De Lamennais e il cattolicesimo liberale

I cattolici, invece di praticare il diffuso "intransigentismo", presente nell'associazionismo ecclesiastico, hanno voluto calarsi nelle realtà concrete per dare una risposta al mondo nato dalle idee della rivoluzione francese, risposta che fosse coerente con gli ideali cristiani. Non dimentichiamo che di fatto, è stato un grosso ostacolo la soluzione della questione del potere temporale dei Papi, perché tale potere veniva percepito dalla maggioranza dei cattolici, come elemento necessario affinché il Pontefice fosse libero nell'esercizio della sua missione spirituale. 

I Borboni di Francia, ritornati al potere dopo la rivoluzione francese, professavano di essere cattolici. Le gerarchie ecclesiastiche francesi, quindi, erano portate a schierarsi a favore dell'autorità. È proprio in questo periodo che sorgerà in Francia un movimento di cattolici che facente leva sulle legittime aspirazioni del popolo, esigeva dall'autorità svariate riforme. E ciò avveniva nonostante la caduta di Napoleone e il forte potere decisionale esercitato da Metternich. Molti uomini in Italia, sia di concezione laicista che di fede cattolica, continuavano a guardare a Parigi. Non possiamo quindi non soffermarci sull'ascendente che Parigi esercitava anche in Italia. È in Francia, infatti, che nasce il cosiddetto cattolicesimo liberale. 

La dottrina del Gallicanismo (dal termine latino Gallia: Francia) negava alla Chiesa di Roma il diritto di interferire non solo negli affari politici e civili francesi, ma anche nei problemi religiosi della Francia cattolica, e fondava tale teoria sulla supremazia dei Concili rispetto all'autorità del Papa. La restaurazione dei Borboni accentuò la subordinazione della Chiesa di Francia all'autorità secolare e alla monarchia. Giuseppe De Maistre attribuiva la decadenza del cattolicesimo francese al Gallicanismo, cioè alla non partecipazione della Francia alla vita della Chiesa universale e all'interdizione dei rapporti con Roma, per cui vide nell'affermazione della supremazia della Santa Sede sui problemi religiosi, la chiave di volta per ritornare a un cattolicesimo autentico e a un rinnovamento religioso. Con De Maistre si affermava l'Ultramontanismo (dopo la riforma protestante, l'espressione latina ultra montes indicò la dottrina che affermava la suprema autorità del papato all'interno della Chiesa). L'Ultramontanismo s'imporrà, dal punto di vista teologico, al primo Concilio Vaticano del 1870 e condurrà alla definizione dell'infallibilità del Pontefice quando parla "ex-cathedra".

Nel 1821 moriva De Maistre e un sacerdote bretone, il de Lamennais, cominciava già ad affermarsi. Con il passar degli anni il de Lamennais associò alla sua fede in Roma anche quella nel popolo ed affermava la non incompatibilità tra Ultramontanismo e Liberalismo. Il de Lamennais diverrà il più grande liberale cattolico della sua generazione e influenzerà anche larghi ambienti non cattolici. La causa religiosa del Papa, per il de Lamennais, s'identificava con quella sociale del popolo: era la causa della Verità e della Libertà contro l'oppressione dello stato aristocratico e borghese. Nasceva così il cattolicesimo liberale.  

Se la natura delle sue affermazioni procuravano a de Lamennais moltissime simpatie, tuttavia, gli attirarono anche i sospetti della gerarchia ecclesiastica francese, ancora imbevuta di Gallicanismo. I suoi libri furono proscritti ed egli fu sottoposto a processo dall'ultimo re borbone, Carlo X. La rivoluzione del 1830 in Francia capovolse però la situazione di de Lamennais che, assieme ai suoi amici Montalembert e Lacordaire, fondò il giornale l'Avenir e poté così diffondervi liberamente le idee dei cattolici liberali. 

Contemporaneamente al diffondersi in Francia delle tematiche dei cattolici liberali, si aveva in Europa il successo dei cattolici belgi sul re olandese e l'analoga vittoria di O'Connel in Irlanda. Il gruppo dell'Avenir sottolineava che il Papa non doveva accettare favori dai governanti, ma chiedere e combattere per ottenere ciò a cui i cattolici avevano diritto. Si auspicava la separazione fra Chiesa e Stato, la libertà di stampa e di associazione, l'estensione del diritto di voto, il consolidamento delle libertà comunali. L'Avenir, pur nella sua breve esistenza, ebbe un influsso notevole e fu tenuto in grande considerazione anche in ambienti non cattolici (come corrispondenti ebbe persino Lamartine e Victor Hugo). L'Avenir rappresentò, la conciliazione dei principi cattolici con le idee liberali, nate dalla rivoluzione francese. L'attività svolta da de Lamennais fu presentata a Roma come pericolosa per la Chiesa. Parecchi Vescovi francesi, intanto, avevano proibito al loro clero la lettura dell'Avenir. Poiché il de Lamennais era sicuro della sua ortodossia teologica, su consiglio di Lacordaire, decise di fare appello al Papa e partì, assieme a Montalebert e Lacordaire, per Roma. Ma Roma non fece una buona accoglienza ai tre francesi. Era in discussione il capovolgimento dell'ordine sociale esistente e tutto diventa vischioso quando bisogna introdurre dei cambiamenti. Inoltre il Papa era impelagato a reprimere i moti di Romagna: ciò metteva in una maggiore "cattiva luce" le idee dei tre pellegrini che venivano interpretate come progetti che avrebbero potuto aumentare i disordini già esistenti nello Stato Pontificio. Non ottenuta l'udienza per discutere della loro opinione sui problemi che riguardavano la conciliazione della Chiesa con le idee liberali, fu presentato al Papa un pro-memoria scritto. Vi furono, poi, ulteriori insistenze per aver concessa l'udienza, ma fu accordato loro soltanto di fare una semplice visita di cortesia al Papa (31 marzo 1832). Nell'agosto dello stesso 1832 usciva l'Enciclica "Mirari Vos" nella quale, senza nominare il de Lamennais, veniva disapprovata la libertà di coscienza (intesa nel senso di "non imposizione") e la libertà di stampa; si censurava anche la dottrina della separazione tra Chiesa e Stato, e quanto poteva condurre a disubbidire ai governanti; si disapprovavano anche le alleanze tra uomini di diverse confessioni religiose per combattere, insieme, per il bene comune. In pratica, il programma di cui si faceva portabandiera l'Avenir veniva sconfessato. Subito dopo veniva pubblicato il "Breve" ai vescovi polacchi, in cui il Papa esortava i cattolici polacchi, insorti contro la tirannia dello zar Nicola, alla pazienza e alla moderazione. Certamente l'esistenza di tanti moti rivoluzionari in Europa, ed anche nello stesso Stato Pontificio, con gli inevitabili nefasti abusi, spingevano il Papato a questo atteggiamento. Ciò ci fa comprendere la crisi interiore che i cattolici di idee liberali soffrivano, volendo conciliare l'anelito verso le riforme liberali da attuare, con l'esigenza di custodire la sana ortodossia cattolica. L'insurrezione polacca e soprattutto la sua barbara repressione, spinsero ad un ulteriore sviluppo il Cattolicesimo liberale. Montalembert invocò la libertà per i polacchi. Il de Lamennais espresse la sua indignata avversione contro la repressione disumana dell'autorità civile costituita. Roma si affrettò a condannare con l'Enciclica Singulari Nos (1834) le idee di de Lamennais. Il quale, colpito nell'orgoglio, perdette la fede, prima in Roma (cioè nel suo Ultramontanismo) e poi nella rivelazione cristiana. Egli rimase di idee troppo cattoliche per accettare ed essere accettato dai suoi avversari di ieri. Tuttavia non fu mai scomunicato e il suo pensiero continuò ad essere il punto di riferimento, anche in Italia, per quanti si sforzavano di conciliare i principi nati dalla rivoluzione con il cristianesimo. Montalembert e Lacordaire, invece, rimasero nella Chiesa Cattolica e vinsero significative battaglie a favore dei fondamenti liberali da loro professati. Ad essi si unì Federico Ozanam, professore alla Sorbona, conosciuto da molto perché fondatore delle Conferenze di San Vincenzo, in aiuto dei bisognosi. L'Ere Nouvelle, il nuovo giornale lanciato da Lacordaire e Ozanam, continuò a sostenere le idee dei cattolici liberali francesi. 

È innegabile una certa preferenza della Chiesa istituzionalizzata per l'ordine costituito, e la rivoluzione francese fu considerata il ribaltamento di quest'ordine, così come la restaurazione del 1815 era stata vista come il ripristino dell'assetto sovvertito. Roma, quindi, preferiva gli ordinamenti dei vecchi stati e le bizzarrie dei vecchi governanti (fossero essi impregnati di Gallicanismo, come in Francia, o della similare dottrina del Giuseppismo, come in Austria), con i relativi continui attriti che ne conseguivano, anziché avere a che fare con le libertà popolari, macchiate, storicamente, dal sangue delle rivoluzioni.

I cattolici liberali francesi, pur in mezzo a tante difficoltà, non solo si mostrarono capaci di armonizzare i principi liberali con i valori cristiani, da loro autenticamente praticati, ma riuscirono anche a superare, nella vita concreta di ogni giorno, l'ostilità dei liberali anticlericali verso i cattolici praticanti, come dimostra la nomina di Ozanam alla Sorbona, dove allora predominavano le idee anticlericali e il positivismo di Comte.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:11