Testimonianze: il Paese reale

In Italia purtroppo alle elezioni gli elettori non sono gl’Italiani, sono i partiti e le coalizioni, che dappertutto mettono le mani. Anche se una stragrande maggioranza degli elettori scelgono un partito, che toglie a tutti gli altri la speranza, e che sembra pertanto il più gradito, gli altri partiti, pur se ciascuno ha solo quattro gatti, uniti insieme, fanno opposizione e formano il governo quatti quatti. Salvo poi a litigare fra di loro per il premier, per questo e per quest’altro: un lavoro nel quale vince sempre chi è più scaltro. Francesco Crispi più volte in Parlamento disse: “In Italia è impossibile formare un qualsiasi Governo per le risse dei partiti che stanno sempre a litigare fra loro, in barba alla coscienza dell’unità che dovrebbero avere”.

In settant’anni (per non dire prima) ogni Governo ha governato in media una stagione: appena cambia il clima, cambia il Governo. Come si rimedia? Vogliono eliminare il precariato quando il primo precario è proprio lui, il Governo italiano. Ma d’altra parte quale cambiamento si può fare quando il Governo stesso ogni momento, volubile com’è, cambia opinione? Se per ogni progetto ed ogni legge che si propone, nel Governo stesso non c’è concordia e ogni cosa si regge sulla precarietà, dov’è il progresso?

Già nel Trecento Dante definiva l’Italia una “nave senza nocchiere in gran tempesta”, e fra di loro si facevan guerra gli abitanti di una stessa città (“quelli che un muro ed una fossa serra”). E per questo invocava uno straniero che venisse a sistemare “il bel Paese là dove il sì suona”. E dopo lui altri fecero lo stesso: Machiavelli nel Principe scriveva: “L’Italia aspetta qual possa esser quello che sani le sue ferite e la guarisca di quelle sue piaghe già per lungo tempo infistolite”. E Guicciardini: “Tre cose desidero vedere innanzi alla mia morte, ma dubito, ancora che io vivessi molto, non ne vedere alcuna; uno vivere di repubblica bene ordinato, liberata l’Italia dai barbari stranieri e dal dominio di questi scellerati preti”. Saltando il Seicento, il secolo della meraviglia, arriviamo al Settecento, in cui Vittorio Alfieri, per sottrarsi alle lotte e alle beghe degl’Italiani, girava per il mondo, fuori dal “Bel Paese”.

Nell’Ottocento Giosuè Carducci scriveva: “Non è propriamente e specialmente la politica il maggior bisogno dell’Italia, anzi l’Italia riconosce gran parte de’ suoi mali da questo prevalere della politica su ogni altra cosa, da questo escludere, che la politica ha fatto, tutte le altre questioni e interessi, da questo assorbire il miglior succhio della vita paesana. Il credito italiano si trascina in una faticosa Via Crucis, dove troppo frequenti sono, e troppo insigni, le stazioni degli inciampi e delle cadute.

E qui la colpa è soprattutto della Sinistra, la quale attrasse a sé quanto poté dell’elemento plebeo, ma poi dimenticò la plebe, anzi, fece peggio: blandì, e in parte guastò, con lodi e promesse pericolose la plebe delle città, per trascinarla nelle lotte politiche: ma del reale malessere delle plebi non si curò mai; con la indifferenza o la incredulità alla questione sociale lasciò aggrupparsi e ingrossare il pericolo sociale. La Sinistra italiana e il partito democratico in generale non ha creduto, non ha amato, non ha voluto far mai altro che la politica; e qui sta la sua colpa. Dov’è a Sinistra o fra i democratici chi abbia ricercato e studiato seriamente le condizioni del popolo italiano?

Dove sono gli animosi, intelligenti e severi affrontatori della questione sociale in Italia? Oltre e più del paese legale – checché ne paia a certe superbie e a certe dottrine – esiste il paese reale, che non vuole dimenticati gl’interessi suoi per gl’interessi dei partiti; il paese reale che non può sopportare di vedere ingannate e turbate le sue aspirazioni da combinazioni ibride e immorali; il paese reale che ha il diritto di ricordare ai deputati che nel piccolo Montecitorio non si deve dimenticare e disconoscere l’Italia, la quale al di fuori guarda, attende e giudica”.

Nel Novecento Paolo Orano, dopo aver sostenuto che gli oppositori fin dalla formazione del Governo “spendevano il fiore del loro tempo in manovre di corridoio per rovesciarlo, bocciando qualunque cosa esso pensasse o facesse di buono”, scriveva che “anche al più bravo e onesto presidente del Consiglio non era concesso di provare, con l’assicurata permanenza, che aveva le attitudini per riuscire, sicché i governi duravano lo spazio di una stagione”.

Da parte sua Giovanni Papini osservava che non basta che un Governo emani buone leggi, che abbia la volontà e la capacità di cambiare le cose, quando poi coloro che devono provvedervi materialmente sono pigri o addirittura avversi a quel Governo. “Il parlamentare”, scriveva, “rappresenta il potere, ma i burocrati, col loro esercito sterminato e compatto, impersonano una divinità più possente”. E aggiungeva che il capo del Governo “non è altro che il burattino responsabile di gnomi irresponsabili a cui non manca il modo di piegarlo, sia facendogli commettere qualche grosso errore, sia ritardando o eludendo con cento trappole la sua volontà d’innovazioni”.

Da qualche tempo sino ad oggi in Italia alle elezioni ha votato poco più del 50 per cento. Nel giugno del 2013 gl’Italiani che non hanno votato sono stati il 52 per cento e non si capisce perché la Sinistra abbia cantato vittoria e la Destra sia stata considerata sconfitta. La Sinistra avrà pure vinto ma se più della metà degli Italiani non sono andati a votare è evidente che anche lei ha perso molto consenso, anzi, ne ha perso più della Destra perché gli elettori della Sinistra vanno sempre a votare tutti uniti e compatti, e dunque la stragrande maggioranza di coloro che non hanno votato erano più di Destra che di Sinistra. Che valore ha quindi un simile risultato? Può la Sinistra cantare vittoria solo perché, sulla carta, ha raccolto un consenso maggiore fra meno della metà degli Italiani? Il voto ha un valore relativo quando non votano tutti o almeno un numero ragguardevole di elettori.

E quando votano la metà come orientarsi? Gli elettori che non hanno partecipato alle votazioni partecipano però della vita del Paese, dunque non possono essere ignorati, vanno comunque messi nel conto. È assurdo poi da tali risultati trarre la conclusione che ha vinto la Sinistra o la Destra. Andate a stanare gli astensionisti e vedrete qual è fra loro l’ideologia prevalente. Il fatto è che la Sinistra, nei momenti del bisogno, fa quadrato, la Destra no, la Sinistra prende sempre tutte le iniziative, si fa sentire, si fa vedere, mobilita la piazza, organizza convegni, ha uno spazio esorbitante in televisione. La Destra sta a guardare, perché non è un movimento di lotta. Però è maggioritaria. La Destra ha sempre accettato il confronto con ogni ideologia, è tollerante, nessun suo esponente ha mai detto a quelli della Sinistra: “Ma voi che cosa siete?”, “Io con voi non ci parlo”, “Voi siete impresentabili”, o addirittura “Non avete niente di umano”.

Quella italiana è una politica fatta di trame, di vendette, di rivalse, oltre che di insulti e di parole al vento. Siamo irrecuperabili. Quello che manca agli Italiani è un uomo forte e deciso (magari un drago vero, di fatto, non di nome), una guida che sappia entusiasmare, accendere negli animi l’amore, non l’odio, per la patria, per la famiglia, per le cose nobili e alte, che riesca veramente a rappresentare tutti e in cui ciascuno possa identificarsi. E anche un capo dello Stato che non parli agli Italiani seduto su una sedia nel suo palazzo, ma che, almeno ogni tanto, si affacci al suo balcone o scenda sulla piazza, fra la gente. Destra, Sinistra e Centro, Italia addio! L’ultimo libro di Giampaolo Pansa è intitolato L’Italia non c’è più.

Il primo cambiamento che ci vuole è quello del linguaggio, ostile, ottuso, provocatore. Se non si cambia questo abbiamo chiuso. In questa Italia divisa e faziosa non c’è degli avversari alcun rispetto: si parla e sparla, ahimè, con una prosa enfatica, con odio e con dispetto. Ma la Sinistra è la più presuntuosa, e questo è sempre stato il suo difetto fondamentale. È cieca, rancorosa da quando è nata: ti prende di petto, ti aggredisce se sei di Destra, come fece nel primo dopoguerra, quando insultava, aggrediva ed uccideva i reduci e voleva consegnare il bel paese alla Russia, e nei cortei, col pugno chiuso in alto, gridava: “Farèm come la Russia!”, “Come Lenìn faremo!”.

E i cittadini che non salutavano i cortei, alzando pure loro il pugno chiuso, li prendevano a randellate. Il manganello dei fascisti e tutto il resto fu la conseguenza dei fattacci loro: una reazione, una difesa alle loro aggressioni, agli incendi delle fabbriche e all’uccisione dei loro proprietari. E dopo il crollo del Regime i furbi capovolsero i fatti della storia, facendo il prima il dopo, mutando il vero in falso. E ancora oggi un deputato della Sinistra, ch’è pure un accademico (Andrea Romano), ha detto che “lo scempio di Piazzale Loreto è comprensibile”. È la Sinistra che getta il guanto della sfida, che semina ed orchestra tutte le accuse (con l’aiuto della Giustizia). Speriamo che l’Italia ora si desti. Si ponga fine a questa sceneggiata.

Le “anime belle” della Sinistra (un’espressione attribuita ai poeti romantici, ma applicata da Hegel e da Marx in senso negativo ai denigratori degli avversari politici) hanno sempre avuto la testa dura, convinti di essere nel giusto. Recentemente alcuni, parlando dei Cinque stelle, si sono chiesti: “Ma ce sono o ce fanno?”.

Ebbene, alle elezioni di oggi ha vinto il Paese reale, che è sempre stato ed è la Destra, ma i suoi elettori non vanno tutti uniti e compatti alle elezioni, o perché a molti non interessa la politica, in quanto sono ricchi sfondati o hanno altro da fare, per cui succede che vince la Sinistra, divisa in tante fazioni, che, se pur litigano fra loro, in quanto questo è il loro primo mestiere, alle elezioni non ce n’è uno che non vada a votare.

 

Fratelli d’Italia,

l’Italia s’è desta

con Giorgia Meloni

solleva la testa,

 

e con Berlusconi,

insieme a Salvini,

persino i bambini

le fanno la festa.

 

Stavolta la svolta

non ha quella merda

che videro i foschi

nemici di Silvio,

 

né quelli di Destra

son più “impresentabili”,

o “tutti inumani”,

né sono una “cosa

 

con cui non si deve

nemmeno parlare.

I Prodi, le Bindi,

le stolte Annunziate

 

son acque passate.

L’Italia stavolta

risorge davvero.

Per Giorgia Meloni

 

pensiero ed azione

son tutta una cosa.

Salita al Governo,

con Silvio e Matteo

 

farà dell’Italia

la prima nazione

del mondo europeo.

Purtroppo non tutti

 

noi siamo fratelli:

Caino ed Abele,

fra loro ribelli,

vivacchiano in noi.

 

Nel Milleottocento

Carducci diceva

che quello che conta

è il “paese reale”,

 

nel quale prevale,

da sempre, la Destra.

Ma i suoi elettori

non tutti si recano

 

compatti a votare,

perché la Politica

a molti di loro

non piace, non pare

 

più degna di tanto.

Perciò la Sinistra,

che vota compatta,

fa sempre la matta,

 

non lascia al Governo

di ben governare.

E pure stavolta,

formato il Governo,

 

le prime schermaglie

dell’orda Sinistra

son già cominciate

con queste parole:

 

“C’è un’opposizione

la più rigorosa

del nostro Pidì,

e noi non faremo

regali alla Destra”.

 

“Ci son sul Governo

non pochi, ma molti

interrogativi:

 

vedremo, agiremo

e giudicheremo

sui fatti o i misfatti

dell’infida Destra,

 

che resta pur sempre

un volgo disperso

che nome non ha”.

Peggiore fra tutti

 

il solito Letta:

“Il loro messaggio

conferma le tante

preoccupazioni

 

per tutta l’Europa.

Mi chiedo qual sia

la razio perversa

che c’è dietro queste

 

ignobili nomine

in seno al Governo”.

Ma tu, cara Giorgia,

tranquilla hai risposto:

 

“A tutti gli attacchi

dei nostri avversari

diremo che siamo

saliti al Governo

per risollevare

la nostra nazione.

Mettetevi dunque

con l’animo in pace”.

 

(proseguirà come poemetto,

narrando la storia

di Giorgia Meloni

e dei Fratelli d’Italia).

Aggiornato il 27 ottobre 2022 alle ore 09:19