Cassazione: maltrattamenti in famiglia e presenza del minore

Con la sentenza numero 21024/2022 (Sezione 3 penale, 28 aprile 2022, numero di rivista 18523), depositata il 30 maggio, la Corte di Cassazione respinge il ricorso di uomo che aveva maltrattato la compagna davanti al loro figlio minorenne. Quello che rileva è la eadem ratio degli episodi di maltrattamento realizzati “in presenza” o “in danno” del minore.

La vicenda sottoposta al vaglio da parte del Giudice di legittimità investe il tema dei maltrattamenti in famiglia ai quali abbia assistito il figlio minorenne. Nel caso di specie, la Corte di appello di Roma aveva confermato la decisione emessa dal Gup. del Tribunale di Rieti all’esito del giudizio abbreviato, appellata dall’imputato, con la quale costui era stato condannato alla pena di 6 anni di reclusione in relazione, tra gli altri, al delitto di maltrattamenti in famiglia di cui all’articolo 572 del Codice penale, commi 1 e 2, per aver ripetutamente vessato e maltrattato la compagna in presenza del loro figlio. Questa circostanza ha fornito l’occasione alla S.C. di fare luce sulla configurabilità dell’aggravante dei maltrattamenti in famiglia ai danni del partner, cui abbia assistito il figlio minore.

Il comma 2 dell’articolo 572 del Codice penale, il quale prevede per i maltrattamenti un aumento della pena della reclusione fino alla metà: fra le aggravanti figura anche il fatto commesso alternativamente in presenza o in danno di persona minore, con ciò riproducendo ampliandone la previsione dell’aggravante di cui all’art. 61 comma 1 numero 11 quinquies del Codice penale. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l’aggravante si configura se il minore percepisca il reato, non essendo richiesto che lo stesso sia commesso davanti ai suoi occhi. Ne segue che si escludono dal suo raggio applicativo quei casi nei quali il minore sia fisicamente presente, ma non percepisca il verificarsi della condotta delittuosa.

È un’aggravante a effetto speciale introdotta a seguito della novella operata dalla legge numero 69/2019 (cosiddetto “codice rosso”), la quale, finalizzata a contrastare episodi di violenza domestica, si inserisce nel solco dell’inasprimento del trattamento sanzionatorio in merito ai maltrattamenti di cui al comma 1 dell’art. 572 cod. pen.; in particolare, l’incremento di afflittività della pena al verificarsi delle condotte maltrattanti in presenza o in danno del minore si spiega con la necessità di tutelare a tutto campo la personalità in fieri di questi soggetti, la quale può subire incisive e durature ripercussioni sul duplice versante psico-fisico a causa della percezione della violenza familiare consumata in qualsiasi forma, a prescindere dal fatto che il minorenne assista in modo passivo alla violenza o sia egli stesso vittima della violenza domestica.

È utile richiamare i passaggi motivazionali della Corte: “Il fatto commesso in presenza di un minore, soggetto “debole” per definizione, non è certamente privo di un significato offensivo nei confronti del minore medesimo, la cui integrità psichica, nel breve e/o nel lungo periodo, può essere seriamente compromessa dalla diretta percezione di gravi episodi di violenza commessi in ambito familiare”: la ratio dell’aggravante, infatti, “si correla all’esigenza di elevare la soglia di protezione di soggetti i quali, proprio a cagione dell’incompletezza del loro sviluppo psico-fisico, risultino più sensibili ai riflessi dell’altrui azione aggressiva, specie se commessa da un genitore in danno dell’altro, e possano così rimanerne vulnerati, esito che riflette gli approdi ormai adeguatamente consolidati della scienza psicologica, secondo cui anche bambini molti piccoli sono negativamente influenzati dagli eventi traumatici verificatisi nell’ambiente che li circonda”.

E ancora, “non è affatto irragionevole che il Legislatore abbia considerato, nella medesima disposizione, i fatti di maltrattamento commessi “in presenza” o “in danno” di un minore in quanto sono espressione della medesima ratio: la tutela dell’integrità del minore, nelle sue componenti di integrità psichica in un caso, che può essere compromessa quando il minore è spettatore di episodi di violenza in ambito familiare, e di integrità fisica, quando il minore è egli stesso vittima di violenza”.

È quindi netta la volontà di leggere in chiave estensiva la nuova aggravante, in considerazione della peculiare posizione di vulnerabilità del soggetto minorenne.

(*) Tratto dal Centro studi Rosario Livatino

Aggiornato il 28 luglio 2022 alle ore 17:41