Le bottiglie. Uno dei suoi temi preferiti. Nature morte mai seriali. Assemblate con ordine formale e simmetrico. Armonia e proporzione. Arte speciale quella di Giorgio Morandi. Arte italiana: mai banale, refrattaria alle mode, alle soluzioni semplicistiche. Le sue nature morte ripetute con rigore minimalista in una continua investigazione. Gli oggetti domestici riproposti con minime varianti, testimoni di un percorso affrontato sulla capacità metafisica della pittura di esplorare la natura.

È classico, Morandi, ideale erede di Piero della Francesca nel perseguire ordine, silenzio, armonia dei volumi. Ma anche moderno, di un modernismo che crea ispirazione, ritmo, movimento dentro ad una apparente staticità. La mostra che il Museo d'Arte di Lugano gli dedica (1890 -1964), cento opere arricchite da testimonianze e filmati (una sezione presenta i film degli anni '50 dove compaiono tele dell'artista) si distingue per coerenza e capacità di rispettare un maestro "scoperto" tardivamente eppure esemplare nella sua unicità.

Partendo dal suo "Autoritratto" realizzato nel 1924, la mostra sviluppa i temi cari all'artista: il paesaggio, i fiori soggetto che Morandi esaltò nella produzione degli anni '50, le nature morte, gli scenari di Grinzana sull'Appennino tosco-emiliano, suo rifugio durante gli anni della guerra, poi sistematico luogo di villeggiatura e del quale pensava fosse "il più bel paesaggio del mondo". Morandi era uno che viaggiava pochissimo. Il suo mondo era racchiuso in una stanza. Con rare eccezioni. Lugano, appunto, una di queste. Tanto che la rassegna in riva al Lago rappresenta quasi un omaggio per quella visita forse insperata.

Accostarsi a Morandi significa esaltare il silenzio. Nulla in Morandi è fatto di getto. Il suo furore, benché presente, espresso quasi con pudore. Una poetica della metafisica esente dal truffaldino ordine prospettico di Giorgio De Chirico. Una contemplazione delle cose che esclude la materialità delle medesime. Morandi non "assapora" ma ossessivamente osserva. Le cose diventano "cosa" immateriale.

Non più sostanza ma idea. Una febbre esecutiva che avvicina - per certi aspetti - Morandi ad artisti da lui lontani come Bacon o Giacometti. Un artista d'avanguardia la cui esperienza trovava la sua ragione d'essere nella sperimentazione. Uno scienziato, un ricercatore dell'arte. Una mostra quella di Lugano che non costituisce un effimero piacere, ma un impegno a pensare. Un impegno che costringerà il visitatore a trasferire fuori dal Museo dubbi e riflessioni. 

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:35