Non sottovalutiamo l’importanza dei fondi comunitari

La ministra per il Sud e la coesione territoriale, Mara Carfagna, pochi giorni fa ha scritto alle Regioni una lettera in cui, tra l’altro, veniva precisato “la persistente impossibilità di avere dati completi e coerenti rischia di rappresentare un serio ostacolo alla notifica in tempi rapidi della proposta italiana; pertanto, si invita a fornire le informazioni in tempi rapidissimi per scongiurare ogni rischio di definanziamento dei fondi strutturali assegnati al nostro Paese”. Questa lettera sollecitava la fornitura di dati essenziali per l’Accordo di partenariato che farà partire per l’Italia i fondi strutturali europei 2021-2027 (un programma di circa 83 miliardi di euro).

Finché ero io che denunciavo queste preoccupanti inadempienze, finché era il direttore di un quotidiano come Roberto Napoletano, finché erano puri attacchi mediatici a questo o a quel presidente di una Regione, potevamo essere parzialmente preoccupati; molti infatti, di fronte a queste denunce, si erano convinti che in fondo “si trattava di semplici attacchi di schieramento, trattavasi di “terrorismo mediatico”, poi tutto rientrerà nella normalità”. Questa volta però la denuncia viene da un membro del Governo.

C’è da dire che con una sistematicità a volte eccessiva da almeno un anno ho ricordato la completa sottovalutazione del Programma relativo ai fondi strutturali 2021-2027, abbiamo cioè sottovalutato un volano di risorse rilevante, circa 83 miliardi di cui circa l’85 per cento destinato al Mezzogiorno; cioè abbiamo sottovalutato l’utilizzo di una disponibilità per il solo Mezzogiorno di oltre 71 miliardi di euro. Se entriamo nel merito di questo assurdo e inconcepibile ritardo scopriamo che mancano, come ribadito in un’apposita nota su Il Sole 24 Ore di pochi giorni fa, le tabelle finanziarie che definiscono la distribuzione delle risorse tra i programmi e, soprattutto, tra i diversi assi prioritari fissati dalla Commissione europea per la programmazione 2021-2027.

Mancano le informazioni, di quasi tutte le Regioni in relazione al Fondo sociale europeo (Fse); va meglio, sempre in termine di documentazione, solo il Fondo di sviluppo regionale (Fesr); tuttavia anche in questo caso i dati sono del tutto incompleti. Appare evidente che, finché le Regioni non hanno completato in modo organico le scelte programmatiche e non hanno deciso l’allocazione delle risorse per ciascuna area prioritaria, il Dipartimento per la Politica di coesione non è in grado di completare l’Accordo che Bruxelles deve approvare. Si apprende informalmente che, in un’ultima riunione tra l’Esecutivo italiano e la Commissione europea, il nostro Governo si è impegnato a consegnare il testo definitivo entro metà novembre in modo che possa essere approvato definitivamente entro l’anno. Solo per una corretta informazione ricordo che dopo tale approvazione le Regioni ed i Ministeri titolari di programmi nazionali dovranno scrivere i rispettivi Programmi operativi nazionali e regionali (Pon e Por).

Speriamo che la Commissione europea sia in grado di approvare tali programmi entro marzo-aprile 2022 (in realtà nel migliore dei casi l’approvazione avverrà entro la fine del mese di giugno-luglio 2022) in modo da far partire la fase operativa e il relativo impegno delle risorse relative ai primi due anni 2021 e 2022. Voglio aggiungere un dato: solo la Regione Lombardia e la Regione Emilia-Romagna sono a buon punto nella predisposizione della documentazione.

Quindi, la lettera della ministra Carfagna denuncia, ancora una volta, la preoccupante atarassia degli Enti locali e di alcuni Dicasteri nel rispettare non solo i tempi previsti dalla Unione europea ma, cosa ancor più grave, nel sottovalutare il rischio della perdita secca di rilevanti risorse. Come più volte ribadito noi usciamo da una esperienza che vorremmo non aver mai vissuto: del Programma 2014-2020 del Fondo di coesione e sviluppo, pari a circa 54 miliardi di euro, in sei anni abbiamo impegnato solo 24 miliardi e speso solo 3,8 miliardi (tre miliardi e ottocento milioni). E ora dobbiamo spendere entro il 31 dicembre 2023, sempre di tale Programma, un importo pari a 30 miliardi di euro.

Ebbene, dopo questa esperienza ci presentiamo nelle sedi comunitarie con un comportamento davvero inqualificabile, in quanto abbiamo già perso dell’intero arco temporale che caratterizza il Programma dei fondi strutturali (2021-2027) due anni e, cosa ancor più preoccupante, rischiamo di:

- perdere del tutto la nostra credibilità a scala comunitaria;

- perdere rilevanti risorse spettanti al nostro Paese ed in particolare al Mezzogiorno;

- assistere al trasferimento di ingenti risorse dal nostro Paese ad altri Paesi della Unione Europea.

Ora questa mia denuncia e, soprattutto, il richiamo formale della ministra Carfagna cadono in un momento delicatissimo per il Paese; un momento in cui dobbiamo dimostrare di essere in grado di “spendere”, di “realizzare” in cinque anni (2022, 2023, 2024, 2025 e 2026) interventi per un valore di circa 240 miliardi di euro. E allora non possiamo, come fatto finora, affrontare il Recovery Plan e i Fondi strutturali comunitari in modo distinto; sono due linee strategiche che impongono una forte e costante responsabilità nella interazione e nella integrazione delle azioni da parte dell’organo centrale e locale, perché ogni atteggiamento irresponsabile, ogni lentezza procedurale, ogni sovrapposizione tra le due aree programmatiche, ogni furbizia procedurale si configura, a tutti gli effetti, come danno all’erario.

Per ora faccio presente un solo allarme legato proprio alla evidente e misurabile finora capacità della spesa: delle risorse del Recovery Fund per il comparto delle infrastrutture pari a circa 74 miliardi di euro finora ci sono solo Stati di avanzamento lavori (Sal), per opere avviate cinque anni fa, per un importo di 2,4 miliardi di euro, mentre per il Fondo sviluppo e coesione, quelli non spesi e non impegnati del Programma 2014-2020 pari, come detto prima, a 30 miliardi di euro, non risultano, allo stato attuale, pagamenti e per il Programma 2021-2027, come ampiamente precisato prima, siamo lontani da possibili attivazioni concrete della spesa.

Ha fatto bene la ministra Carfagna a denunciare questo preoccupante stato dell’avanzamento dei Programmi comunitari, perché ha posto giustamente chiarezza sulle responsabilità istituzionali e in particolare ha evitato la nostra tipica abitudine di far rimbalzare inutilmente le reciproche responsabilità.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 04 novembre 2021 alle ore 10:56