace di incantare  il pubblico londinese, e il secondo set lo vede approfittare di qualche “cazzata” di troppo di Murray sul 5 pari, a parti invertite di quanto era successo nella prima partita.  All’inizio del terzo set comincia a piovere sul centrale di  Wimbledon e la partita viene sospesa per favorire la copertura del campo con il tetto. Praticamente da quel momento si giocherà come in un torneo indoor sull’erba.

 La pausa fa bene a Federer, che rientra in campo per alzare ulteriormente il ritmo. Il game decisivo è il settimo: Murray salva cinque palle break ma nulla può sulla sesta, lo svizzero si porta sul 4-2 e per lo scozzese diventa impossibile rientrare in partita. Il terzo set finisce così 6-3 per lo svizzero e al quarto la musica non cambia. Murray subisce il break al quinto game, Federer tiene il servizio successivo e si porta sul 4-2. La strada verso il trionfo è spianata, e quando l’ultimo rovescio in corsa di Murray finisce largo, re Roger può sdraiarsi sull’erba e godersi il trionfo.

Per quanto nel tennis i paragoni con il passato anche prossimo (si pensi solo alla differenza tra le racchette in legno dell’era di Panatta e quelle in fibra di oggi, ndr) risultino difficili e talvolta odiosi, ora come ora nessuno può negare che lo svizzero Roger Federer sia da considerare il numero uno del tennis mondiale di tutti i tempi.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:09