Patto di stabilità e una proposta di 10 anni fa

Ho aspettato un paio di giorni prima di scrivere queste mie note perché ero convinto che, subito dopo l’accordo avvenuto a livello comunitario sul Patto di stabilità, l’ex ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi e l’ex ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan avrebbero, con distinte precisazioni o con un comunicato comune, ricordato, cosa su tale tema, avevano portato avanti congiuntamente in occasione del semestre di Presidenza italiana della Unione europea nel secondo semestre del 2014 (leggi qui).

Era interessante la relazione che motivava ampiamente una simile richiesta e, nella riunione dei ministri delle Infrastrutture e dei Trasporti della Unione europea svoltasi a Milano nel mese di settembre del 2014, la proposta fu votata alla unanimità. Come dicevo prima è interessante leggere la serie di motivazioni che la supportavano; tento, in modo sintetico di riportarle di seguito:

le Reti Ten-T (Trans european network) erano state definite dopo un lavoro analitico e capillare sia nella edizione del 2005, sia in quella del 2013. Pertanto, la scelta delle singole infrastrutture era stata fatta solo dopo una dettagliata analisi dei reali fruitori dell’opera ed in particolare della stretta utilizzazione di tutti i Paesi della Unione europea o, quanto meno, di una parte rilevante;

la quantificazione delle proposte programmatiche e della validità delle stesse era stata seguita ed avallata dalla Bei;

per i grandi investimenti come l’asse ferroviario Torino-Lione e il Brennero pur in presenza di una quota rilevante della Unione europea (per l’asse Torino-Lione con una copertura comunitaria del 40 per cento e per il Brennero del 50 per cento) la rimanente quota veniva assicurata dai singoli Paesi frontalieri; una simile scelta sembrava quanto meno anomala in quanto l’attraversamento di tali valichi era effettuato, per oltre il 60 per cento, da Paesi diversi da quelli frontalieri;

l’Italia aveva dal 2002 (anno di avvio organico della definizione delle Reti Ten-T grazie al commissario Karel Van Miert) al 2014 erogato risorse per opere ubicate sulle Reti Ten-T pari a 186 miliardi di euro;

l’Italia aveva cofinanziato programmi europei (Fsc, Fse) sempre dal 2002 al 2014 per un valore globale di circa 84 miliardi di euro.

Quindi, seguendo una simile logica il nostro Paese avrebbe dovuto togliere dal calcolo della spesa pubblica una somma pari a circa 270 miliardi di euro. Questa proposta, ripeto, fu condivisa alla unanimità da parte di tutti i ministri delle Infrastrutture e dei Trasporti della Unione europea e l’allora ministro Lupi, con una ampia documentazione (verbali di approvazione, stima delle varie opere ritenute valide) trasmise la proposta all’ex ministro Padoan, il quale nel mese di ottobre la propose in sede Ecofin. In quella sede, dopo un ampio ed approfondito dibattito, Ecofin (Consiglio Economia e Finanza della Ue) considerò la proposta ampiamente motivata tuttavia ancora rimaneva valida la preoccupazione, già in passato assunta dalla stessa Ecofin, di una possibile stima delle opere sostenute dai singoli Paesi non strettamente legata alle opere delle Reti Ten-T o a quelle dei cosiddetti Programmi comunitari.

Tuttavia Ecofin, sempre nel 2014 non bocciò la proposta ma prospettò la opportunità di supportare, in modo più analitico e più dettagliato, le risorse erogate per cofinanziamenti dei Programmi europei e per quelli delle Reti Ten-t. Purtroppo dal 2015 alla fine del 2022, cioè praticamente quasi in sette anni, i Governi che si sono succeduti non hanno mai approfondito quanto detto da Ecofin. Addirittura, durante i Governi Conte1, Conte 2 e Draghi si è dato per scontato che la proposta avanzata nel 2014 era solo utopica e che mai sarebbe stata condivisa dall’Ecofin e dal Parlamento europeo.

Ebbene, oggi abbiamo ottenuto, ripeto dopo praticamente dieci anni, che la “la quota nazionale di cofinanziamento di programmi europei sia esclusa dal calcolo della spesa pubblica”. Cioè la proposta Lupi-Padoan è stata accettata parzialmente ma ora sarà più facile vincere questa battaglia perché sicuramente sarà solo un problema di tempo, ma sarebbe inconcepibile non considerare cofinanziamenti quelli effettuati per opere ubicate sulle Reti Ten-T in quanto esiste uno specifico fondo comunitario che garantisce parzialmente la realizzazione delle opere ubicate sulle Reti Ten-T.

In proposito, ritengo davvero interessante e utile la dichiarazione del commissario Gentiloni che riporto di seguito: “Sebbene i testi concordati siano diversi e più complessi rispetto alla nostra proposta iniziale, ne conservano gli elementi fondamentali ed è una buona notizia per l’economia europea e chiude un lungo percorso per ridisegnare le regole di bilancio ed in particolare rafforza il ruolo degli investimenti pubblici, soprattutto evitando che il cofinanziamento dei programmi europei gravi sulla spesa pubblica”.

Ora, però, sollevo un’altra tematica: 56 miliardi di cofinanziamento del Fondi comunitari non graveranno più sulla spesa pubblica (nella identificazione della quota relativa al cofinanziamento faccio riferimento sia al Fondo di sviluppo e coesione 2021-2027, sia ai Fondi strutturali europei; il quadro globale delle risorse assegnate in tal modo ammonta complessivamente a 143.128,7 milioni di euro per il settennio e di tale importo 102.833, 1 milione di euro vanno al Mezzogiorno; di questi 102 miliardi di euro lo Stato dovrebbe assicurare una copertura di circa 56 miliardi di euro). Ebbene, la nuova decisione dell’Ue, forse, dovrebbe dare vita a una rivisitazione dei Programmi ordinari dello Stato per il Sud. Lo so, è senza dubbio difficile questo approccio e, in particolare, tutto questo potrebbe generare un difficile confronto tra le otto Regioni del Sud e le altre del centro-nord. In realtà, l’intervento dello Stato nel Mezzogiorno – non gravando più sulla spesa pubblica – apre le porte a una sostanziale rivisitazione delle strategie pianificatorie dei prossimi sette anni nel Sud.

Detto ciò, la battaglia portata avanti nel 2014 da due ministri della Repubblica diventa, anche se solo parzialmente, operativa solo oggi e sicuramente, sulla base di quanto da me precisato prima, ora sarà più facile allargare la clausola varata oggi anche alle opere ubicate sulle Reti Ten-T. A tale proposito, sarebbe opportuno esaminare i vari programmi cofinanziati dal nostro Paese nel prossimo triennio, cioè fino al 2027, e scopriremmo che la quota italiana si attesta globalmente (inserendo anche le opere ubicate sulle Reti Ten-T) su un valore di circa 105 miliardi di euro di cui circa 46 miliardi di euro nel Mezzogiorno. Questi dati, sicuramente, diventeranno una base di riferimento sia del redigendo Def, sia del confronto che si svolgerà a Napoli in primavera al Festival Euromediterraneo; infatti, il contenimento del nostro debito pubblico potrebbe essere considerato utilissimo per rivisitare alcune finalità strategiche dell’intero Programma Mezzogiorno.

Nasce spontaneo, alla fine, un interrogativo: perché la battaglia di Lupi e Padoan non è stata portata avanti dai Governi Conte 1, Conte 2 e Draghi? Io lancio una possibile risposta: perché avevano paura che la Unione europea chiedesse loro i motivi degli sprechi prodotti con provvedimenti come il Reddito di cittadinanza.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 21 marzo 2024 alle ore 09:36