Obama non è quello raccontato dai media

Un Barack Obama reale e uno percepito. Come l'umidità e il caldo in estate. E questo grazie alla mediazione di giornali che in tempi di campagna elettorale farebbero concorrenza pure alla tv di stato italiana per disinformazione, mistificazione e spirito di propaganda. Gli americani più avveduti, del settore conservative e dintorni, quelli che leggono Commentary magazine, tanto per intenderci, nel numero appena uscito hanno potuto leggere almeno il geniale incipit di un articolo intitolato The jigsaw puzzle and the chessboard, in cui, quasi come nel film Rashomon di Kurosawa, sono proposte almeno due versioni contrapposte della politica estera dell'attuale presidente degli States. 

C'è the case for Barack Obama e c'è the case against. Nel "case for" si dipinge uno scenario idilliaco in cui Obama, avendo ereditato un mondo catastrofico dove il male trionfa (ci sono due guerre in atto in scenari medio orientali, c'è Bin Laden vivo che minaccia con il jihadismo globale tutta l'umanità e c'è un'economia stremata dalla crisi), quasi come Superman sarebbe riuscito in quattro anni a eliminare il nemico pubblico numero uno del mondo, a far ritirare i soldati americani dall'Iraq e a programmare la partenza da Kabul. E avrebbe in parte raddrizzato l'economia degli States oltre ad avere sensibilizzato il consiglio di sicurezza Onu contro l'Iran, scongiurando un'escalation nucleare con gli ayatollah. Questo "case for" in questi giorni è stato sponsorizzato da due copertine trionfalistiche dei maggiori magazine americani, Time e Newsweek. Che presentano il primo i retroscena fatti filtrare dalla casa Bianca del blitz di Abbottabad di un anno orsono, le ultime lettere di Bin Laden, il blitz "imposto" da Obama e via dicendo; il secondo, un America che torna a crescere economicamente, con tanto di Superman in copertina, il dollaro come moneta vincente e 62 milioni di turisti che nel 2011 hanno visitato gli Usa.

The Commentary ci fa capire che questo è l'Obama percepito, non quello reale, più vicino al "case against". Cioè quello che sta alienandosi tutti gli alleati americani a  cominciare da Israele e dall'Europa, quello che ha incoraggiato e finanziato le "rivoluzioni arabe". Tutto ben  sapendo che il Maghreb sarebbe finito in mano ai Fratelli Musulmani, vissuti come male minore tra le vecchie dittature e un futuro ancora ignoto, quello che ha teso la mano all'Iran e in cambio ha ottenuto una bomba atomica ormai quasi pronta all'uso (contro lo stato ebraico) ma anche quello che ha sottovalutato la Russia lasciandola espandere e comandare nel centro Asia e nel centro Europa, vedi caso Georgia e Ucraina. Per non parlare del potere economico, diplomatico e militare  che la Cina sta accentrando su sé stessa sotto gli occhi ignavi di quella che ancora dovrebbe essere la prima superpotenza mondiale.

Insomma quale Obama è quello vero? Il "percepito", attraverso una propaganda imbarazzante di quasi tutti i media americani che ricorda la demagogia di quelli italiani in campagna elettorale, o quello più aderente alla nuda realtà dei fatti così come dipinti nel Commentary magazine? 

In realtà si tratta di un puzzle e di una scacchiera, per citare il titolo del saggio di Henry R. Nau, professore di scienze politiche a Washington. E, se vogliamo ritornare al paragone con il film di Kurosawa in cui una stessa storia poteva essere raccontata in quattro modi diversi, le angolazioni dell'osservatore si riducono a due. Certo la cronaca non milita dalla parte del comitato di rielezione del presidente in carica: nelle ore in cui  Newsweek e Time se ne uscivano con quelle due copertine un po' agiografiche, crollavano le borse di mezzo mondo a causa dei dati sulla crescita americana molto meno incoraggianti del previsto. Se a questo aggiungiamo il fatto che in quegli stessi momenti si consumava la gaffe incredibile della riconsegna del dissidente cieco Chen alle autorità cinesi da parte della Clinton e la notizia che in Pakistan sta per essere processato e condannato a morte il dottor Shakil Abid (cioè quello che ha dato la dritta finale alla Cia perché potesse avere luogo l'operazione dei Navy seals in Pakistan il 1 maggio del 2011) scaricato brutalmente dagli Stati Uniti che non lo vogliono difendere diplomaticamente dalle autorità pakistane che lo trattano da traditore della patria dopo essere stato usato dagli Usa per la uccisione di Bin Laden, abbiamo un quadro che non dovrebbe affatto rassicurare Obama per la propria rielezione. Che invece probabilmente sarà assicurata lo stesso, ma solo grazie all'inconsistenza del suo competitor Mitt Romney. 

Ma la stampa  e la tv americana, tranne rarissime eccezioni, fanno finta che le cose non stiano così. E stanno dando un endorsement tale alla campagna di Obama e alle sue verità di repertorio (un bel po' addomesticate) che quasi quasi viene voglia di riabilitare il giornalismo italiano, tradizionalmente servile al potente di turno. Di destra o di sinistra che sia.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:25