![Ecco la commedia anglo-italiana](/media/1380177/011_int.jpg)
Il pubblico italiano è abituato ai prodotti non autoctoni,
specialmente a quei format televisivi in salsa tricolore che negli
ultimi 10-15 anni hanno contribuito ad una virata del gusto
nazionale. Se è vero che i critici non smettono di dannarsi per
l'invasione del formato reality che ha invaso gli italici
palinsesti, è anche vero che questo sta subendo un certo declino.
Resiste e prospera "Ballando con le Stelle", anche questo basato su
"Strictly Come Dancing" della britannica BBC, probabilmente perché,
in modo delicato e intelligente, si avvicina alla sensibilità da
varietà ancora cara al pubblico italiano.
Per il cinema il discorso cambia, e in particolare per ciò che
riguarda la commedia. Ed è naturale che sia così perché la commedia
è il genere che più di ogni altro rispecchia l'anima di un popolo,
la cultura nazionalpopolare, i luoghi comuni e le idiosincrasie.
Gli italiani sono affezionati alla commedia di casa loro, sebbene
questo sia un momento in cui il famigerato cinepanettone sta
attraversando un'evidente crisi e di commedie ben riuscite ce ne
siano poche. Ciò nonostante, per la commedia, e almeno al cinema,
gli italiani si affidano agli italiani, non c'è storia. Per questo
sorprende che "È nata una star?", la nuova commedia di Lucio
Pellegrini, sia basata invece su un racconto dell'inglesissimo Nick
Hornby (Not a Star).
Hornby è uno scrittore, commediografo e saggista contemporaneo
assolutamente inglese. I suoi lavori sono inzuppati di "inglesità",
il suo umorismo è inglese, i suoi riferimenti culturali pure. Se
proprio gli italiani avessero voluto impossessarsi di qualcosa di
suo, avrebbero dovuto litigarsi "Febbre a 90°"
(<+corsivo>Fever Pitch<+tondo>), perché la malattia del
calcio è una patologia comune sia agli italiani sia ai cittadini
d'oltremanica. Ma a trasportarlo sul grande schermo ci pensarono
dapprima gli inglesi e poi gli americani. Ancora più sorprendente
la scelta del regista di portare al cinema proprio un racconto che
tratta il tema decisamente particolare della pornografia.
La trama è molto semplice: due genitori (Luciana Littizzetto e
Rocco Papaleo) scoprono che il figlio diciottenne (Pietro
Castellitto) ha una doppia vita da pornostar. Ciò che tiene in
piedi la narrazione sono gli sconvolgimenti e le reazioni
all'insolita scoperta, gli equilibri che saltano e le convinzioni
che cambiano. Se avere un figlio pornostar può essere un fatto
imbarazzante per una famiglia inglese, figuriamoci per una famiglia
italiana. Poco importa se siamo nel 2012, un pornoattore in
famiglia è ancora una cosa da evitare a tutti i costi.
Il tentativo di Pellegrini ha il merito e il coraggio di aver
tentato un'incursione nel panorama della commedia inglese e anche
di aver scelto un tema piccante e insolito, che già lo scorso anno
fece la fortuna di "Nessuno mi può giudicare". Ci sono almeno un
paio di motivi per cui, in questo momento particolare, il film
potrebbe rivelarsi un piccolo e forse inaspettato successo. Per
prima cosa, il racconto di Hornby su cui è basato è quasi un
canovaccio, semplice e senza troppi riferimenti culturali: ha
lasciato spazio per rendere la commedia il più italiana possibile.
Secondo, è stuzzicante e curiosa la storia del giovane senza
qualità, senza doti (almeno non evidenti…) e senza prospettive per
il futuro, che in un momento di crisi del lavoro trova una via
d'uscita singolare ma decisamente efficace. Alla fine il successo,
come sempre, lo decreta il botteghino. "È nata una star?" è al
secondo posto per incassi. Ma gli spettatori escono dalle sale più
perplessi che soddisfatti.
Le critiche dure non si sono fatte attendere. C'è chi sostiene che
il regista avrebbe potuto osare di più, essere più scorretto, più
frizzante e meno educato. C'è chi afferma che dopo l'inizio
scoppiettante il film si appiattisce e rallenta. Alcuni hanno
obbiettato che si ride troppo poco, che è troppo politically
correct, molto più del racconto originale e forse eccessivamente.
Può darsi. Ma forse chi ha questo tipo di obiezioni da fare non ha
letto con attenzione il racconto di Hornby, o magari non l'ha
capito. Il linguaggio dello scrittore inglese è schietto ma ben
limato, gli imbarazzi ovviamente ci sono (devono esserci, visto il
tema) ma sono ridotti al massimo dell'eleganza possibile, al
sorriso malizioso. Nessuna esagerazione, nessuna volgarità.
Un paio di risate spontanee escono inarrestabili giusto (guarda
caso!) alle prime battute del racconto. Poi questo diventa qualcosa
di diverso, prende un'altra piega, più introspettiva, meno
frizzante rispetto all'inizio roboante che sembra dover prendere il
volo. Lo straordinario rientra lentamente nell'ordinario, tutto
nello spazio di poco più di una giornata. Perché il racconto non è
affatto la comica storia di un ragazzo normale che ha una doppia
vita da pornostar. È innanzitutto la storia di una donna, moglie e
madre che, in seguito alla scioccante scoperta, si riconcilia
inaspettatamente con il suo passato e il suo presente. È la storia
di una famiglia che recupera un rapporto di confidenza e di qualità
tra i suoi membri (nessun doppio senso voluto!).
Infine è una storia che narra di quanto i genitori siano disposti
ad accettare dei propri figli e per i propri figli, di come
riescano ad adattarsi ai loro desideri, alle loro inclinazioni, con
l'unico fine di fare la loro felicità. È una storia su come la
maggior parte delle cose che capitano nella vita, e che fanno
saltare gli equilibri della famiglie a volte in modo irrimediabile,
possano essere facilmente superate semplicemente prendendole per il
verso giusto. A pensarci bene, il racconto dello scrittore inglese
è una storia d'amore. Amore per la famiglia ma soprattutto
infinito, sconfinato amore per i figli. Forse è proprio questo il
punto che il film ha clamorosamente mancato, ha messo da parte
troppo velocemente, aggiungendo qua e là episodi irrilevanti che
annacquano il senso del racconto, nell'affannoso tentativo di
rispondere al gusto di un pubblico più facile di quello che Hornby
avrebbe previsto.
Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:33