Ora si può ridere anche dei dittatori

Si può ridere dei dittatori. Anzi, del dittatore per antonomasia: una miscela tra Gheddafi, Saddam, Ahmadinejad e Nasrallah. Si può sghignazzare sui diritti umani e quelli delle donne, sul programma nucleare iraniano e sulle paure di Israele. E dopo "Il grande dittatore" nazista di Charlie Chaplin e quello castrista  dello Stato Libero di Bananas di Woody Allen, ecco che la satira del terzo millennio scopre il "Piccolissimo dittatore" islamico di Sacha Baron Cohen.

L'ultimo tabù della comicità cinematografica è stato  quindi rotto. Naturalmente dal suddetto Sacha Baron Cohen, il comico ebreo britannico protagonista dell'esilarante pellicola Il dittatore, nelle sale italiane a partire dal 15 giugno. 

Il film doveva inizialmente uscire nei cinema statunitensi l'11 maggio 2012, ma a causa della concorrenza di "Dark Shadows", la Paramount ha spostato la data di uscita al 16 maggio, e con essa anche quella italiana. Il tutto provocherà sicuramente anche qualche discussione politically correct. Nel merito, laddove finiva la parabola umana ed esistenziale di Borat ecco iniziare quella di Haffaz Aladeen, immaginario tiranno di un paese di fantasia, sito in Africa, che si chiama Wadiya, affiancato dal suo infido braccio destro Tamir, uno splendido Ben Kingsley prestato a un ruolo da operetta. Aladeen, nel film, sbarca a New York a cavallo di un cammello, con codazzo di amazzoni ed elefanti, per recarsi al Palazzo di Vetro dove lo aspettano i paesi del mondo occidentale, e i relativi e tronfi capi di stato, pronti a fargli la guerra umanitaria se non desisterà dai propri massacri contro la inerme popolazione del proprio paese.

Va subito detto che la pellicola andrebbe fatta vedere in inglese con i sottotitoli anche essi in inglese. Visto che quelli italiani  sono del tutto sballati, come è stato constatato mercoledì scorso durante la proiezione stampa al cinema Barberini a Roma. Conoscendo i doppiatori italiani e soprattutto i traduttori (che già si intuiscono dai sottotitoli, oltretutto quasi tutti fuori sinc), c'è da aspettarsi che il film presentato anche Cannes fuori concorso ne possa risentire tragicamente. Che dire di Aladeen? È un pazzo con la barba da integralista islamico che ha vinto le proprie olimpiadi personali nel proprio paese immaginario. Quando correva i cento metri era lui stesso a usare la pistola dello starter rivolgendola anche contro i propri contendenti, mentre il traguardo portato dai sudditi correva a sua volta incontro a lui. Filosofia di vita? Le donne sono tutte prostitute e le paga rivolgendosi a un'agenzia di escort di lusso. La notte, quando dorme, si sente solo e abbraccia il cuscino come un orsacchiotto. 

Fa giustiziare chiunque osi solo contraddirlo, compreso lo scienziato a capo del suo programma nucleare («solo per scopi pacifici») che vuole fare partire un'ogiva con la punta arrotondata invece che a spigolo. Naturalmente, come in tutti i film di Sacha Baron Cohen, che è anche andato in Israele a presentare questo difficile prodotto e che è stato accolto con entusiasmo da pubblico e critica, non mancano quintali di riferimenti e allusioni al sesso nella versione più anti femminista possibile. C'è anche la nota scena del trailer in cui Aladeen aiuta una partoriente e quando viene fuori il bambino, constatato il sesso femminile, chiede dove è il secchio della spazzatura. Laddove tutti gli altri comici fallirebbero miseramente, oppure metterebbero del loro nel pregiudizio antisemita, vedi da ultimo il caso di Dieuxdonnè in Francia, Sacha Baron Cohen riesce a usare la categoria dello spirito di colui che ridendo castiga i costumi (Totò avrebbe detto: «ridendo castiga i mori»), senza prendersi troppo sul serio ma tuttavia sottolineando tutti i passaggi delicati degli ultimi venti anni di conflitto tra Occidente e Islam.

Divertente anche la scena del dittatore in compagnia dello scienziato nucleare alla guida di un velivolo da diporto, con una coppia di anziani americani a bordo, che parla spaventandoli della possibilità di un nuovo 11 Settembre da preparare per il 2012. Il battage della pellicola prevede anche un pagina Facebook e l'hashtag #IlDittatore per Twitter, che si presenta ai propri fan in questa maniera: «#IlDittatore, sua magnificenza Generale Aladeen, ricorda a tutti il suo imminente arrivo con due spot pubblicati da Everyeye Network! Tutte le cittadine italiane in età da marito si preparino ad accoglierlo nel modo più opportuno».  O anche: «#IlDittatore - L'Occidente ha i giorni contati. Preparatevi alla fine della democrazia e all'annientamento dei diritti delle donne. Risparmierò le vostre famiglie se condividete il video portandomi nuovi adepti!»

Insomma risate a non finire ma anche qualche pensiero che ci turba come le nuvole che preannunciano il cambiamento di una giornata apparentemente serena. Nella trama Aaldeen ha decine di sosia che vengono uccisi regolarmente al posto suo negli infiniti attentati che il suo inner circle continuamente organizza contro di lui. L'ultimo lo attende prima del discorso all'Onu che dovrebbe evitare la guerra giusta dell'Occidente. Il suo braccio destro lo fa sostituire con un sosia idiota che alleva capre, difeso da amazzoni ninfomani, per fargli recitare uno statement in cui si dichiara disponibile a una nuova democrazia in Wadiya. Tutto per assicurarsi i contratti e le tangenti sulle forniture di petrolio. Insomma, la parodia che mima la realtà di molte cose viste, da "Oil for food" agli spettacoli indecenti di Gheddafi in Italia e Francia ai discorsi di Ahmadinejad all'Onu. Nel discorso di Aladeen si vede anche lui che orina in un vaso di vetro e lo scaglia contro il rappresentante di Israele alle Nazioni unite. Ma questo tipo di comicità, che non risparmia alcun tabù, non va invece confusa con quella antisemita tout court del Dieuxdonneè già citato. Cohen è un Woody Allen post moderno e ride delle cose che meno dovrebbero fare ridere, ma allo stesso tempo esorcizza chi crede che la propria ybris da dittatore faccia paura al resto del mondo. 

Un esempio più unico che raro di come possa essere educativa la comicità, anche la più trash. 

E di scene che si possono definire in questa maniera Sacha Baron Cohen ce ne fa fare un'indigestione. Ma una per tutte toglie il fiato per le risate: quando il nostro eroe si butta da un grattacielo a un altro, con un cavo di metallo, per sfuggire ai propri attentatori in un rocambolesco inseguimento e finisce per sbattere contro la finestra di un hotel di lusso in cui una signora americana vede piombare la sua sagoma con il pisello di fuori come se le si schiantasse addosso. Un'ultima notazione per le sue pose con lo sguardo sempre volto all'orizzonte, tipico dei dittatori da Mussolini in giù. Recita una didascalia italiana in maniera molto significativa: «perchè da abbassare lo sguardo ad abbassarsi alla democrazia è un attimo... meglio non rischiare!».

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:14