![L'infedeltà coniugale in Francia](/media/1379700/07i.jpg)
I malati di sesso e di "peterpanismo" priapico adolescenziale
sono i grandi imputati dell'ultimo, esilarante, film del duo
Dujardin - Lellouche. I registi di questo "Gli infedeli"- da
venerdì scorso distribuito nei cinema italiani - dove ovviamente il
protagonista è lo stesso regista attore, Jean Dujardin, che compare
in quasi tutti gli episodi, alcuni lunghi, altri a sketch
folgoranti, di cui si compone la pellicola. Il più divertente dei
quali è quello che riguarda la trasgressione sadomaso e bondage che
non vi raccontiamo per non togliervi il gusto della risata
sganasciata. Il film è anche una radiografia della vitellonaggine
alla francese di "aujourd'hui". Ad esempio, l'episodio più
volutamente squallido è ambientato nella gita aziendale dei
venditori, quando c'è la notte di libera uscita in cui tutti
tentano di rimorchiare qualche collega carina snobbando quelle più
brutte («quella è una bambola con il corpo di bombola» traduzione
italiana, ndr).
E poi uno di loro nel cuore della notte, frustrato nei tentativi
al bersaglio grosso, alla fine ripiega sulla bruttina insultata
poco prima di cena e ne riceve invece un avvilente rifiuto. E il
giorno dopo lei racconta il tutto agli altri mettendolo alla gogna.
Se vogliamo porre una tara al film va detto che il tutto puzza un
po' di moralismo d'Oltralpe e siccome la pellicola esce in periodo
elettorale qualche sospettino di odio verso la Francia che è stata
di Sarkozy in questo breve periodo degli ultimi cinque anni può
anche sorgere. E d'altronde le commedie di Dujardin e di Lellouche
tutte lì vanno a parare, l'odio contro il neo rampantismo dei nuovi
ricchi. Nelle note di regia Jean Dujardin e Gilles Lellouche, che
sono attori e registi del primo episodio (e in quasi tutti gli
altri), quello della fuga trasgressiva a Las Vegas, così raccontano
come è nato lo spunto: «Il progetto è frutto di una serie di
desideri e di idee che coltivavavamo da molto tempo.
Innanzitutto c'era la voglia di fare un film a episodi, un formato
cinematografico che consente una grande varietà. L'idea del tema è
venuta dopo aver sentito la storia di un tizio che, per tradire sua
moglie, andava al cinema, comprava un biglietto e staccava il
telefono prima di andare a spassarsela. Quando tornava a casa, alla
moglie che gli chiedeva perché non fosse raggiungibile sul
cellulare, esibiva il biglietto del cinema come prova... Ho trovato
questo espediente molto interessante. Il tema dell'infedeltà
offriva un terreno di gioco appassionante». «L'ultimo elemento
riguarda il titolo - spiega Dujardin - che si è imposto quando,
scorgendo di sfuggita la copertina del dvd del film di Martin
Scorsese "The departed", il cui titolo francese è "Les infiltres",
ho letto per errore "Les infidels" e a quel punto ho avuto la
forma, il tema e il titolo».
Rispetto alla scelta, difficile, a volte ardua e sempre foriera di
flop, di fare un'opera a episodi, per giunta vagamente intrecciati
tra loro, almeno in senso concettuale, ecco spiegato dalle parole
dei due registi e attori il perché di questo azzardo: «il grande
vantaggio di un film a episodi consiste nell'offrire un'autentica
varietà di spunti. Abbiamo potuto affrontare l'argomento da diversi
punti di vista, dal più giovane al più maturo e profondo, con
personaggi più o meno caricaturali, vicini a noi e distanti da noi.
Abbiamo cercato di scandagliare il tema, proponendo delle
angolature che esprimano anche le differenze di età e di ceto
sociale e che illustrino diverse situazioni, da quelle da incubo a
quelle delle fantasie… Abbiamo iniziato a lavorarci facendo una
serie di riunioni piuttosto informali e ridanciane con i nostro
co-autori, Stéphane Joly, Philippe Caverivière e Nicolas Bedos.
Abbiamo ideato una serie di piccoli film potenziali, almeno una
trentina all'inizio, e in seguito abbiamo fatto una
selezione.
L'unico denominatore comune era la libertà di tono e umorismo, che
tuttavia non impediva di toccare note patetiche o cupe». E quindi?
«Abbiamo accumulato idee, scritto e lavorato con alcuni autori e
poi abbiamo scelto i soggetti, sia in base alla forza della
tipologia, sia in base alle emozioni che risvegliavano in noi. Il
divertimento e il desiderio di interpretarli che ci suscitavano
sono stati due criteri determinanti nella nostra scelta. Numerosi
soggetti si sono imposti con naturalezza e sono quelli che si sono
rivelati più interessanti con il passare del tempo. Malgrado il
film sia composto di varie storie che mettono in scena personaggi
diversi, permane una sensazione di continuità…Inoltre ogni film
risponde a un altro. Senza voler rivelare i dettagli di ogni
storia, si può dire che ogni segmento termina in qualche modo dove
inizia il segmento successivo». Se il risultato di questa sfida era
quello di "fare ridere e pensare", i due nuovi prodigi della
cinematografia francese lo hanno centrato in pieno.
Rimane l'amaro in bocca, nel solito doppiaggio all'italiana, per
qualche gioco di parole che si intuisce diverso e si rimpiange di
non conoscere come fosse veramente nella versione francese. Ma
l'Italia si sa, non è un paese per film in originale.
Nell'appiattimento globale da linguaggio televisivo e per slogan
stupidi viene travolta anche l'inventività del cinema francese così
come sinora non è stata risparmiata la genialità di quello
americano, spagnolo, cinese, turco, arabo, israeliano e
quant'altri. Il linguaggio corrotto dal servilismo dei media e
dalla politica partitocratica è come un cancro che si è diffuso a
tutto lo scibile umano, in Italia, contaminando anche i prodotti
importati, come le pellicole cinematografiche, d'autore e
non.
A ciascuna di esse ci è piaciuto mettere una croce da far portare
all'utilizzatore finale, cioè allo spettatore in sala: quella di un
adattamento fatto con traduzioni traballanti, cretine e piegate
alla nostra attualità esistenziale di cui al resto del mondo frega
un po' meno di niente. Siamo italioto centrici e televisivi anche
al cinema e i risultati purtroppo sono quelli che sono. Speriamo di
venire perdonati dai tanti autori storpiati dal nostro doppiaggio
attuale (quello degli anni '40 era un'altra cosa, ndr) che ormai
seppelliscono tanti capolavori in un'ideale "spoon river" dei film
stranieri rovinati dai distributori nazionali del Bel Paese.
Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:31