Il nichilismo secondo Luigi Iannone

Luigi Iannone, giornalista ("La Rivista di Politica", "Antarès", "Il Cerchio", "Il Borghese"), vincitore nel 2003 del Premio Nazionale della Cultura istituito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per l'attività saggistica, coordinatore del Dipartimento di Storia dell'Istituto Italiano di Scienze Sociali, di cui è uno dei fondatori, e membro del Consiglio Accademico dell'Istituto di Alti Studi Strategici e Politici di Milano, è autore di numerosi libri, tra cui "Tolkien e il Signore degli Anelli", "Jünger e Schmitt: dialogo sulla modernità", "Il suicidio dell'Occidente. Libro-intervista a Roger Scruton" e "Manifesto antimoderno". A

colloquio con "L'Opinione", presenta la sua più recente opera, "Il profumo del nichilismo" (2012, Solfanelli Editore). Il Suo libro è definito un "viaggio non-moralista nello stile del nostro tempo". Di cosa si tratta? È un viaggio attraverso le contraddizioni di un tempo che si fregia di parole simbolo come libertà, diritti, economia globalizzata, emancipazione, e il cui totem è il diritto alla felicità. In realtà, se andiamo oltre la superficie, ci rendiamo perfettamente conto che la linea di demarcazione tra civiltà e barbarie si sta definitivamente dissolvendo e in molti casi le parole sono prive di un significato reale. I barbari, insomma, non sono dei sub-umani arrivati tardi all'appuntamento con la Storia, né una deviazione dal percorso originario, ma uno degli effetti voluti della civilizzazione. Ognuno di noi è civile e barbaro. "Il Profumo del Nichilismo": come mai questo titolo? Il nichilismo, quello che Nietzsche chiama «il più inquietante degli ospiti1», è ciò che contraddistingue la condizione dell'uomo moderno. Ne conosciamo tutti i pericoli, eppure, non tentiamo, e forse non possiamo, in nessun modo venir fuori da questa condizione. Sprofondiamo in quella che è stata definita la colonizzazione dell'immaginario da parte di valori unicamente economici e commerciali senza nemmeno opporre una benché minima resistenza e siamo avvolti da un profumo dalle essenze talmente forti che disarma e rende innocui. Siamo su un declivio pericoloso ma siamo dolcemente anestetizzati. Alain de Benoist, nella sua presentazione, parla del volume come di «una sorta di guida tra stili di vita, miti e modelli del nostro tempo».

Come nasce l'idea di questo libro? Cosa L'ha spinta a scriverlo? L'idea è quella di descrivere gli effetti del nichilismo partendo dal vissuto quotidiano e abbandonando per un attimo le analisi filosofiche. Fare per una volta il ragionamento inverso: scrutare cioè il nostro modello di società partendo da indizi banali per poi allargare il quadro di analisi. Ecco perché è possibile partire dai ripetuti applausi durante un funerale per rintracciarne anche i segni della crisi del sacro; oppure analizzare quei moderni paesi dei balocchi che sono i centri commerciali per comprendere quanto il bisogno indotto e il mito dell'oggetto da possedere a tutti i costi possa trasformare le nostre relazioni sociali; o studiare fenomeni di comunicazione globale dove il gossip è il punto di partenza e l'azzeramento della privacy è il punto di arrivo; oppure, muovendo da concetti lodevoli come la beneficenza, esprimere forti dubbi sulla distorsione del senso del dono, della solidarietà e dell'altruismo; o ancora, descrivere la crisi della cultura - cosiddetta alta - attraverso un circo mediatico alimentato da intellettuali da salotto che non hanno più nulla da dire da almeno un paio di decenni. Lei ha scritto, in passato, opere quali "Dialogo sulla modernità", "Il suicidio dell'Occidente" e "Manifesto antimoderno": come si pone questo nuovo volume rispetto a quanto firmato in precedenza?

C'è una sorta di continuità, un filo conduttore tra le diverse opere? Il filo conduttore è evidente ed è voluto. Nei precedenti libri ho indagato la modernità rileggendo alcuni tratti di pensatori a me cari come Jünger, Schmitt o Heidegger o attraverso libri-intervista. Con Roger Scruton, filosofo inglese, scrivemmo "Il suicidio dell'Occidente", partendo per esempio da un approccio diverso perché il mio eccessivo pessimismo fu un ottimo strumento per sollecitarlo. Nel caso di quest'ultimo libro, l'approccio è più divulgativo. Mi premeva osservare i tic, i falsi miti e i modelli di comportamento che segnano la nostra vita quotidiana.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:32