Meotti e i nuovi martiri di Israele

"Un monumentale studio di dolore ed angoscia, di lutto e ricordo, di odio e amore". Così il "Wall Street Journal" ha definito "A New Shoah" (Encounter, disponibile anche in eBook), versione inglese del libro inchiesta sui martiri di Israele "Non smetteremo di danzare" (Lindau Edizioni) di Giulio Meotti, firma di spicco del Foglio quotidiano, che collabora con diverse testate internazionali. Un volume che, in attesa della prossima opera su Israele e Vaticano, continua a vendere e collezionare recensioni positive, paradossalmente più all'estero che all'interno dei confini italiani.

"A New Shoah" sta riscuotendo uno straordinario successo negli Stati Uniti ed in Israele. Si può affermare che, sull'argomento trattato, il resto del mondo sia più sensibile dell'Italia?

Ci sono numerose ragioni: l'America è lo scudo politico e militare di Israele, ci vive la più grande comunità ebraica al mondo fuori da Gerusalemme e anche i non ebrei, siano essi laici o cristiani evangelici, hanno una fortissima vocazione pro israeliana.

Negli Stati Uniti il tema dell'antisemitismo appare più sentito che in Europa: è così? Come si spiega questo fenomeno?

L'Europa ha scelto lo stato ebraico come nuovo emblema del male. Esiste in Europa una sorta di teologia secolare sostitutiva che vede in Israele e nel sionismo, ovvero l'autodeterminazione degli ebrei nella loro terra di biblica memoria, la sentina di ogni conflitto e perversione. Israele, lo dicono i molti sondaggi europei, è il pariah per eccellenza, uno stato accostato alla Corea del Nord e all'Iran addirittura. L'opinione pubblica europea, infarcita della propaganda anti-israeliana che promana da Bruxelles, dalle sue ONG, dalle sue chiese, dai suoi giornali, è sempre più ostile a Gerusalemme e ha abbracciato la causa palestinese non in termini pragmatici, ma come la grande panacea, la grande via per l'espiazione del passato coloniale. È l'Europa di Günter Grass, dei supermercati che bandiscono le merci israeliane, degli artisti che boicottano i teatri di Tel Aviv. Esiste ormai un odio europeo irrazionale fatto di compulsiva duplicità, doppio standard e negazionismo. Una sorta di mostrificazione che anziché gli ebrei capitalisti, gli ebrei comunisti e gli ebrei avari, demonizza i soldati ebrei e i coloni ebrei. 

Sussiste un doppio standard, o peggio un "bias", dei media occidentali nel raccontare di Israele?

I media occidentali sono vittime di una sorta di ubriacatura intellettuale, un delirio in cui si pasciono compiaciuti di sé. Non c'è più giusto o sbagliato, vittima e colpevole, è un dramma più cosmico che reale. Credo che molto dipenda dall'Olocausto: il livore anti-israeliano consente all'intellighenzia europea di sopravvivere al senso di colpa per i sei milioni. L'Europa non perdona Israele per Auschwitz. Israele è bruciato in effige nelle università, nelle piazze, nei giornali, nei supermercati, nei parlamenti.

Non è singolare che, a fronte di decine di volumi sulla cosiddetta "questione palestinese", il Suo rappresenti quasi un caso isolato, in controtendenza?

Quanto accadde durante la Seconda Intifada, raccontata nel mio libro, ovvero l'uccisione di 2000 israeliani inermi e innocenti, è pronto a ripetersi con il nucleare iraniano. L'Europa che stava a guardare mentre i kamikaze palestinesi polverizzavano autobus e centri commerciali, ristoranti e università, starà a guardare se un missile nucleare di Teheran colpirà Tel Aviv. Spero con il mio libro di aver mostrato quanto e come un nuovo Olocausto sia possibile. E perché ci si debba mobilitare per fermarlo.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:33