Informazione e menzogne

Un tempo dicevano più o meno così: mai sentite tante menzogne come quelle dette dopo la pesca, la guerra o il sesso.

Vero, ma noi speravamo che l’informazione fatta da professionisti, sempre pronti a rivendicare autonomia dal padrone di turno, ci risparmiasse il supplizio. Invece, no: inviati speciali che, elmetto alla testa, leggono drammatici resoconti mentre, alle loro spalle, le vecchiette trascinano stancamente il carrello della spesa e immagini dell’esodo di un popolo tratte da un film. Immagini false per una guerra vera, nella quale muoiono persone.

L’altro giorno, ho incrociato il post pubblicato su Instagram da una collega accovacciata in posa sconveniente sotto una scrivania (alla quale sedeva un uomo), enfatizzato dalla scritta “Tranquilli, stavo solo raccogliendo la Montblanc”.

Nel primo caso, oltre alla verità, è leso un principio costituzionale (il diritto di ricevere informazioni vere); nel secondo, c’è un’offesa allo stile: non per la posa sconveniente (e mortificante), ma per la specificazione volgare (la Montblanc, in luogo della biro o della gomma), essendo evidente a chiunque che, almeno in certe cose, le distanze sociali sono annullate. Come troppo spesso accade al buon gusto e all’intelligenza.

Aggiornato il 04 marzo 2022 alle ore 17:20