Tribunali e assistenti sociali

Quanto accaduto a Reggio Emilia, illustrato dallo strapotere degli assistenti sociali su bambini e famiglie, si sapeva da tempo. Molti appuntano la loro attenzione proprio sulla larghissima discrezionalità che costoro utilizzano nel piombare sulle famiglie; nel valutare in modo a volte del tutto arbitrario le condizioni dei piccoli; nel determinare il loro allontanamento dalle famiglie di origine; nell’interrogare i piccoli in modo del tutto scorretto; nel prescegliere le persone affidatarie; nel fare insomma il bello e il cattivo tempo, insensibili alle vere esigenze dei bambini.

Ora, a parte il fatto che gli assistenti sociali sono a volte, anche se muniti di laurea, persone di modesto livello culturale, c’è da dire che a volte alcuni di loro si sentono investiti dal sacro fuoco della missione.

Nulla è peggio e più pericoloso di questo sentimento. Chi pensa di dover ripulire il mondo dal male - come sacra missione -  storicamente finisce sempre con produrne di peggiori.

Non solo. Pare che alcuni di questi soggetti, di cui ci ha parlato la cronaca di questi ultimi giorni, fossero anche degli alfieri della critica alla famiglia tradizionalmente intesa e quindi fautori della LGBT, vale a dire della ideologia del sesso pret à porter , comunemente conosciuta come ideologia del gender, nel cui ambito ciascuno sceglie il proprio sesso di appartenenza a seconda della preferenza del momento, diversificandolo in circa 27 possibilità diverse.

Ora, se un adulto è libero di fare ciò che gli pare - e di sentirsi ciò che voglia sentirsi - senza ovviamente danneggiare gli altri, non così un bambino di pochi anni.

Questo, per definizione fragile e bisognoso di cure, non ha la libertà per autodeterminarsi in modo autonomo e perciò sarebbe davvero un atto di  inaudita violenza se si provasse che uno sconsiderato assistente sociale abbia - in sostanza - deciso per lui, pensando bene, dopo averlo strappato alla famiglia, di affidarlo ad una coppia gender.

Spero che non sia così, ma se così fosse provato, non basterebbe l’orrore a spiegare il sentimento che ne sarebbe suscitato, perché il piccolo ne verrebbe come ipotecato nel suo sviluppo psicologico ed esistenziale futuro: forse, peggio della violenza fisica.

Ma non basta.

In vicende del genere, grande responsabilità ha il Tribunale dei Minorenni, i cui magistrati lasciano troppo spazio a psicologi ed assistenti sociali. Questi, di fatto, sono messi nella condizione di decidere su tutti e su tutto, anche su aspetti delicatissimi, senza e al di fuori di ogni controllo del Tribunale, il quale soltanto a cose fatte - e non si capisce davvero perché - prenderà atto delle iniziative assunte e consumate dagli assistenti sociali: come chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati!

Non a caso, in Parlamento giacciono diversi progetti di legge per la radicale abolizione del Tribunale dei Minorenni, sui quali pare siano d’accordo tutte le forze politiche, e per la sua sostituzione con una sezione specializzata del Tribunale ordinario.

Si garantirebbe così una necessaria osmosi fra questa sezione e i giudici ordinari, allo scopo di evitare arroccamenti ideologici e soprattutto deleghe in bianco rilasciate agli assistenti sociali, da parte di un Tribunale che - come quello dei Minorenni - tende a vedersi come una cittadella giudiziaria indipendente ed autonoma rispetto ad ogni altra realtà alla quale non si voglia render conto. 

In altri termini, col diminuire del potere del Tribunale, non più “staccato” da quello ordinario, si ridurrà quello degli assistenti sociali.      

Solo per questa via, credo, fatti gravissimi come quelli di Reggio Emilia, potranno in futuro essere scongiurati.        

Aggiornato il 04 luglio 2019 alle ore 13:57