Il Primo Uomo raccontato da Amelio

Gianni Amelio è uno dei maggiori registi Italiani. I suoi film, spesso tratti da opere letterarie, colpiscono per la raffinatezza e l’eleganza con cui raccontano la condizione umana e gli eventi storici del mondo moderno. Il suo ultimo film intitolato “Il primo uomo” gli è stato ispirato dal libro postumo di Albert Camus, pubblicato alla metà degli anni novanta, dopo che erano trascorsi molti anni dalla morte di questo scrittore, protagonista in Francia della grande stagione intellettuale  dell’esistenzialismo.

Il film narra e rappresenta le vicende personali e familiari del protagonista, uno scrittore di successo Jacques Cormery, alter ego di Albert Camus, sicché, alla stessa maniera del libro, deve essere considerato autobiografico. Nella prima scena, commovente e dolorosa, compare lo scrittore Cormery che si reca al cimitero sulla tomba del padre, morto durante il primo conflitto mondiale, e che non ha mai potuto conoscere personalmente. L’assenza della figura paterna, tema del libro di Camus, è un aspetto biografico essenziale che riguarda la stessa vita di Gianni Amelio, il regista di questo film bello e profondo che è cresciuto in Calabria da bambino senza la figura paterna. Jacques Cormery, invitato dalla università di Algeri, rientra nella sua patria in Algeria, proprio nei giorni in cui il conflitto politico tra il fronte di liberazione nazionale e le autorità francesi nel 1957 diviene aspro e violento. Nella città di Algeri si susseguono, in quel periodo storico che precede la fine del colonialismo francese, gli attentati terroristici.

Lo scrittore, per avere assunto una posizione politica secondo la quale in Algeria gli arabi ed i francesi dovrebbero convivere in uno stato libero e democratico, viene contestato, durante la conferenza che tiene nella sede della università di Algeri. In questa parte del film si allude e si evoca lo scontro che divise ed  oppose duramente Camus, in Francia negli anni cinquanta, e Sartre, per il quale l’esperienza coloniale francese doveva concludersi, per consentire agli Algerini di conquistare la propria indipendenza politica e nazionale. Nel film l’aspetto estetico che ne definisce lo stile cinematografico, grazie ad una fotografia che restituisce sullo schermo il paesaggio e l’ambiente dell’Algeria degli anni cinquanta, è basato su di un gioco di specchi nella rappresentazione tra il passato, a cui è legato dai ricordi il protagonista, ed il presente, segnato dalla lotta politica per l’indipendenza nazionale. Osservando il volto della madre che oramai anziana vive da sola in una casa vuota e silenziosa, lo scrittore Jacques Cormery rievoca la sua infanzia difficile e dolorosa. La nonna, donna energica e autoritaria fino alla crudeltà, che lo puniva, percuotendolo con una violenza eccessiva e sproporzionata per ogni suo sbaglio. La sofferenza interiore per la mancanza del padre, morto in guerra, che lo induceva a chiedere allo zio, uomo dal temperamento mite e gentile, quale fosse la personalità  di suo padre, dallo scrittore mai conosciuto.

Nella sua povera vita di bambino e adolescente, mentre la nonna vorrebbe avviarlo al lavoro fin dai primi anni di vita, sarà il maestro Bernard a guidarlo, persuadendo i suoi familiari a consentigli di proseguire gli studi. Infatti divenuto uno scrittore di successo in Francia, appena rientrato nella sua terra di origine, Jacques Cormery si reca in visita dal suo maestro e professore Bernard, al quale dona il suo ultimo libro, ringraziandolo per avergli dato la possibilità di continuare la sua formazione, grazie alle borse di studio  ottenute per i suo impegno scolastico. Il vecchio professore, oramai anziano ed il cui insegnamento lo aveva profondamente influenzato, lo invita a scrivere un romanzo sul suo paese di origine, dilaniato dal conflitto coloniale con i francesi per conquistare l’indipendenza, poiché sono soltanto  le opere letterarie, gli confessa in questo memorabile dialogo, che riescono a ritrarre e cogliere l’essenza di un popolo e la sua civiltà. Cormery incontra il suo  vecchio compagno di scuola Hamdud, un arabo a cui era molto legato, e scopre con dispiacere che suo figlio Aziz è stato rinchiuso in carcere, perché accusato dalle autorità governative francesi di essere responsabile degli attentati terroristici.

Lo scrittore interviene e favorisce un incontro in carcere tra il padre, che lotta per la sua  liberazione, ed il  figlio, che si dichiara colpevole, poiché desidera che il suo paese sia liberato dal giogo coloniale.  In questa scena viene rappresentata con rara sensibilità e molta profondità la dimensione tragica del conflitto politico nell’Algeria degli anni cinquanta, poiché favorisce la comprensione di quanto dolorosa e lacerante  sia stata la lotta per l’indipendenza del popolo algerino.  Nella parte finale del film, in cui le immagini e le inquadrature che ritraggono le figure ed i volti dei personaggi principali hanno una netta prevalenza sui dialoghi e le parole, Cormery visita la fattoria in cui era nato. Incontrando il proprietario, un francese che non ha intenzione di rientrare nella sua nazione, rimane colpito dalle parole di questo contadino, per il quale tra gli arabi algerini, malgrado le diversità culturali legate al costume ed alla religione, ed i francesi non vi sono differenze sostanziali.

Questo dialogo molto intenso rivela un pensiero filosofico che Camus aveva maturato nel corso della sua vita di scrittore ed intellettuale, secondo il quale bisogna edificare società libere e democratiche, nelle quali, come afferma in una conferenza alla radio il personaggio del film Comery, gli uomini possano convivere con gli stessi diritti e doveri  pacificamente,  senza incomprensioni e conflitti.  Prima di ritornare a Parigi, Comery chiede alla madre perché non voglia andare a vivere con lui in Francia. La madre, in modo sobrio ed  essenziale, gli risponde che, per quanto la Francia sia una nazione colta e bella, lei non potrebbe vivere in un paese dove non ci sono gli Arabi. 

Film Il Primo Uomo 

Regia di Gianni Amelio

Interpreti: Jacques Gamblin, Maya Sansa, Catherine Sola, Denis Podalydes, Ulla Bauguè, Nicolas Giraud, Nino Jouglett, Abdelkarin Benhabouccha, Hachemi Abdelmalek, Dianel Said, Jean Paul Bonnaire, Jean Francois Stevenin

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:16