Lockdown sanitario, chiusi il San Giacomo e il collegio Salviati

La pandemia continua a colorare di rosso-arancione-giallo le nostre Regioni, le nostre festività, le nostre vite. Il lockdown viene imposto e rivisto di continuo. Ma c’è anche un altro lockdown, che esiste da più tempo, e che riguarda la chiusura di ospedali in tutta Italia ed il quasi azzeramento del welfare del nostro “Bel Paese”. Ritorno sul caso dell’ospedale San Giacomo e del collegio Salviati, dopo essermene occupata più volte. A tutela di entrambi i beni è da sempre in campo Maria Oliva Salviati, l’ultima discendente del cardinale Anton Maria Salviati, che li ha donati ai cittadini romani. Recentemente, Virginia Raggi è tornata a chiedere la riapertura del nosocomio “per ribadire la necessità di riaprire e riattivare al più presto l’ospedale San Giacomo in modo che possa accogliere pazienti Covid a bassa e media intensità, ma anche svolgere funzioni ambulatoriali”. Come mai il rilancio viene fatto in apertura della campagna elettorale? E soprattutto, finora, come la giunta capitolina ha voluto incidere sulla questione “San Giacomo”? Dal 1339 al 2008 il San Giacomo è stato il polo sanitario di riferimento del Centro storico di Roma. Poi, all’improvviso e in soli due mesi, viene chiuso, subito dopo una ristrutturazione costata ben 12 milioni di euro di soldi pubblici, senza un preventivo piano di gestione del personale e dei malati ospitati dalla struttura sanitaria, senza un organo di controllo o una forza politica che abbia vigilato sull’intera vicenda. Dal 2008 ad oggi l’Ospedale è presidiato dalla vigilanza pagata dalla Regione Lazio, non è stato venduto, non è stato riconvertito, resta “in attesa di essere svenduto”.

Inoltre, il sindaco e la giunta capitolina dovrebbero sapere che il cardinale Salviati aveva donato alla città di Roma sia l’ospedale San Giacomo sia il collegio Salviati, al fine di garantire ai cittadini romani con il primo la tutela della salute, con il secondo l’istruzione dei giovani orfani. Per la realizzazione dell’asilo, nel 2009 l’ente attualmente destinatario della donazione ha vinto un bando pubblico della Regione Lazio per ottenere un finanziamento regionale e, subito dopo, formalizzato un accordo di collaborazione con il Comune di Roma per l’istituendo asilo. Ma anche in questo caso l’opera a favore dei cittadini romani non s’ha da fare e, anzi, la sede dell’ex collegio Salviati è stata oggetto di un accordo tra l’Ente proprietario ed il Senato, con il quale si è concesso a quest’ultimo di avere il possesso del bene gratuitamente dal primo gennaio 2018 fino al 31 maggio 2029. Anche in questo caso l’accordo non è stato oggetto di controllo da parte della Corte dei conti né della Regione Lazio e nessuna forza politica è intervenuta in modo netto, a tutela del bene e dei servizi a cui quel bene era e dovrebbe essere destinato con vincolo stabilito dal donante.

Come mai per la realizzazione dell’asilo a favore dei bambini poveri di Roma, il Sindaco non si è mai attivato? Riassumendo: il San Giacomo ha curato ininterrottamente cittadini romani dal 1339 al 2008 ed ora – in piena emergenza sanitaria – resta chiuso, ma si continuano a sprecare soldi pubblici per la vigilanza di un immobile non più destinato a fini pubblici da oltre 12 anni; il collegio Salviati è occupato a titolo gratuito da senatori ospiti non paganti, proprio in un momento in cui l’emergenza sanitaria è diventata crisi economica e intere famiglie di italiani sono ridotte in povertà.

E tutto tace. I servizi sociali e sanitari, che oggi potrebbero salvare vite umane, vengono chiusi inesorabilmente e nonostante tutto. Dobbiamo cambiare rotta, subito, per tutelare il patrimonio romano e, come in questo caso, per utilizzare quel patrimonio, di tutti noi, per l’erogazione dei servizi a cui abbiamo diritto. In questo caso, anche rispettando la volontà di chi quel patrimonio ce lo ha donato.

Aggiornato il 21 dicembre 2020 alle ore 11:33