Tutti i nodi al pettine

Mentre in Europa vengono al pettine tutti i nodi di un consesso tutt’altro che efficiente e solidale, perché sui vaccini si è verificato il peggio della incapacità contrattuale e programmatica. Tanto è vero che molti Paesi vanno per conto loro: in Italia, almeno fino ad ora, è ancora peggio. Solo a pensare che un mastodonte economico produttivo come la Unione europea, un padre-padrone di 27 Stati membri, si faccia intortare dai produttori di vaccino quando è dallo scoppio della pandemia che si programma, è la testimonianza che di cose da cambiare, in Europa, ce ne siano. Eccome.

Del resto, sarà mica un caso che nel mondo sui piani vaccinali corrano tutti tranne che la Ue, incredibile ma vero. E dunque che ogni Paese, Italia compresa, cerchi di correre ai ripari individualmente – oltre che scontato – è indispensabile, visto che il virus non aspetta i comodi di nessuno. Come se non bastasse, da noi assieme al problema della produzione e della disponibilità delle dosi, c’è anche quello dell’organizzazione e della velocità d’esecuzione, perché i giallorossi – ai quali ci hanno obbligato impedendoci di votare – ne hanno combinate di cotte e crude.

La rimozione dal vertice della struttura anti-Covid di uno dei peggiori manager che si ricordi, ne rappresenta la testimonianza plastica. Pensare alle primule e ai fiori, neanche fosse la scenografia di Sanremo, che pure in questo momento ci sembra un eccesso, è stato veramente uno scivolone. Sia chiaro, nulla contro il Festival musicale, ma non possiamo fare a meno di pensare che per Natale l’ex ministro Francesco Boccia – assieme al collega Roberto Speranza – chiuse e impacchettò il Paese dal Nord al Sud, perché col virus e con i morti non era certo il caso di pensare a feste, cenoni, veglioni, balli e suoni. Ebbene, cosa è cambiato rispetto a due mesi fa?

Verrebbe da dire si predica bene e si razzola male. Infatti, almeno per noi, pensare al Festival mentre l’Italia soffoca in una crisi drammatica sanitaria, economica e sociale, francamente viene male. Come viene male a sentire le dichiarazioni del tipo “si fa per il Paese” quando forse e, sotto-sotto, si fa per il compenso. Insomma, in certi casi il buon gusto o più misura sarebbero d’obbligo. Del resto, allo stesso ex premier Giuseppe Conte abbiamo rimproverato l’eloquenza a go-go e talvolta inopportuna, nelle infinite dirette tv. Tanto è vero che lo stile di Mario Draghi – del maggior silenzio – si è subito apprezzato.

Sia come sia, e al netto dei commenti esclusivamente generali, la situazione dell’Italia alle prese col virus va sempre male. Ritardi, confusioni, contrapposizioni fra regioni, aumento dei contagi e via dicendo, in attesa che il cambio alla guida del piano anti-Covid inizi a fare effetto e a velocizzare tutto. A questo proposito, cioè del piano vaccinale, non si capisce – e ci torniamo perché per noi è molto importante – il motivo per cui si intenda vaccinare anche i guariti, senza sottoporli ad un esame anticorpale preventivo. Ebbene, da quel che ci risulta, avendo chiesto a tanti esperti, fare il vaccino a chi avesse un numero elevato di anticorpi da proteina spike”, potrebbe essere addirittura rischioso e controproducente, perché avere una risposta anticorpale eccessiva è un elemento pericoloso quanto il contrario.

Ecco perché chiediamo ancora che ci sia chiarezza sul vaccino circa i guariti, si eviterebbe il rischio da risposta immunitaria e si risparmierebbe una enormità di tempi e costi. Mica poco, vista l’emergenza: basterebbe fare un test prima di sottoporli al vaccino, perché non è detto che gli anticorpi sviluppati con la malattia non resistano nel tempo, evitando la necessità del vaccino. Ancora di più visto che si parla di pass-Covid, forse anticostituzionale per l’articolo 32. Obbligare al vaccino, chi dai test non ne avrebbe bisogno per la quantità di anticorpi Covid posseduti, sarebbe un affronto all’habeas corpus. E chi avesse gli anticorpi da guarigione, dovrebbe essere certificato come tutti, perché il vaccino nulla produce se non anticorpi in quantità.

Ecco perché diciamo che i nodi arrivano al pettine: quelli del piano emergenziale, dei colori regionali, delle misure di contrasto, dei vaccini disponibili, dei progetti sul Recovery. Vengono al pettine le mancanze gravi del Governo giallorosso, al quale ci hanno obbligati pur di non farci votare, perché? Per quale motivo non si è chiamato Draghi prima, oppure perché non si è lasciato che il Paese andasse alle urne? A proposito di urne, lo slittamento ad ottobre del voto locale è un ulteriore fatto grave. Per due ragioni: la prima è che ovunque si vota col Covid e non si capisce perché da noi sia diverso. La seconda perché si offre agli amministratori in carica un vantaggio rispetto agli sfidanti, quattro mesi in più per governare è un privilegio da poter cambiare l’esito finale, perché?

Se si volesse la imparzialità, bisognerebbe commissariare le giunte comunali e regionali per quattro mesi con membri esterni ai partiti per condurle al voto. Solo così ci sarebbe davvero l’equilibrio democratico, per rimandare la tornata elettorale. A buon intenditor, poche parole.

Aggiornato il 04 marzo 2021 alle ore 14:08